L’ombra della concorrenza sleale anche sull’eolico cinese: avviata indagine Ue

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La vice-presidente della Commissione europea responsabile della Concorrenza, Margrethe Vestager, vuole far luce sui fornitori cinesi ai sensi del regolamento comunitario sulle sovvenzioni estere.

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Le turbine eoliche cinesi vengono vendute in Europa a prezzi molto più bassi rispetto a quelle fabbricate localmente, e con agevolazioni finanziarie particolarmente vantaggiose, ad esempio differendo fino a tre anni i pagamenti. Condizioni che, sottolinea Giles Dickson, ceo di WindEurope, sono “impossibili da praticare senza sussidi pubblici sleali”.

Ne è convinta anche l’Unione europea, tanto che la vice-presidente della Commissione responsabile della Concorrenza, Margrethe Vestager, ha annunciato ieri in un discorso alla Princeton University in New Jersey l’inizio di una indagine sui fornitori cinesi di turbine eoliche, ai sensi del regolamento europeo sulle sovvenzioni estere. Questa norma concede alla Commissione il potere di indagare sull’esistenza e sugli effetti delle sovvenzioni straniere e di imporre misure riparatorie, una volta accertata una distorsione della concorrenza.

L’Ue indagherà inizialmente sulle pratiche commerciali sleali in 5 mercati: Bulgaria, Francia, Grecia, Romania, Spagna. Un riflettore che Bruxelles ha già acceso sulle auto elettriche e sul fotovoltaico made in China.

La Camera di commercio cinese presso l’Ue ha espresso in una nota la sua “profonda insoddisfazione” per l’avvio dell’indagine, accusando Bruxelles, sulla base di alcune segnalazioni ricevute da aziende cinesi, di aver ampliato la definizione di “contributo finanziario estero” durante gli accertamenti, includendo “numerosi elementi che in realtà non si qualificano come sussidi” allo scopo di “soffocare i risultati degli investimenti di lunga data in ricerca e sviluppo da parte delle nostre imprese”.

Nel suo intervento alla Princeton University, Vestager ha poi spiegato come Pechino sia arrivata a dominare l’industria dei pannelli solari: “In primo luogo, attraendo investimenti esteri nel suo ampio mercato interno, di solito attraverso joint-venture; poi, acquisendo la tecnologia, e non sempre in modo corretto; infine, concedendo massicci sussidi ai fornitori nazionali, chiudendo contemporaneamente e progressivamente il mercato interno alle imprese straniere”. Così la Cina è riuscita a creare le condizioni per esportare i volumi in eccesso verso il resto del mondo a prezzi bassi.

Il rischio è che la situazione possa ripetersi nel comparto eolico. Secondo il rapporto “2023 Global Wind Turbine Market Shares” di BloombergNEF, lo scorso anno le aziende del Paese asiatico hanno ricevuto commesse per progetti eolici pari a 1,7 GW in 20 mercati stranieri. Nella classifica dei maggiori esportatori, tra i primi cinque posti quattro sono cinesi: l’unico europeo è la danese Vestas, al terzo posto.

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Un fenomeno che, ha avvertito Vestager, “è pericoloso non solo per la nostra competitività, ma anche per la nostra sicurezza economica”.

Il settore è infatti strategico per l’Europa anche dal punto di vista occupazionale: l’industria eolica europea impiega 300mila persone e contribuisce con 49 miliardi di euro al Pil comunitario.

Allo stato attuale – riferisce WindEurope – quasi tutte le turbine costruite in Europa sono prodotte da aziende europee e assemblate localmente. Nel suo discorso sullo stato dell’Unione dello scorso settembre, la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen ha affermato che “il futuro della nostra industria delle tecnologie pulite deve essere realizzato in Europa”.

Bruxelles punta molto sull’eolico per rafforzare la propria sicurezza energetica: lo scorso ottobre è stato adottato il pacchetto sull’energia eolica, per aumentare la capacità installata dagli attuali 220 GW a 425 GW entro il 2030 e 1.300 GW entro il 2050.

A dicembre 2023 tutti i Paesi membri tranne l’Ungheria hanno inoltre firmato la European Wind Charter, un documento con il quale si impegnano a “garantire un canale sufficiente, solido e prevedibile per la diffusione dell’energia eolica che copra almeno il periodo 2024-2026”, rafforzando anche la produzione di turbine nel nostro continente, ad esempio modificando le regole delle aste per le rinnovabili con l’introduzione di criteri non di prezzo legati alla sostenibilità ambientale, alla sicurezza informatica e alla governance aziendale.

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