Politiche climatiche Ue: servono 406 mld € in più l’anno per gli obiettivi 2030

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Le risorse aggiuntive annuali che mancano ancora all’appello sono pari al 2,6% del Pil dell’Unione, secondo un nuovo rapporto di I4CE. E le prospettive economiche non sono favorevoli.

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A meno di 7 anni dalla fine del 2030, manca ancora all’appello la metà degli investimenti necessari a raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione che l’Unione europea si è posta per la fine del decennio.

Servono almeno 813 miliardi di euro all’anno in 22 settori economici per una riduzione netta del 55% delle emissioni di gas serra entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.

“Poiché gli investimenti nell’economia reale hanno raggiunto i 407 miliardi di euro nel 2022, ciò lascia un deficit di investimenti climatici in Europa di 406 miliardi di euro all’anno, pari al 2,6% del Pil”, si legge in un rapporto pubblicato da Climate Economics (I4CE), un centro-studi indipendente presieduto da Jean Pisani-Ferry, ex consigliere del governo francese.

Questo dato rappresenta l’altra faccia della medaglia di un’altra carenza, evidenziata da un recente rapporto della Banca centrale europea, secondo cui il 90% delle 95 maggiori banche dell’area euro non è allineato, quanto ai prestiti concessi, con gli obiettivi di decarbonizzazione dell’Accordo di Parigi.

Gli investimenti devono quindi raddoppiare affinché l’Ue possa centrare i suoi obiettivi climatici a fine decennio. I comparti che devono attirare i maggiori investimenti aggiuntivi sono l’eolico onshore e offshore, le reti elettriche, la ristrutturazione degli edifici residenziali e non residenziali e, soprattutto, i veicoli elettrici, dove il divario è di 79 miliardi di euro, come mostra il grafico tratto dal rapporto.

Approccio globale per l’obiettivo

Il rapporto ha tracciato gli investimenti pubblici e privati nei settori economici fondamentali per la decarbonizzazione, cioè energia, edifici e trasporti, e arriva mentre le istituzioni Ue si preparano al prossimo mandato quinquennale, dal 2024 al 2029, che inizierà dopo le elezioni europee di giugno.

Per colmare il divario degli investimenti verdi sarà necessario “un approccio globale” che comprenda regolamenti, politiche di tariffazione della CO2 e “alcuni finanziamenti pubblici aggiuntivi dell’Ue”, secondo I4CE.

Ciò comporterà necessariamente affrontare “questioni politiche” come i vincoli imposti dalle norme fiscali dell’Ue sulla spesa nazionale, il ruolo dei fondi europei nel sostenere le politiche verdi e le potenziali nuove fonti di finanziamento dell’Unione.

All’inizio del mese, gli Stati membri hanno concordato una riforma delle regole di spesa. Tuttavia, hanno previsto solo uno spazio limitato per ulteriori investimenti verdi, sotto la pressione di Paesi “frugali” come la Germania, che vogliono ripristinare regole di spesa più rigide per l’Ue, dopo la loro sospensione nel periodo della pandemia Covid-19 e della crisi energetica.

“La Commissione europea deve valutare meglio e affrontare il deficit di investimenti climatici dell’Ue, o rischia che il Green Deal non mantenga le sue promesse economiche, sociali e ambientali”, ha avvertito I4CE nel suo rapporto, consultabile dal link in fondo a questo articolo.

Nuove fonti di finanziamento?

Si stanno ipotizzando nuove potenziali fonti di finanziamento, come la continuazione del piano “Next Generation Eu” da 800 miliardi di euro, lanciato in seguito alla pandemia di coronavirus, che ha introdotto per la prima volta il debito comune dell’Ue.

Come sottolinea il rapporto, tuttavia, tutte queste soluzioni richiedono il sostegno politico dei 27 leader dell’Unione.

La stessa Commissione europea ha riconosciuto che saranno necessari ingenti investimenti per raggiungere i suoi obiettivi climatici, indicando che tra il 2030 e il 2050 saranno necessari 1.500 miliardi di euro l’anno per centrare i target di emissioni nette zero per l’energia e i trasporti.

I dati della Commissione, illustrati nel piano di obiettivi climatici raccomandati per il 2040, sottolineano inoltre l’importanza di un accordo di decarbonizzazione industriale per rispettare gli obiettivi ecologici dell’Ue, facendo eco agli appelli della Presidente Ursula von der Leyen nel suo ultimo discorso sullo stato dell’Unione a settembre.

Lunedì 19 febbraio, la Presidente della Commissione ha presentato ufficialmente la sua candidatura per un secondo mandato e il raggiungimento degli obiettivi climatici al 2030 è già stato indicato come una delle principali sfide per la prossima legislatura dell’Ue.

Da giovedì a sabato, i ministri delle Finanze dell’Ue si riuniranno a Gand, in Belgio, per discutere le prospettive economiche dell’area, comprese le future politiche della Banca europea per gli investimenti e una sessione di lavoro con l’ex capo della Banca centrale europea, Mario Draghi, incaricato a settembre di preparare una relazione sul futuro della competitività europea.

Le prospettive al momento sono piuttosto grigie, con la maggiore economia dell’eurozona, la Germania, destinata a entrare in recessione nel trimestre in corso e la Francia che lo scorso fine settimana ha ridotto le sue previsioni di crescita, in una fase in cui anche la Commissione ha tagliato le proprie stime per il 2024.

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