Energia ed elezioni: intervista a Eleonora Evi, Europa Verde/Sinistra Italiana

Tassazione al 100% degli extraprofitti e politiche per abbandonare le fossili al più presto, tra le proposte dell'europarlamentare verde ora candidata alla Camera. Sesta delle nostre interviste per le Politiche 2022.

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Continuiamo il nostro giro di colloqui con candidati alle Politiche che, dentro o fuori dal Parlamento, si sono mostrati più attivi sui temi dell’energia.

In fondo all’articolo tutte le altre interviste di QualEnergia.it.


Oggi risponde alle nostre domande Eleonora Evi, candidata alla Camera per Europa Verde e Sinistra Italiana.

Evi è membro del Gruppo dei Verdi/ALE al Parlamento europeo, europarlamentare dal 2014 e dal 2021 Co-Portavoce nazionale di Europa Verde insieme ad Angelo Bonelli. Fa parte della Commissione Ambiente ed membro sostituto della Commissione Industria, Energia e Ricerca del’Europarlamento.

1. Onorevole Evi, quali interventi immediati sosterrebbe per affrontare l’emergenza dei costi dell’energia che sta colpendo il sistema produttivo?

«Purtroppo, per quanto io non ami chi dice ‘ve l’avevamo detto’, da politica e da ambientalista convinta non posso esimermi dal criticare aspramente tutti quei partiti e quei politici che per anni si sono opposti, e continuano ad opporsi, alle istanze ecologiste e alla lotta contro la crisi climatica. E questo perché, se avessero dato ascolto alle richieste, non solo nostre, ma di tutte le migliaia di giovani, attivisti e scienziati che ormai da anni scendono in piazza a chiedere un piano urgente e ambizioso per la transizione ecologica, oggi non ci troveremmo in questa drammatica situazione. Situazione che, ricordiamolo, è causata anche e soprattutto dalla dipendenza del nostro sistema economico e di tutto il nostro Paese dai combustibili fossili.

Non è un caso che questa crisi non coinvolga tutti ugualmente. Anzi alcuni non ne sono proprio toccati e si stanno invece arricchendo smisuratamente alle spalle di famiglie e imprese. Da settembre a giugno, in Italia, i colossi energetici hanno realizzato 50 miliardi di euro di extraprofitti. La sola ENI nei primi sei mesi del 2022 ha realizzato un +670% di utile. Questi sono i proventi del prezzo maggiorato fissato ai cittadini, nonostante le aziende energetiche italiane possano ancora godere di prezzi di favore fissati sulla base di contratti pluriennali con la Russia stipulati prima della crisi.

Da mesi noi di Europa Verde chiediamo la restituzione in toto di questi soldi ai cittadini: il 100% di quel che è stato sottratto deve essere ridato. E invece ci troviamo di fronte a un paradosso: il governo Draghi ha proposto una misera tassa del 25% sugli extraprofitti, che però non è mai stata pagata. Alla data prevista del 30 giugno, le compagnie hanno versato un solo miliardo di euro. È per questo che abbiamo recentemente presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Roma affinché si apra un’indagine per evasione e frode fiscale. Un qualunque cittadino che non paga le tasse nelle date previste dalla legge viene sanzionato dalla Guardia di Finanza e dall’Agenzia delle Entrate e mi domando perché debbano valere regole diverse per le società energetiche. Forse temporeggiano in attesa dell’esito elettorale e di un Governo più vicino ai loro interessi?

I proventi degli extraprofitti servono ad aiutare gli italiani a far fronte alla crisi, incentivando misure di efficienza energetica che permettano di ridurre i consumi e gli sprechi e aiutino a minimizzare le bollette per gli anni a venire. Questi soldi servono anche a finanziare progetti di rinnovabili su tutto il territorio nazionale. Nel programma della nostra Alleanza Verdi Sinistra abbiamo proposte serie e concrete al riguardo: non soltanto appunto la tassazione al 100% degli extraprofitti, la calmierazione dei prezzi delle bollette e il tetto al prezzo del gas, ma anche misure di efficientamento energetico, sburocratizzazione e velocizzazione dell’iter per la realizzazione di impianti di energia rinnovabile, come quelli eolici offshore e fotovoltaici. Questi sono strumenti imprescindibili non solo per fare innovazione nel nostro Paese, ma anche per far fronte alla crisi sociale e climatica in atto».

2. Sul medio termine, quali sono le soluzioni percorribili per ridurre la dipendenza dal gas russo? E delle fonti fossili in generale?

«Per garantire l’indipendenza e la piena sicurezza energetica del nostro Paese, tagliando al contempo i costi per famiglie e imprese e assicurando così bollette sensibilmente e stabilmente più basse per i decenni a venire, la soluzione è una sola: il connubio tra efficienza energetica e rinnovabili. Proprio in questi giorni il gruppo dei Verdi/EFA al Parlamento europeo ha presentato uno studio che dimostra la piena fattibilità e sostenibilità tecnico-economiche di raggiungere un mix energetico europeo basato sull’uso esclusivo di energia da fonti rinnovabili entro il 2035 o il 2040, a seconda dei diversi scenari.

Questo è possibile grazie ad azioni tempestive sulla riduzione della domanda energetica, andando ad efficientare e a ridurre gli sprechi immensi che tuttora caratterizzano pressoché ogni settore dell’economia e investendo adeguatamente in soluzioni quali eolico e solare. Tutti gli scenari ci mostrano come sia importante puntare sull’elettrificazione di alcuni settori, quali edilizia e trasporti, virando ad esempio sulle pompe di calore anziché sulle caldaie a gas, sui veicoli elettrici e sui trasporti pubblici anziché sui motori a combustione.

Le pompe di calore, ad esempio, sono incomparabilmente più efficienti di una caldaia a gas, anche di ultima generazione, in quanto riescono a generare fino a 4 volte più calore rispetto all’energia richiesta per funzionare. Stesso dicasi per le auto elettriche rispetto a quelle a motore a combustione, che richiedono molta più energia a parità di distanza e velocità. Perché quindi continuare a privilegiare e incentivare soluzioni che sappiamo già essere state soppiantate da tecnologie più efficienti, economiche, sostenibili e pulite?

Abbandonare quanto più presto possibile l’uso dei combustibili fossili deve essere un’assoluta priorità di qualsiasi governo e di ogni partito e colore politico. Stiamo letteralmente parlando del futuro dei nostri figli, del nostro Paese, del nostro pianeta».

3. Europa Verde è una delle forze politiche in competizione che si oppone al ritorno al nucleare. Secondo lei non è una strada percorribile?

«Non siamo solo noi di Europa Verde a ritenere il nucleare tutto fuorché una strada sostenibile da percorrere per la sicurezza energetica del nostro Paese, è la scienza che continua a ripetercelo. Stiamo parlando di un’energia che è provatamente ancora pericolosa e molto costosa, che non andrebbe a ridurre i costi delle bollette per gli italiani, ma finirebbe solo ad aumentare sostanzialmente il debito nazionale.

Se guardiamo a cosa succede in Francia, scopriamo che EDF, la maggiore azienda produttrice e distributrice di elettricità, è stata recentemente capitalizzata e poi nazionalizzata con un intervento statale di oltre 13 miliardi di euro perché fortemente indebitata e in mancanza di investitori interessati. E non solo in Francia: un recente studio ha evidenziato che su 180 impianti nucleari, a fronte di investimenti iniziali per 459 miliardi di dollari, si sono avuti sforamenti per 231 miliardi e per 9 centrali su 10 si è speso più di quanto preventivato. Senza ingenti finanziamenti pubblici non c’è nucleare.

Per non parlare della presunta affidabilità del nucleare, sempre più millantata dai soliti partiti nuclearisti, rispetto alle rinnovabili, come eolico o solare. Questa narrativa omette colpevolmente il fatto che le centrali nucleari richiedono grandi quantità di acqua per garantire il raffreddamento dei reattori. La siccità che ha caratterizzato questi mesi estivi, e che non è purtroppo un fenomeno estemporaneo ma una conseguenza della crisi climatica che tenderà ad aggravarsi, ha messo a rischio la produzione di energia nucleare e ha ridotto la capacità dei reattori francesi. Ad oggi circa la metà delle centrali francesi è chiusa per vetustà degli impianti e mancanza di acqua, con buona pace di chi continua a proporre il nucleare come fonte sicura e costante.

Bisogna poi dire chiaramente che il nucleare lascia ancora irrisolto il gravissimo problema delle scorie, nonché della sicurezza. Senza dimenticare che i relativi tempi di attuazione sono del tutto inconciliabili con l’urgenza di intervento necessaria. Coloro che continuano a sostenere il nucleare – penso ad esempio a Calenda che riprende le stesse posizioni di Salvini su questo tema – si guardano bene però dal confessare ai cittadini dove si prenderanno i soldi per realizzarlo, chi pagherà la gestione delle scorie e dove verranno realizzate le centrali e il deposito di scorie.

Noi di Europa Verde e Alleanza Verdi e Sinistra siamo convinti che il nucleare non sia una strada percorribile per l’Italia, che tra l’altro non dispone di alcun sito compatibile a causa della densità della popolazione, della sismicità e della siccità che purtroppo caratterizza e caratterizzerà sempre più il nostro Paese».

4. Sulle rinnovabili abbiamo obiettivi sfidanti, un grande interesse del mercato e una situazione che inizia a sbloccarsi. Come giudica l’operato del governo uscente da questo punto di vista? E quali sono oggi i provvedimenti più urgenti da prendere?

«Purtroppo il giudizio sul governo uscente, anche e soprattutto per quanto non fatto per le rinnovabili, è estremamente negativo. Il ministro Cingolani non ha mai avuto una vera e propria strategia energetica e ha portato il Paese a non sapere cosa accadrà nei prossimi anni.

L’unica priorità è stata quella di affrettarsi a sostituire il gas russo con quello proveniente da altri Paesi, ma senza alcun piano strategico, concreto e adeguato su come procedere speditamente nel dispiegamento delle rinnovabili nel medio-lungo termine e come affrancare l’Italia dalla dipendenza da ogni tipo di combustibile fossile, come ci richiedono l’Ue e gli accordi internazionali sottoscritti anche dal nostro Paese.

Trovo finanche imbarazzante che il Ministro per la transizione ecologica non si sia adoperato a concepire e mettere in atto misure che puntino a rendere l’Italia autosufficiente dal punto di vista energetico, limitandosi invece a dare unicamente risposte parziali in situazioni di emergenza. Non è invece stato fatto nulla per promuovere efficacemente le rinnovabili, che rappresentano il futuro energetico dell’Italia e di tutta l’Ue, e che aiuterebbero sostanzialmente i cittadini, tanto le famiglie quanto le imprese, a ridurre drasticamente i costi delle bollette, senza menzionare ovviamente i comprovati benefici in termini di riduzione dell’inquinamento e di riduzione dei costi della sanità pubblica grazie a una migliore qualità dell’aria. L’Italia è maglia nera in Europa per morti premature causate da biossido di azoto e PM2.5.

In questo senso ritengo di primaria importanza sviluppare un piano congiunto con tutte le associazioni di categoria e le organizzazioni ambientali che miri a sfruttare appieno il potenziale rinnovabile esistente in Italia, a partire da quei progetti che sono già pronti ma rimangono bloccati da farraginose lungaggini burocratiche che tuttora continuano a penalizzare le infrastrutture rinnovabili rispetto a quelle fossili.

Da mesi Elettricità Futura, l’associazione aderente a Confindustria che rappresenta oltre 500 imprese elettriche italiane, continua a lanciare appelli inascoltati al governo chiedendo un cambio di rotta che permetta l’allaccio di nuovi impianti rinnovabili già pronti, che potrebbero fornire 170 GW di energia pulita. Le aziende hanno infatti richiesto che almeno un terzo di queste, equivalenti a circa 60 GW, siano sbloccate, consentendo così di creare fino a 80.000 nuovi posti di lavoro e di risparmiare 15 miliardi di metri cubi di gas ogni anno, ossia il 20% del gas importato.

L’inaccettabile e colpevole inazione del governo ha anche interessato i decreti attuativi per le comunità energetiche rinnovabili e i sistemi di accumulo, che sono invece provvedimenti urgentissimi da adottare nel contesto di crisi in cui ci troviamo. Dopo sette mesi dall’entrata in vigore del decreto legislativo volto ad incentivarne lo sviluppo, Cingolani si è finora ben guardato dal promulgare i decreti attuativi necessari per l’effettiva applicazione della norma, frenando la diffusione di strumenti che sarebbero di grandissimo aiuto nella lotta alla povertà energetica e contro i rincari in bolletta. Perché non è stato fatto? Non ci è dato saperlo, e l’unica certezza è che l’ostilità di Cingolani e del governo Draghi verso la transizione ecologica sta già facendo pagare all’Italia un prezzo troppo caro a livello sia economico che sociale».

5. Superbonus: come giudica questa misura e i risultati ottenuti finora? E quale futuro vede per gli incentivi dedicati all’efficientamento energetico dell’edilizia residenziale?

«Il Superbonus è senza dubbio una misura giusta e positiva in linea di principio, in quanto siamo ormai tutti consapevoli dell’enorme impatto ambientale che hanno i nostri edifici e dello spreco energetico che li caratterizza. Minimizzarne i consumi e le emissioni è una tappa fondamentale del percorso che ci deve portare alla neutralità climatica e ad una società pienamente sostenibile.

Ciononostante, a livello tecnico, il Superbonus ha molte lacune e criticità, primo fra tutti il fatto che continui ad incentivare caldaie a gas, anche se di ultima generazione. Questo non è solo inaccettabile in un momento in cui tutta Europa sta correndo ai ripari per ridurre il proprio il consumo di gas e liberarsi dalla dipendenza energetica dalla Russia, ma è anche del tutto incoerente con gli obiettivi stessi della misura, volta a rendere più sostenibile il nostro patrimonio edilizio. Anziché promuovere esclusivamente soluzioni che siano davvero ecologiche e sostenibili, quali l’elettricità prodotta da fonti rinnovabili e utilizzata dalle pompe di calore, il governo italiano ha deciso di destinare decine di milioni di fondi pubblici a perpetuare la nostra dipendenza dai combustibili fossili.

Inoltre, la misura presenta condizioni di accesso del tutto vaghe e non stringenti rispetto al valore della detrazione. La previsione di migliorare soltanto due sole classi energetiche, quando la maggior parte degli edifici italiani ha prestazioni molto basse ed è classificato E o F, è assurdo se paragoniamo i benefici in termini di riduzione minima dei consumi al cospicuo esborso richiesto all’erario.

Per come è stato concepito, il Superbonus si è anche rivelato una misura socialmente regressiva, in quanto agevola soprattutto le famiglie ad alto reddito, tanto nell’accesso agli incentivi quanto nell’importo dei lavori da rimborsare. Le famiglie più vulnerabili ed economicamente svantaggiate sono quelle che più spesso abitano in edifici altamente inefficienti e e più esposte all’aumento delle bollette. Servono urgentemente misure e strumenti più efficaci destinati proprio a queste persone affinché abbiano accesso alle misure di efficienza energetica e alla ristrutturazione profonda, a partire dall’edilizia sociale e popolare.

Il futuro che auspico e per cui mi batto per questi incentivi è una revisione strutturale dell’attuale quadro che garantisca un pieno accesso ai finanziamenti per i cittadini e le famiglie bisognose e che vivono in condizioni di povertà energetica, favorendo quegli interventi che comportino un’effettiva e comprovata riduzione sostanziale dei consumi, riducendo al minimo le emissioni degli edifici. Credo che questo sia l’unico modo per assicurare la sostenibilità ambientale, sociale ed economica di questa misura, rendendola elemento centrale verso la sicurezza energetica del nostro Paese e verso il raggiungimento degli obiettivi climatici».

6. Per abbattere in modo strutturale i costi energetici delle imprese, quali strumenti metterebbe in campo?

«Come ho già accennato, l’efficienza energetica deve essere la prima priorità. Troppo spesso se ne parla di questi tempi, ma troppo poco viene fatto, nonostante sia evidente a tutti che l’energia più economica è proprio quella che non usiamo. Nel mio ruolo di eurodeputata, da sempre mi batto perché l’efficienza energetica sia messa al centro del dibattito politico e integrata orizzontalmente in ogni politica energetica di settore, dagli edifici all’industria.

Nella revisione della direttiva Ue per l’efficienza energetica, per la quale ho svolto il ruolo di relatrice del parere della Commissione parlamentare per l’ambiente, mi sono impegnata a rafforzare le disposizioni proposte dalla Commissione europea, introducendo misure più efficaci in termini di audit energetici per le imprese e richiedendo l’obbligatorietà delle raccomandazioni sulla riduzione dei consumi. Mi sono anche battuta affinché fossero introdotte specifiche disposizioni che mirino alla riduzione del consumo di acqua, risorsa oggi più che mai preziosissima.

Parallelamente alla massimizzazione del potenziale di efficientamento energetico delle imprese italiane, è fondamentale promuovere il dispiegamento di energia rinnovabile nel settore, rimuovendo, come già detto, le barriere amministrative e introducendo politiche fiscali favorevoli, come ad esempio uno sconto Imu sui fabbricati dedicati alla produzione di energia da fotovoltaico e criteri per i sostegni previsti dai recenti decreti del governo che li condizionino o premino proprio per gli investimenti in fonti rinnovabili».


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