Energia ed elezioni: intervista a Nicola Procaccini di Fratelli d’Italia

Sul nucleare, il responsabile Energia di FdI è più cauto dei compagni di coalizione, mentre per dare più sostegno alle Fer propone di rivedere il Pnrr. L’ottava delle nostre interviste ai candidati alle Politiche 2022.

ADV
image_pdfimage_print

Continuiamo il nostro giro di interviste ai candidati alle Politiche che, dentro o fuori dal Parlamento, si sono mostrati più attivi sui temi dell’energia.

In fondo all’articolo tutte le altre interviste di QualEnergia.it


Oggi risponde alle nostre domande Nicola Procaccini, responsabile del dipartimento Ambiente ed Energia di Fratelli d’Italia.

Sindaco di Terracina dal 2011 al 2015, e nuovamente dal 2016 al 2019, Procaccini è stato poi eletto europarlamentare di Fratelli d’Italia per la Circoscrizione Italia centrale, alle elezioni europee del 2019. A Bruxelles dall’ottobre del 2020 ricopre la carica di Presidente della Delegazione per le relazioni con i paesi dell’Asia meridionale

1. Onorevole Procaccini, quali interventi immediati sosterrebbe per affrontare l’emergenza dei costi dell’energia che sta colpendo il sistema produttivo?

«E’ necessario stabilire subito un price cap europeo per il gas, ad oggi, purtroppo, osteggiato da alcuni governi europei di sinistra [ma, va detto, anche da governi di destra come quello olandese, quello ungherese e quello austriaco, si veda esito dell’ultimo Consiglio Energia, ndr]. Poi si deve scindere il prezzo dell’energia elettrica dal prezzo del gas, anche a livello nazionale, che, in questa fase, genera un elevato processo inflattivo. Inoltre, noi di Fratelli d’Italia abbiamo chiesto a livello europeo di non rinunciare alle quote gratis del sistema ETS, le certificazioni che le aziende sono costrette a pagare per emettere CO2 e che vanno a incidere sui costi totali di produzione.

Ma proponiamo anche altre misure immediate e di buon senso per abbattere il costo delle bollette per le imprese, come l’utilizzo dell’extra gettito fiscale generato dall’aumento del costo dell’energia in bolletta, con particolare riferimento all’Iva, e l’utilizzo delle entrate derivanti dalla tassa sull’extra profitto a carico delle aziende, anche partecipate dallo Stato, generato dal maggior introito netto conseguente all’incremento del prezzo dell’energia.

Infine, è urgente l’immediata emanazione di tutti i decreti ministeriali attuativi in scadenza, relativi a finanziamenti già stanziati per sostenere le imprese alle prese con il caro-bollette e che rischiano di andare persi, e l’estensione del credito d’imposta sul maggior costo sostenuto dalle imprese anche alla prima metà del 2023».

2. Sul medio termine, quali sono le soluzioni percorribili per ridurre la dipendenza dal gas russo? E delle fonti fossili in generale?

«La priorità deve essere investire in energie rinnovabili, specie eolico e fotovoltaico, e in questa ottica valutare la possibilità di allentare vincoli e passaggi burocratici. Occorre però pensare ad una pianificazione strategica complessiva per non agire sempre nella continua emergenza. Penso, ad esempio, a piani di incentivazioni e di investimenti in tecnologie che possono consentire al nostro Paese di sfruttare alcune fonti energetiche che abbiamo a disposizione, come il geotermico e l’idroelettrico e lo stesso fotovoltaico galleggiante, più redditizio a livello energetico di quello a terra [sul tema in realtà più complesso si veda qui, ndr]. Ma anche le biomasse e l’idrogeno. Un piano energetico innovativo che passa per l’abbandono graduale delle fonti fossili di energia da realizzare anche attraverso interventi generalizzati di efficientamento energetico degli edifici, a partire da quelli pubblici».

3. Fratelli d’Italia è una delle forze politiche in competizione che propone il ritorno al nucleare. Secondo lei è una strada percorribile?

«Nessuna preclusione ideologica da parte nostra rispetto all’energia nucleare, ma valutazioni pratiche fanno pendere la bilancia verso altri tipi di fonti di approvvigionamento energetico che non siano quella atomica. L’attuale tecnologia presenta diverse criticità, tra cui l’alto costo economico di produzione dell’energia nucleare, la difficoltà a smaltire le scorie radioattive, tempi lunghi di realizzazione di nuove centrali e l’impossibilità di garantire il rischio zero per popolazione e territorio. Senza contare l’ostacolo normativo dei referendum che hanno reso impossibile produrre energia atomica in Italia. D’altra parte, però, riteniamo importante investire attenzioni e risorse adeguate nella ricerca sul cosiddetto nucleare pulito, così da poter essere presenti sulla futura evoluzione di questa tecnologia».

Il nostro paese poi ha votato contro questa soluzione in due referendum e la storia del deposito definitivo per le scorie mostra che ci si dovrebbe scontrare con fenomeni di NIMBY. Quando e come potrebbe eventualmente entrare in gioco in Italia questa tecnologia?

«Centrali di nuova generazione non vedranno la luce prima di alcuni decenni ma è importante continuare a fare ricerche su tecnologie, come il nucleare da fusione e il confinamento magnetico su cui sta investendo soprattutto Eni. Fermo restando che la eventuale costruzione di nuovi impianti dovrà necessariamente tener conto delle esigenze e caratteristiche dei territori, l’innovazione tecnologica potrebbe consentire di abbattere i costi e accorciare i tempi che oggi ci appaiono ostacoli enormi anche in termini di sicurezza».

4. Sulle rinnovabili abbiamo obiettivi sfidanti, un grande interesse del mercato e una situazione che inizia a sbloccarsi. Come giudica l’operato del governo uscente da questo punto di vista? E quali sono oggi i provvedimenti più urgenti da prendere?

«In tema di rinnovabili, eolico e fotovoltaico innanzitutto, il Governo uscente non ha fatto molto in termini di investimenti, dedicando a questo tema fondamentale solo il 3% delle risorse totali del Pnrr, ecco anche perché proponiamo di aggiornare tale piano. Più che in agevolazioni serve investire in ricerca e favorire gli investimenti che invece sono disincentivati, con molte richieste di autorizzazioni ferme da mesi e anni.

E’ fondamentale una semplificazione delle procedure di autorizzazione e un ampliamento dei siti dove prevedere l’installazione di impianti per energie rinnovabili, in particolare agrivoltaico, solare galleggiante ed eolico offshore. Serve a poco adottare nuove norme se poi, come ha fatto il governo uscente, ad esse non si fanno seguire gli appositi decreti attuativi, come è accaduto per l’adozione dei criteri per consentire alle Regioni di individuare le aree idonee per installazione di impianti rinnovabili».

5. Superbonus: come giudica questa misura e i risultati ottenuti finora? E quale futuro vede per gli incentivi dedicati all’efficientamento energetico dell’edilizia residenziale?

«Il Superbonus è uno strumento utile per rilanciare un settore in difficoltà, fatto in gran parte da piccole e medie imprese, ma non può essere trasformato in un percorso a ostacoli di norme e burocrazia in cui si cela la ‘fregatura’ per aziende e professionisti. Come Fratelli d’Italia abbiamo già prospettato misure per tentare di porre rimedio a questa situazione e venire incontro alle esigenze di famiglie e imprese, attraverso la semplificazione e l’efficienza dei meccanismi di attribuzione dei fondi, agendo anche sul blocco della cessione dei crediti. Occorre quindi valutare, alla luce dei risultati economici complessivi, i termini per riproporre il Superbonus con appositi correttivi, valorizzando questo strumento anche come mezzo per migliorare l’efficientamento energetico degli edifici e quindi diminuire i consumi e le emissioni di CO2».

6. Per abbattere in modo strutturale i costi energetici delle imprese, quali strumenti metterebbe in campo?

«E’ chiaro che nella misura in cui riusciremo a realizzare una autonomia energetica attraverso le fonti di energia rinnovabili, potremo consentire al settore produttivo di avere energia a prezzi controllati e sostenibili. Autonomia energetica che, oggi più che mai, è il presupposto per una autonomia politica che non ci faccia dipendere da altri Stati, soprattutto le autocrazie come la Cina o gli Stati autoritari di Africa e Medio Oriente.

Per dare certezze alle imprese servono meccanismi stabili di correzione dei prezzi, come il price cap europeo per il gas, e prevedere correttivi come la separazione tra prezzo del gas e prezzo finale dell’energia elettrica. Oggi, infatti, in base a un distorto meccanismo di funzionamento del mercato energetico europeo, il gas determina anche il prezzo dell’elettricità prodotta con altre fonti, comprese quelle rinnovabili. Ma è importate anche dare alle aziende sostegni per interventi di efficientamento energetico in grado di ridurre i consumi. Nei nostri programmi c’è la volontà di rivedere i progetti del Pnrr, con modifiche che riguardano soprattutto le infrastrutture energetiche. Esiste la possibilità di formulare un aggiornamento del Pnrr con addendum dedicato al Repower, il piano per il finanziamento delle attività nel settore energetico».


Le altre interviste di QualEnergia.it:

ADV
×