La Cina sta guidando la nuova rivoluzione industriale legata alle energie green, ma Europa e Stati Uniti sono ancora in gioco per conquistare spazi di mercato.
Questo, in estrema sintesi, il messaggio lanciato dal Rocky Mountain Institute americano (RMI), organizzazione indipendente che analizza i mercati energetici globali con un focus sulla transizione verso le rinnovabili.
Nel rapporto intitolato “X-Change: The Race to the Top”, l’istituto Usa esamina la crescita esponenziale delle tecnologie pulite sotto la lente del dominio cinese nelle filiere produttive di molteplici settori, dal fotovoltaico alle batterie e ai veicoli elettrici.
La Cina, si osserva, ha speso oltre 10 volte più degli Stati Uniti e dell’Europa negli ultimi cinque anni (329 miliardi di $ vs 29, dati Bnef), per raggiungere una quota nella produzione manifatturiera globale superiore al 90% nel solare e al 70% nelle batterie.
Tuttavia, gli investimenti degli Usa e dei Paesi europei nelle tecnologie pulite sono destinati ad aumentare di 16 volte al 2025 rispetto ai livelli del 2022 (altro grafico sotto, tratto dal rapporto), mentre la spesa della Cina crescerà molto di meno, quindi le nuove opportunità di leadership abbondano.
Peraltro, solo il 20% della domanda finale di energia è stato già “elettrificato”, mentre le tecnologie per migliorare la flessibilità dei sistemi elettrici sono ancora nelle fasi iniziali (accumuli, tecnologie di “risposta alla domanda”, ricarica intelligente dei veicoli e così via).
Va detto che Pechino avrebbe conquistato parte della sua leadership anche grazie a pratiche commerciali sleali, fondate sulla vasta elargizione di sussidi statali che hanno distorto il mercato e avvantaggiato le aziende del made in China.
In Europa, l’ombra della concorrenza sleale cinese, dopo essersi allungata su fotovoltaico e auto elettriche, si sta allargando all’eolico, con l’avvio di una nuova indagine anti sovvenzioni annunciata da Bruxelles.
Gli Stati Uniti stanno cercando di proteggersi con gli incentivi fiscali dell’Inflation Reduction Act, volti a favorire le produzioni made in America di materiali e componenti per diverse tecnologie pulite; tanto che la Cina si è già rivolta all’Organizzazione mondiale del commercio affermando che i crediti d’imposta Usa, vincolati al contenuto locale dei prodotti, ledono i principi del libero scambio commerciale.
L’Unione europea invece sta finalizzando il Net Zero Industry Act, con una serie di misure per tentare di promuovere le industrie degli Stati membri nel fotovoltaico e in altri comparti, ad esempio tramite i criteri “non di prezzo” da inserire nelle aste pubbliche per le rinnovabili.
L’Europa in questo momento è leader nella quota di produzione elettrica da eolico e fotovoltaico, anche se la quantità maggiore di potenza installata, in termini assoluti, è in Cina. La Cina è anche in testa nelle vendite di auto elettriche, ma l’Europa non è molto indietro.
Ci sono quindi “ancora molte gare da giocare nella transizione energetica”, sostiene il Rocky Mountain Institute.
Difatti, solo il 15% dell’elettricità mondiale proviene da energia solare ed eolica e solo il 20% dell’energia finale proviene dall’elettricità. Ciò significa che è in pieno svolgimento “una corsa per sviluppare le tecnologie del futuro in ogni singolo settore di utilizzo finale, dall’acciaio al cemento, dal riscaldamento al volo”.
Inoltre, evidenzia il rapporto, molte delle materie prime per la transizione energetica provengono dall’esterno della Cina, come il litio da Australia e Cile. Gran parte della lavorazione di queste materie prime avviene in Cina, “ma potrebbe essere effettuata più vicino a dove vengono estratte”.
Inoltre, le tecnologie di riciclo potrebbero offrire “l’opportunità di trasformare i centri di domanda in centri di approvvigionamento di minerali grezzi, estraendo i minerali dalle tecnologie pulite a fine vita”.
Nel frattempo, rimarca l’istituto americano, l’innovazione sta accelerando in diversi mercati, ad esempio in Giappone, Corea, India e anche nelle economie emergenti nel sud del mondo (Asia, Africa, America Latina) c’è un enorme potenziale per la transizione energetica e la creazione di nuove imprese.
Come sottolineato di recente dalla società di consulenza Wood Mackenzie, la strada probabilmente migliore sarà trovare un compromesso tra avanzata cinese low-cost e rilancio delle industrie in Occidente, intensificando la cooperazione internazionale. Gran parte del boom delle energie rinnovabili si fonda proprio sulla riduzione dei costi garantita dalle produzioni di massa in Cina di pannelli, turbine, batterie: un vantaggio che non si può perdere, se si vuole costruire sempre più rapidamente una nuova economia a zero emissioni.
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