Extra costi del nucleare esistente: in Belgio chiesto prezzo minimo di 82 €/MWh

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La richiesta iniziale di Engie per prolungare di dieci anni la vita utile di due reattori. Il governo punta a un accordo entro fine giugno. Le indiscrezioni sui negoziati in corso riportate dalla stampa belga.

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Il nucleare costa parecchio, anche per estendere la vita utile degli impianti esistenti.

Altre notizie che portano a questa conclusione arrivano dal Belgio, dove Engie avrebbe chiesto una tariffa minima garantita di 82 euro/MWh per l’energia prodotta in futuro dai reattori già esistenti Doel 4 e Tihange 3.

Lo riferisce il quotidiano belga De Tijd, parlando dei negoziati in corso tra il governo e il colosso energetico francese che gestisce gli impianti nucleari.

La chisura dei due reattori da 1 GW di potenza ciascuno era prevista nel 2025, ma con la crisi energetica si è  deciso di rinviare l’uscita dall’atomo. A gennaio 2023, il primo ministro Alexander de Croo aveva annunciato la firma di un accordo di massima con Engie per prolungare di dieci anni il funzionamento  delle due unità.

Diversi punti però sono ancora da chiarire; il governo, si legge nelle indiscrezioni riportate dal quotidiano belga, punta a trovare un accordo definitivo entro questo mese di giugno. Si parla di un Progetto Phoenix per estendere la durata dei reattori atomici, con un focus sulle questioni finanziarie.

Nel complesso, è ora previsto un investimento di 1,9 miliardi di euro per consentire a  Doel 4 e Tihange 3 di rimanere in attività per altri dieci anni, quasi il doppio del miliardo stimato inizialmente.

In base all’accordo iniziale, i costi del prolungamento sarebbero stati divisi 50:50 tra l’azienda e lo Stato belga per dieci anni, che avrebbe anche condiviso i profitti della produzione energetica.

Tuttavia, per tutelarsi da eventuali rischi finanziari, Engie – riferisce De Tijd – ha proposto due cose: un rendimento minimo annuo garantito sul suo investimento pari al 4% (anche in caso di stop di reattori) e la certezza di non vendere energia elettrica in perdita, in caso di prezzi elettrici in diminuzione sul mercato spot (si veda quel che sta succedendo in Finlandia dopo la messa in esercizio di Olkiluoto 3).

Quindi vorrebbe una tariffa minima garantita di 82 euro/MWh per il periodo 2025-2035: lo Stato dovrebbe pagare a Engie la differenza, se i prezzi scendessero sotto questa soglia, peraltro senza un tetto ai ricavi massimi che la stessa Engie potrebbe ottenere.

Un altro aspetto da definire è il costo massimo che Engie dovrebbe sostenere per lo smaltimento delle scorie nucleari, oggetto di un accordo a parte. Anche in questo caso, la società francese sta cercando di ottenere condizioni vantaggiose per limitare i suoi esborsi finanziari.

Nelle scorse settimane, il governo belga avrebbe presentato una contro-proposta più equilibrata, che prevede un prezzo minimo garantito di 50 euro/MWh e un price cap di 70 euro/MWh.

In pratica, sarebbe un contratto “a due vie” con lo Stato che compensa la differenza se i prezzi scendono sotto 50 euro e un tetto ai ricavi di Engie.

Engie, si spiega, avrebbe concordato di dover scegliere tra un ritorno sull’investimento garantito o un prezzo minimo garantito per la sua energia nucleare. La combinazione delle due cose sarebbe impraticabile, anche perché rischierebbe di essere bocciata dalla Commissione Ue nell’ambito della normativa sugli aiuti di Stato.

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