Per Volvo nuova fabbrica di auto elettriche in Slovacchia

La casa svedese riceverà 267 milioni di euro in sovvenzioni dirette, dopo il via libera Ue sugli aiuti di Stato. Intanto Ursula von der Leyen punta a nuovi accordi per le forniture di materie prime critiche per i veicoli elettrici, cercando alternative alla Cina.

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Volvo può realizzare una nuova fabbrica di auto elettriche in Slovacchia contando su 267 milioni di euro di sovvenzioni dirette dal governo.

L’ha deciso la Commissione europea approvando la misura di sostegno slovacca, che contribuirà agli obiettivi strategici Ue di sviluppo regionale in aree svantaggiate e creazione di posti di lavoro nell’ambito del Green Deal, si legge in una nota di Bruxelles.

La fabbrica sorgerà a Valaliky, presso Kosice; Volvo investirà circa 1,2 miliardi di euro nel progetto.

Dallo stabilimento usciranno circa 250mila veicoli elettrici l’anno, secondo le stime della capacità produttiva iniziale. Si parla di almeno 3.300 nuovi posti di lavoro diretti.

Secondo Bruxelles, i sussidi sono in linea con le norme Ue sugli aiuti di Stato. In particolare, evidenzia la nota, “l’aiuto ha un effetto di incentivazione poiché, senza il sostegno pubblico, il beneficiario [Volvo] realizzerebbe il progetto in una località alternativa al di fuori dello Spazio economico europeo”.

Inoltre, “la misura ha un impatto limitato sulla concorrenza e sugli scambi all’interno dell’Ue” ed è “necessario e opportuno realizzare il nuovo stabilimento produttivo di Volvo Car Slovacchia, contribuendo allo sviluppo regionale”.

Volvo, ricordiamo, punta a immettere sul mercato il 100% di modelli totalmente elettrici entro il 2030. Lo scorso anno, si legge nel rapporto sulla sostenibilità pubblicato a inizio marzo, la casa svedese, parte del gruppo cinese Geely, ha venduto più di 113mila vetture “full electric”, in crescita del 70% sul 2022, che rappresentano il 16% delle sue vendite globali.

A febbraio 2024, Volvo ha venduto 50.315 automobili in tutto il mondo, con una quota di elettrico pari al 22%, la più alta di sempre (la quota sale al 44% contando anche i modelli ibridi plug-in).

Intanto, parlando ieri (8 aprile) al Clean Transition Dialogue on Mobility a Bruxelles, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha rimarcato l’importanza di investire sui trasporti puliti a livello di infrastrutture e carburanti sostenibili.

In particolare, si è focalizzata sulle catene di approvvigionamento e sul ruolo dominante della Cina nelle forniture di materie prime critiche.

“La Cina, in 20-30 anni, ha organizzato strategicamente l’intera scena critica delle materie prime a livello globale” e ora “possiede sostanzialmente la stragrande maggioranza delle miniere in tutto il mondo, ottiene la materia prima, la trasforma in Cina e ha sostanzialmente il monopolio” su alcuni materiali strategici, ha sottolineato.

“La maggior parte dei miei viaggi in altre regioni del mondo – ha aggiunto von der Leyen – sono accompagnati dalla firma di contratti per materie prime critiche. Ciò che ci distingue dalla Cina è che diciamo ai nostri nuovi partner: ‘Guardate, non vogliamo prendere il prodotto grezzo, vi aiutiamo a stabilire la catena del valore a livello locale nel vostro Paese’ […]”, in modo da diversificare l’offerta e ridurre la dipendenza dalla Cina.

E la Cina si prepara a diventare sempre più dominante anche nelle vendite globali di veicoli elettrici.

Nel 2024, secondo le stime di Transport&Environment (TE), un’auto elettrica su quattro venduta in Europa sarà di importazione cinese, contando sia i marchi cinesi “puri”, come il colosso in ascesa BYD, sia i modelli fabbricati in Cina per marchi occidentali come Tesla e BMW.

A inizio marzo, la Commissione Ue ha pubblicato il regolamento di esecuzione che impone di registrare le importazioni di veicoli elettrici dalla Cina, passo necessario per l’eventuale successiva imposizione di maggiori dazi compensativi.

Bruxelles ha ritenuto, infatti, di avere “sufficienti elementi di prova” sull’esistenza di sovvenzioni elargite da Pechino, sotto forma di contributi finanziari di vario tipo, con cui sostenere le esportazioni di auto 100% elettriche a prezzi molto più bassi rispetto a quelli delle aziende concorrenti (cosa che darebbe alla Cina un indebito vantaggio competitivo e industriale).

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