La Cina si è rivolta al Wto, l’Organizzazione mondiale del commercio, per chiedere giustizia contro gli incentivi americani dell’Inflation Reduction Act (Ira): secondo Pechino violerebbero i principi del libero scambio, penalizzando i prodotti cinesi.
La notizia dell’avvio di una procedura di risoluzione delle controversie contro gli Usa è stata data martedì scorso, 26 marzo, dalla missione cinese al Wto e confermata dalla stessa Organizzazione mondiale del commercio e dagli Usa.
Secondo l’accusa, gli aiuti dell’Ira sarebbero “discriminatori”, dato che escludono dal mercato Usa merci provenienti dalla stessa Cina e da altri paesi del Wto.
Come noto, lo storico programma approvato dall’amminsitrazione Biden nel 2022 prevede miliardi di dollari in crediti d’imposta, sia per il consumo che per la produzione, soprattutto su batterie, veicoli elettrici e rinnovabili.
Sussidi che “sotto la maschera della risposta al cambiamento climatico, della riduzione delle emissioni di CO2 e della protezione dell’ambiente, sono in realtà subordinati all’acquisto e all’utilizzo di beni provenienti dagli Stati Uniti, o importati da alcune regioni particolari”, denuncia la missione cinese al Wto.
Da qui il procedimento, avviato “per salvaguardare gli interessi legittimi dell’industria cinese dei veicoli elettrici e per mantenere condizioni di concorrenza eque per il mercato globale”.
La rappresentante per il Commercio Usa, Katherine Tai, in una nota ufficiale ha affermato che Washington sta esaminando la richiesta della Cina di consultazioni al Wto “per quanto riguarda parti dell’Inflation Reduction Act del 2022 e le sue misure di attuazione”.
“L’Inflation Reduction Act è uno strumento innovativo con cui gli Stati Uniti possono affrontare seriamente la crisi climatica globale e investire nella competitività economica degli Stati Uniti. È il nostro contributo a un futuro di energia pulita che stiamo cercando collettivamente con i nostri alleati e partner”. Nel frattempo, la Cina “continua a utilizzare politiche e pratiche sleali e non di mercato per compromettere la concorrenza leale e perseguire il dominio dei produttori cinesi sia nella RPC che nei mercati globali”, si legge nella riposta Usa.
Sottolineando che gli Stati Uniti stanno “costruendo un’economia basata sull’energia pulita, alimentata da innovatori, lavoratori e produttori americani che creeranno posti di lavoro sindacalizzati e ben retribuiti, Tai aggiunge che gli Usa “continueranno inoltre a collaborare con alleati e partner per affrontare le politiche e le pratiche ingiuste e non di mercato” della Cina.
A Pechino, intanto, un portavoce del ministero del Commercio cinese, citato da Reuters, ha affermato di aver esortato Washington a “correggere tempestivamente le politiche industriali discriminatorie e a mantenere la stabilità delle catene industriali e di fornitura globali per i nuovi veicoli elettrici”.
Difficilmente però il ricorso al Wto produrrà effetti “tempestivi”: in genere servono sei mesi dopo la creazione di un collegio giudicante per arrivare a una sentenza dell’Organizzazione mondiale del commercio, spesso anche più tempo.