Energia ed elezioni: intervista a Rossella Muroni, indipendente per il Centrosinistra

Semplificazioni per spingere le rinnovabili ed energia pulita contro il caro energia, tra le proposte dell'ex presidente di Legambiente. Settima delle nostre interviste ai candidati della Politche 2022.

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Continuiamo il nostro giro di colloqui con candidati alle Politiche che, dentro o fuori dal Parlamento, si sono mostrati più attivi sui temi dell’energia.

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Oggi risponde alle nostre domande Rossella Muroni, deputata ecologista e candidata alla Camera per il centrosinistra nel collegio uninominale Roma 03, ossia i municipi V e VI della Capitale.

Muroni ha alle spalle una lunga militanza in Legambiente, associazione cui ha aderito dal 1996 e della quale è stata presidente dal 2015 al 2017  e fa parte dell’ufficio di presidenza di Green Italia. Eletta alla Camera nel 2018 nelle liste di Liberi e Uguali, fa parte della Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici di Montecitorio di cui da luglio 2020 è vicepresidente.

Nel marzo 2021, uscita dal gruppo di LeU della Camera, passa al gruppo misto. A queste elezioni come detto è candidata in quota Partito Democratico – Italia Democratica e Progressista.

1. Onorevole, quali interventi immediati sosterrebbe per affrontare l’emergenza dei costi dell’energia che sta colpendo il sistema produttivo?

«L’insostenibilità dei prezzi delle bollette di luce e gas richiede azioni urgenti a sostegno di famiglie e imprese, ma anche risposte strutturali al problema.

Nell’immediato bisogna partire da un robusto bonus sociale, con una fascia Isee di accesso più ampia dell’attuale, e da un credito di imposta rafforzato per le imprese che stanno subendo pesanti aumenti dei costi. Punti su cui il governo ha dato segnali significativi con il decreto Aiuti ter, ma su cui bisogna sforzarsi di fare di più.

Le risorse si possono trovare da una più alta e giusta tassazione sugli extraprofitti delle aziende energetiche fossili ed estrattive. È lì che bisogna concentrarsi. E se servissero ci sono anche gli oltre 20 miliardi di sussidi pubblici che il MiTe ci dice diamo ogni anno ad attività dannose per l’ambiente.

È necessario, poi, fissare un tetto europeo al prezzo del gas, prevedere un regime di prezzi amministrati per l’energia elettrica per famiglie e imprese, e disaccoppiare il prezzo dell’energia rinnovabile da quello dell’energia prodotta con il gas.

Sarebbe importante anche istituire una “luce sociale” per le famiglie con redditi medi e bassi e piccole imprese in difficoltà, a cui viene garantito un contratto di fornitura energetica a costo zero, prodotta da fonti rinnovabili e acquistata direttamente dalla società pubblica Acquirente Unico, per dieci anni, fino ad un massimo di 1.350 kWh/anno per famiglia (pari al 50% del consumo medio), mentre sulla parte di consumo eccedente i prezzi saranno comunque calmierati.

Risposte strutturali arrivano, invece, da una accelerazione sulle fonti pulite. Più rinnovabili e sistemi di accumulo, promozione reale dei bio-carburanti e del bio-gas, insieme al risparmio e all’efficienza energetica. Queste sono le risposte giuste per superare le crisi aperte: quella Ucraina, quella economica, quella climatica.

Visto che inflazione e il caro bollette colpiscono tutti, ma pesano di più su famiglie in situazione di disagio e imprese in difficoltà, bisogna agevolare il ricorso alle fonti pulite e alle comunità energetiche, su cui però i decreti attuativi del MiTE ancora tardano ad arrivare. Misure, queste, che riducono l’inquinamento e i costi, aiutano a renderci indipendenti dall’approvvigionamento di gas dall’estero, e sostengono occupazione e crescita».

2. Sul medio termine, quali sono le soluzioni percorribili per ridurre la dipendenza dal gas russo? E delle fonti fossili in generale?

«Come dicevo poco fa, la strada maestra è puntare sull’aumento della potenza rinnovabile, abbinata a sistemi di accumulo e a strumenti innovativi come le comunità energetiche, insieme all’incremento di efficienza e risparmio energetico. Ricetta utile a renderci più indipendenti, ma anche a ridurre i costi e le emissioni inquinanti. Per questo credo strategico dare seguito alla proposta di Elettricità Futura per arrivare a installare 85 GW di rinnovabili in più entro il 2030. Un progetto che aiuta la nostra indipendenza dal gas estero e che porterebbe anche a 470mila nuovi posti di lavoro lungo la filiera.

Contemporaneamente bisogna definire tempi e tappe intermedie del processo di uscita dai fossili. E aggiornare in coerenza con i più ambiziosi climatici europei il nostro piano energia e clima».

3. Tra le forze politiche in competizione, c’è anche chi propone il ritorno al nucleare. Secondo lei è una strada percorribile?

«L’energia nucleare è una strada chiusa. Oltre ai due referendum che hanno sancito questo risultato, questa tecnologia non ha ancora risolto i problemi di sicurezza durante il funzionamento e smaltimento delle scorie dopo. Inoltre, come dimostrano i casi delle centrali in costruzione in Europa tra Francia e Finlandia, i costi per costruire una centrale sono esorbitanti, parliamo di miliardi, e i tempi di realizzazione sono dell’ordine di vent’anni. È evidente, quindi, che costi e tempi siano incompatibili con la transizione ecologica. Altro aspetto che sta contribuendo a ridurre l’uso di energia nucleare nel mondo è l’alto il costo stesso dell’energia prodotta con questa tecnologia.

Ricordo, poi, che ancora dobbiamo decidere come paese dove realizzare il deposito nazionale di rifiuti radioattivi in cui andranno conservati in sicurezza l’eredità della passata stagione nucleare e le scorie derivanti da attività medica o di ricerca.

I soli investimenti utili in questo ambito sono quelli per la ricerca».

4. Sulle rinnovabili abbiamo obiettivi sfidanti, un grande interesse del mercato e una situazione che inizia a sbloccarsi. Come giudica l’operato del governo uscente da questo punto di vista? E quali sono oggi i provvedimenti più urgenti da prendere?

«Partiamo dai fatti. Dal cosiddetto decreto spalma incentivi in poi l’installazione di nuova potenza rinnovabile nel nostro Paese si è fermata a meno di un gigawatt l’anno. Credo sia evidente che rispetto allo sviluppo delle fonti pulite ci sono state molte mancanze da parte di questo governo, come anche da parte di quelli precedenti.

Ciò premesso, bisogna riconoscere che grazie anche al lavoro del Parlamento nell’ultimo anno e mezzo sono stati fatti dei passi avanti. Penso, ad esempio, ai miei emendamenti con cui è stata l’installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti degli edifici non vincolati nei centri urbani, o nei bacini idrici, o con cui sono state introdotte facilitazioni per il repowering degli impianti esistenti.

Ma per sbloccare davvero l’energia pulita in Italia bisogna semplificare gli iter autorizzativi portandoli dagli attuali 5-6 anni in media a pochi mesi, superare la cultura diffusa di ostilità che porta le sovrintendenze, e quindi il Ministero della Cultura, a bloccare quasi tutti i nuovi progetti e utilizzare il dibattito pubblico per coinvolgere enti locali, territori e cittadini.

Il governo dovrebbe inoltre emanare con urgenza i decreti attuativi per le comunità energetiche, il Piano delle aree idonee per le rinnovabili, un buon decreto Fer 2 per sostenere le rinnovabili innovative e come già detto aggiornare il Piano energia e clima».

5. Superbonus: come giudica questa misura e i risultati ottenuti finora? E quale futuro vede per gli incentivi?

«Il Superbonus al 110% è nato per sostenere gli investimenti in efficienza energetica e l’edilizia nella fase della pandemia. Dal punto di vista ambientale e anche di Pil è stato una delle misure più significative della legislatura, ma l’orizzonte temporale non certo, i continui cambiamenti nelle norme per l’accesso e l’ostilità dell’ultimo esecutivo non hanno aiutato.

Personalmente mi sono impegnata e vorrei un Superbonus legato in via privilegiata all’efficientamento delle case popolari, delle scuole, degli edifici pubblici, come misura capace di agire per l’ambiente, per migliorare la qualità dell’abitare e per ridurre la povertà energetica.

Propongo una riforma del Superbonus che preveda alcuni miglioramenti significativi: il 110% va legato in modo più stringente alla riqualificazione dell’edilizia residenziale pubblica e al miglioramento dell’efficienza ottenuto dagli interventi realizzati. Le quote di incentivo, inoltre, vanno differenziate per fasce di reddito e le caldaie a gas escluse. Insieme al Superbonus andrebbero stabilizzati anche Sismabonus, Ecobonus, Bonus Ristrutturazioni, Bonus Facciate e Bonus Verde».

6. Per abbattere in modo strutturale i costi energetici delle imprese, quali strumenti metterebbe in campo?

«Oltre ad alzare il credito di imposta sui costi aggiuntivi pagati per l’energia, vanno sostenuti con strumenti adeguati il miglioramento dell’efficienza dei processi produttivi e lo sviluppo delle rinnovabili in autoproduzione e in condivisione tra imprese e aree industriali. Possono essere messi in campo nuovi incentivi, aiuti a fondo perduto, fondi rotativi. Insieme a procedure sicure, ma certe e snelle».


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