Elezioni europee e transizione energetica: rompere il silenzio sulle posizioni più conservatrici

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Il programma del Partito Popolare Europeo è orientato sempre più a destra, anche in tema di politiche europee energetico-climatiche. È ora che ambientalisti e associazioni di settore denuncino le conseguenze economiche e sociali di queste posizioni.

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Uno scoop del quotidiano “Politico” ha reso pubblica la bozza del programma predisposto per le prossime elezioni europee dal PPE (Partito Popolare Europeo), cui aderisce Forza Italia.

Non sorprende lo spostamento su posizioni più conservatrici. Era prevedibile alla luce di alcune recenti prese di posizione, come il sostegno alla richiesta degli agricoltori europei di ritirare la Nature Restoration Law, proposta dalla Commissione europea per proteggere almeno il 20% della superficie terrestre e marina dell’Ue entro il 2030; appoggio che ha provocato lo smottamento della maggioranza Ursula.

L’Europarlamento ha respinto una risoluzione tesa a non adottare il regolamento per il ripristino della natura, ma con una maggioranza risicata, ottenuta grazie all’apporto dei voti dei Verdi.

Il cambiamento di rotta è innanzi tutto evidente nelle proposte di politiche anti-migratorie più restrittive: triplicare il numero delle guardie alla frontiera dell’Unione, esaminare al di fuori dell’Ue un numero maggiore di richieste di asilo (sulla scia dell’accordo meloniano con l’Albania, moltiplicare gli accordi con paesi terzi per impedire la partenza dei migranti).

Tutte proposte che avvicinano il PPE alle posizioni di un tradizionale partito di destra – Conservatori e riformisti europei, cui aderisce Fratelli d’Italia, sfiorando gli estremismi del Partito Identità e democrazia, dove milita la Lega.

Un cambiamento altrettanto clamoroso è la richiesta di abrogare il divieto di immatricolazione, a partire dal 2035, delle auto a combustione interna, cioè uno dei pilastri della politica energetico-climatica portata avanti in questo quinquennio dalla von der Leyen e dall’ex Commissario Frans Timmermans.

Come alternativa, la bozza del programma elettorale del PPE avanza soltanto proposte generiche: “concezioni innovative e misure in sintonia con le regole del mercato per la protezione climatica, come l’emission trading, la crescita delle rinnovabili e l’economia circolare”.

“Parole, parole, parole”, avrebbe commentato il principe Amleto, mentre Marcello, una delle guardie del Re, avrebbe aggiunto che “c’è del marcio nel regno di Danimarca”.

Finora in Italia non si è sentito un Amleto e neppure un semplice Marcello interrompere il vacuo confronto fra chi si candida e non si candida come capolista alle elezioni europee, ricordando che altri sono i temi su cui occorre misurarsi.

Un silenzio che, almeno da parte del movimento ambientalista e delle associazioni che rappresentano gli operatori attivi nella transizione energetica, va assolutamente rotto di fronte al piatto per loro indigesto che sta cucinando il PPE, presumibile partito di maggioranza relativa anche nel prossimo Europarlamento, dato che i sondaggi (poll of polls) del 15 gennaio scorso, allegati allo scoop di Politico, gli attribuisce 171 seggi su 705.

I partiti italiani, anche se molte volte solo a parole maggiormente favorevoli ad accelerare l’attuazione di misure che decarbonizzino il sistema economico, vanno sollecitati a inserire tra le priorità della loro campagna elettorale la denuncia delle conseguenze economiche e sociali provocate dalle posizioni di retromarcia già assunte o previste dal PPE, accompagnandola con proposte non solo volte a contrastarle, ma anche in grado di avere un impatto positivo sulla società e sull’economia italiane.

E con il tutt’altro che trascurabile risultato di costringere gli altri partiti a rompere il loro comodo muro di silenzio su questi temi.

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