Energia ed elezioni: intervista a Paolo Arrigoni della Lega

Gas nazionale, nucleare, sospensione temporanea dell’ETS e molto altro tra le proposte del responsabile Energia del Carroccio. La prima di una serie di interviste ad alcuni tra i candidati alle Politiche 2022 più attivi sui temi energetici.

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Come abbiamo scritto presentando l’analisi dei programmi elettorali realizzata dal think tank ECCO, mai come in queste elezioni in campagna elettorale si parla energia, tema fino ad oggi ampiamente trascurato.

Per capire meglio le posizioni dei vari schieramenti, abbiamo posto le stesse domande ai candidati che, dentro o fuori dal Parlamento, si sono mostrati più attivi su questo tema o che hanno ruoli e competenze in questo ambito.

In fondo all’articolo tutte le altre interviste di QualEnergia.it.


Iniziamo la serie delle interviste con Paolo Arrigoni, senatore della Lega, questore del Senato, membro della Commissione Territorio, Ambiente e Beni Ambientali, che da giugno 2020 è responsabile nazionale del dipartimento Energia del partito.

Nato a Lecco nel 1964 e cresciuto a Calolziocorte (Lecco), Arrigoni è laureato in ingegneria elettronica al Politecnico di Milano, si è occupato di progettazione e consulenza di impianti elettrici e di automazione per i settori civile, terziario e industriale. Dopo diversi incarichi a livello comunale e provinciale, è stato eletto per la prima volta a Palazzo Madama nel 2013 nella circoscrizione Lombardia e riconfermato nel 2018.

1. Senatore Arrigoni, quali interventi immediati sosterrebbe per affrontare l’emergenza dei costi dell’energia che sta colpendo il sistema produttivo?

«Per scongiurare un autunno che si preannuncia drammatico occorre intervenire tempestivamente per prorogare e potenziare le misure già varate per contrastare caro energia e carburanti, che hanno scadenze ravvicinate, per salvare il potere d’acquisto delle famiglie e i bilanci delle imprese già in ginocchio e ad altissimo rischio di chiusura.

Per finanziare tali misure, vivendo un’economia di guerra e un’emergenza economica e sociale, occorre valutare seriamente il ricorso ad uno scostamento di bilancio che integri le entrate legate sia al maggior gettito Iva, sia al prelievo degli extraprofitti delle imprese energetiche (ma correggendo gli attuali criteri che presentano elementi distorsivi e che rischiano di penalizzare diverse aziende), sia al prelievo delle rendite inframarginali degli impianti Fer. E poi occorre coinvolgere nel versamento del contributo straordinario anche banche e intermediari finanziari, ad oggi incredibilmente esclusi, che operano in campo energetico con contratti e strumenti derivati.

Ma serve fare molto di più: ad esempio rendere subito operative la gas release e l’energy release per fornire, rispettivamente, gas ed energia elettrica alle imprese a prezzi calmierati, sospendere temporaneamente a livello europeo il mercato ETS e introdurre senza indugio il tetto europeo per prezzo del gas».

2. Sul medio termine, quali sono le soluzioni percorribili per ridurre la dipendenza dal gas russo? E delle fonti fossili in generale?

«A breve termine, anche per ridurre la pressione sul mercato del gas, è inevitabile ridurne i consumi, anche perché i rischi di uno shortage sono sempre più alti. In merito, è urgente attivare campagne informative pubbliche rivolte ai cittadini per l’adozione di adeguate regole comportamentali per un utilizzo più razionale dell’energia, rafforzare i razionamenti già disposti nel pubblico nel riscaldamento e nell’illuminazione, preservando i servizi essenziali come ospedali, case di cura, scuole, e massimizzare la produzione delle centrali a carbone rimaste operative in Italia: ogni 5 TWh di energia prodotta consente di risparmiare 1 mld di mc di gas, così come sta facendo la Germania.

Per scongiurare rischi di blackout, prima di imporre il razionamento alle attività economiche, che comporterebbero ulteriori danni al sistema economico e sociale del paese, è opportuno prevedere la sospensione della fornitura di gas ed elettricità alle imprese che su base volontaria e a fronte di indennizzi hanno dato la disponibilità ad essere interrompibili.

Sul medio termine, considerato il ruolo strategico di accompagnamento del gas alla transizione ecologica, occorre proseguire con la diversificazione degli approvvigionamenti, anche attraverso il Gnl. In merito, ai fini della sicurezza energetica nazionale, consideriamo indispensabile sia l’installazione dei due rigassificatori flottanti a Piombino e Ravenna, riconoscendo compensazioni economiche e/o ambientali ai territori locali, sia l’aumento della capacità dei tre rigassificatori esistenti, sia il raddoppio del TAP. Non solo, occorre aumentare la produzione nazionale di gas naturale, riprendendo l’esplorazione di nuovi giacimenti, e aumentare la produzione di biometano.

La riduzione dei fossili, in generale, dovrà essere perseguita con interventi di efficientamento energetico negli edifici e nell’industria, e con l’installazione impianti rinnovabili, con relativa semplificazione negli iter autorizzativi, in particolare sostenendo lo sviluppo dell’autoconsumo collettivo e delle Comunità Energetiche, e con la valorizzazione energetica dei rifiuti con la realizzazione di nuovi impianti efficienti».

3. La Lega è una delle forze politiche in competizione che propone il ritorno al nucleare. Secondo lei è una strada percorribile?

«Assolutamente sì, visti gli sfidanti obiettivi di decarbonizzazione. L’Agenzia internazionale per l’energia ha evidenziato che per raggiungere le emissioni nette di gas serra pari a zero entro il 2050 sarà necessario incrementare la quota di energia nucleare a livello globale, e anche la Commissione UE ha inserito questa tecnologia nella tassonomia riconoscendola come una fonte sostenibile per la produzione di energia senza emissioni climalteranti.

Il nucleare, anche secondo un rapporto UNECE (Commissione economica europea delle Nazioni Unite, ndr) del 2021, è la fonte in assoluto caratterizzata dalla minore intensità carbonica, in quanto emette meno CO2 per kWh calcolata con il metodo LCA (Life Cyle Assessment, ndr). Perché rinunciarvi aprioristicamente? (Arrigoni segnala lo studio citato, altri danno l’eolico e l’idroelettrico come fonti con minor impatto climalterante nel LCA, pur confermando che l’atomo è tra le tecnologie meno climalteranti: per un’analisi della letteratura scientifica si veda questo dossier del JRC CE, ndr).

Le fonti rinnovabili sono parte della risposta alla decarbonizzazione, dove peraltro è prevista l’elettrificazione spinta dei consumi finali dall’attuale quota del 22 al 55% entro il 2050, ma esse non sono sufficienti, soprattutto se sono non programmabili, come fotovoltaico e eolico».

Tra i punti deboli del nucleare ad oggi ci sono però i costi alti e i tempi di costruzione relativamente lunghi. Il nostro paese poi ha votato contro questa soluzione in due referendum e la storia del deposito definitivo per le scorie mostra che ci si dovrebbe scontrare con fenomeni di NIMBY. Quando e come potrebbe eventualmente entrare in gioco in Italia questa tecnologia?

«Per portare avanti una transizione ecologica equilibrata serve una visione strategica pragmatica, da attuare con politiche consapevoli che le infrastrutture e gli impianti di energia, di qualsiasi tipo, devono restituire valore agli abitanti dei territori che li ospitano, a cui devono essere riconosciute adeguate compensazioni. Questo è un primo passo per una maggiore e indispensabile accettabilità che permetta finalmente di superare la sindrome di Nimby, diffusissima nel nostro Paese.

Fatta questa premessa, il percorso per un rientro dell’Italia nel nucleare è lungo, ma la tecnologia dell’atomo è quella che, combinata alle rinnovabili, sarà imprescindibile nel medio-lungo termine per consentire di perseguire gli obiettivi di decarbonizzazione con emissioni nette zero al 2050 e allo stesso tempo permettere sia di rispondere alla domanda sempre crescente di energia elettrica per la progressiva elettrificazione dei consumi, sia di garantire un sistema energetico sicuro e stabile, sia di produrre idrogeno senza emissioni e sia di ridurre la dipendenza energetica dall’estero.

È ormai chiaro che gli obiettivi di decarbonizzazione per il contrasto ai cambiamenti climatici stanno rilanciando la tecnologia nucleare in Europa e nel mondo. Il nostro paese, che è la seconda manifattura europea ed è una potenza economica mondiale, non può perdere il treno di questa tecnologia».

4. Sulle rinnovabili abbiamo obiettivi sfidanti, un grande interesse del mercato e una situazione che inizia a sbloccarsi. Come giudica l’operato del governo uscente da questo punto di vista? E quali sono oggi i provvedimenti più urgenti da prendere?

«Lo sviluppo di impianti rinnovabili è fondamentale per la produzione di energia pulita e per la riduzione della dipendenza energetica del Paese, ma non può prescindere dallo sviluppo delle reti di trasmissione e di distribuzione e soprattutto di sistemi di accumulo di lunga durata, inclusi bacini di accumulo, al fine di massimizzare l’utilizzo dell’energia elettrica prodotta e di favorirne l’integrazione nei mercati dell’energia elettrica, nonché al fine di assicurare la maggiore flessibilità del sistema.

L’Italia è in ritardo rispetto agli obiettivi di installazione di 72 GW di nuova capacità installata Fer entro il 2030, ma occorre riconoscere che negli ultimi 18 mesi, in particolare nel primo semestre 2022, vi è stata sia una significativa semplificazione delle procedure di autorizzazione, sia un deciso ampliamento dei luoghi deputati allo sviluppo e all’installazione delle rinnovabili, anche se con particolare e quasi esclusivo riferimento al fotovoltaico e all’eolico. L’operato di Governo e Parlamento è stato in tal senso positivo, anche se occorre attendere l’emanazione di diversi decreti ministeriali attuativi per poter mettere a terra la potenzialità delle norme varate.

Tra i provvedimenti in ritardo da assumere presto vi sono i decreti attuativi per le Comunità Energetiche Rinnovabili e l’Autoconsumo collettivo, nonché il decreto con i criteri per consentire alle Regioni di individuare le aree idonee, e coerentemente adeguare i loro Piani Energetici, all’installazione degli impianti rinnovabili.

Comunque, occorre mettere in atto un piano complessivo di semplificazioni delle procedure autorizzative che renda semplice, certo nelle tempistiche e breve il processo autorizzativo sia per i nuovi impianti di generazione sia per il revamping di quelli esistenti.

Occorre infine sostenere anche le altre tecnologie rinnovabili, peraltro programmabili, come l’idroelettrico, la geotermia ad alta entalpia per la produzione di energia elettrica e quella a bassa entalpia per la climatizzazione degli edifici, le biomasse e le bioenergie».

5. Superbonus: come giudica questa misura e i risultati ottenuti finora? E quale futuro vede per gli incentivi dedicati all’efficientamento energetico dell’edilizia residenziale?

«Gli oneri di finanza pubblica necessari per coprire le asseverazioni registrate da ENEA al 31 luglio sono il doppio rispetto alle risorse stanziate nel PNRR per l’intero biennio 2021-2022. Vi è dunque un enorme problema di sostenibilità economica del Superbonus che va affrontata.

Nell’immediato bisogna però prima rispondere agli interessi e alle preoccupazioni di proprietari di casa, dei tecnici e delle imprese in crisi e sull’orlo del fallimento per il blocco della cessione dei crediti, dove il meccanismo di responsabilità solidale che impedisce ai nuovi acquirenti di accedere al credito deve essere assolutamente modificato. Inoltre, visto che molti cantieri di edifici unifamiliari rischiano di non adempiere alle scadenze ravvicinate, anche per la difficoltà di reperimento dei materiali, occorre la rimozione del vincolo del SAL del 30 settembre per consentire di beneficiare del termine lavori al 31 dicembre 2022.

Detto questo, per dare un futuro al Superbonus è necessario intervenire con dei correttivi per renderlo più coerente e applicabile, introducendo il contrasto di interesse per quanto riguarda gli incentivi fiscali, contemperando le esigenze di contenimento degli oneri a carico dello Stato con quelle di riqualificazione energetica e adeguamento antisismico degli edifici. Ridurre l’elevato incentivo fiscale e introdurre il contrasto di interesse responsabilizzerebbe maggiormente il proprietario di casa a concorrere alla scelta di imprese migliori, più attente ai prodotti da installare, ai prezzi applicati e alla buona riuscita dei lavori. Tra gli interventi prioritari che dovrebbero continuare ad essere sostenuti vi sono quelli sulle prime case e in bassa classe energetica, magari con décalage dell’incentivo, e sicuramente sugli alloggi ex IACP».

6. Per abbattere in modo strutturale i costi energetici delle imprese, quali strumenti metterebbe in campo?

«Il caro energia, a prescindere dalla guerra in corso, sta confermando di avere caratteristiche strutturali. Esige dunque risposte non solo emergenziali, ma di natura strutturale con politiche di lungo termine che affrontino i problemi della sicurezza del sistema energetico, della dipendenza energetica, nonché della produzione, approvvigionamento e fornitura di energia costi adeguati per famiglie e imprese.

Per le imprese occorre potenziare gli strumenti per il sostegno di interventi di efficientamento energetico in grado di ridurre i consumi.

Inoltre serve accelerare l’attuazione dei meccanismi “gas release”, cioè maggiore produzione nazionale di gas naturale da assegnare a prezzi calmierati, con procedure gestite dal GSE, ai settori industriali esposti al caro energia e a rischio di chiusura, e “energy release”, cioè il servizio di ritiro e di acquisto di energia elettrica prodotta da impianti a fonti rinnovabili da parte del GSE e successiva cessione a tariffe calmierate prioritariamente ai clienti industriali, alle piccole e medie imprese, e ai clienti localizzati nelle isole maggiori che partecipino al servizio di interrompibilità, anche valutandone dei potenziamenti, in modo da dare un beneficio temporaneo alle imprese esposte al caro energia e allo stesso tempo delineare un quadro strutturale virtuoso tale da sviluppare la produzione di energia rinnovabile e supportare uno sviluppo decarbonizzato della nostra industria».


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