Net Zero: i soldi ci sono, ma spendiamo più in armi che per il clima

Tra le grandi potenze, Cina e Germania spendono, in rapporto al Pil, più in decarbonizzazione che in difesa, mentre Usa e India investono più in armi che in transizione energetica.

ADV
image_pdfimage_print

Provare a rallentare e gestire il cambiamento climatico non costerà poco: 4,8 trilioni di dollari da spendere ogni anno da qui al 2030 in tecnologie energetiche pulite.

Questa cifra però è solo una frazione del Pil globale: non si tratta dunque tanto di trovare il denaro, quanto di incanalare la spesa nella transizione. Specie se si considera, ad esempio, che ad oggi spendiamo molto di più per le armi che per tentare di mantenere abitabile il Pianeta.

Lo mostra un’analisi pubblicata nei giorni scorsi da BloombergNEF. Gli investimenti globali nella transizione energetica, aumentati di circa sei volte negli ultimi dieci anni, nel 2023 hanno raggiunto la cifra record di 1,8 trilioni di dollari, mostra la società di consulenza.

Parliamo, quindi, solo dell’1,7% del Pil mondiale speso per la decarbonizzazione, mentre, secondo l’International Institute for Strategic Studies, nello stesso anno le spese militari nel mondo sono arrivate al 2,1% del Pil, dopo aver raggiunto il massimo storico di 2,2 trilioni di dollari, spinte dalla guerra in Ucraina e dal conflitto in Medio Oriente (grafico sotto).

“La spesa per la difesa è un chiaro esempio di come si può reindirizzare il capitale quando c’è la volontà”, spiegano gli analisti Bnef. “La sua quota del Pil globale era fino a tre volte superiore negli anni ’60, durante la Guerra Fredda. Lo stesso discorso, con le dovute differenze, si potrebbe fare per la spesa sanitaria, arrivata quasi all’11% del Pil nel primo anno della pandemia di Covid-19”.

“Questo non vuol dire che il denaro debba essere dirottato dagli ospedali alle turbine eoliche. Ma queste crisi dimostrano che è possibile aumentare i finanziamenti e incoraggiare gli investimenti quando qualcosa è considerato una priorità”, commentano gli autori del briefing.

L’analisi contiene anche dati interessanti su quanto stanno facendo le varie potenze. La Cina è in testa nella spesa per la transizione energetica, sia come volume assoluto che come percentuale del proprio Pil nazionale.

Pechino nel 2023 ha investito in tecnologie pulite, soprattutto rinnovabili e mobilità elettrica, 676 miliardi di dollari, più di un terzo del totale globale. Quanto a quota del Pil nazionale, gli investimenti cinesi nella decarbonizzazione sono arrivati al 3,8%, più del doppio della citata media globale dell’1,7%.

Come si vede dal grafico qui sopra, l’Unione Europea, grazie ai piani REPowerEU e Fit for 55, investe in rapporto al Pil più soldi nella transizione della media mondiale, ma è grazie a Stati membri come Germania e Spagna, mentre, come si vede dal grafico sopra, l’Italia spende meno della media mondiale a parità di prodotto interno lordo. Anche potenze come Usa, Brasile e Giappone sono in ritardo.

Il grafico sotto (sempre da Bnef), fa vedere invece come Stati Uniti, Giappone e India, in termini di percentuale del Pil, spendono più in armamenti che in decarbonizzazione. È il contrario invece per la Germania e, forse in modo un po’ sorprendente, anche per la Cina, che in proporzione investono più in tecnologie pulite che in difesa.

Guardando al futuro, per evitare il disastro climatico, secondo lo scenario Net Zero di Bnef gli investimenti in energia pulita dovranno salire al 3,5-4% del Pil annuo per il resto di questo decennio.

“Le risorse – concludono gli analisti – teoricamente sono sufficienti per allinearsi con una traiettoria di zero emissioni nette, la domanda è se i settori pubblico e privato riusciranno a coordinarsi per ottenere finanziamenti nelle aree giuste, soprattutto nelle economie emergenti”.

ADV
×