Rinascita nucleare, alimentata da ideologia e soldi facili (per alcuni)

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In Italia la maggioranza di governo continua a perorare un ritorno al nucleare. Ma nessuna innovazione è alle porte. Solo suggestioni che non fanno i conti con la realtà.

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La costruzione di nuove centrali nucleari in occidente è affetta ormai da anni da una doppia sindrome: lievitazione dei costi e dei tempi di realizzazione.

Motivi per cui l’opzione atomica è sempre meno conveniente e affidabile rispetto alle fonti rinnovabili.

Un reattore EPR di progettazione francese in Finlandia doveva costare 3 miliardi di euro e aprire nel 2009. Ha invece iniziato a produrre elettricità solo nel 2023, con un costo di 11 miliardi di euro.

Stessa storia in Francia, dove l’EPR di Flamanville avrebbe dovuto entrare in funzione nel 2012 al costo di 3,5 miliardi di euro. Invece è ancora in costruzione e i costi sono lievitati a 12,4 miliardi di euro.

E l’Europa è la regola, non l’eccezione. L’AP-1000 della statunitense Westinghouse ha avuto problemi anche peggiori.

Le due unità in costruzione nella Carolina del Sud sono state abbandonate nel 2017, dopo un investimento di 9 miliardi di dollari. I due reattori in Georgia dovevano essere avviati nel 2016/2017 ad un costo di 14 miliardi di dollari.

Un’unità è stata avviata invece nell’aprile del 2023, mentre la seconda dovrebbe essere allacciata entro quest’anno, ad un costo totale di oltre 30 miliardi di dollari.

I piccoli reattori modulari sono la soluzione?

In questo quadro, i piccoli reattori modulari (SMR) rappresenterebbero l’ultima frontiera per salvare l’energia nucleare da ritardi ed extra-costi cronici.

Anche in Italia, l’opzione nucleare, abbandonata dopo il referendum del 1987, torna spesso negli intenti del governo Meloni. Ultimo in ordine di tempo, è stato il vicepremier e ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, a perorare il ritorno dell’Italia al nucleare.

“Se tornassimo domani, come io auspico e cercherò di fare convocando un tavolo sul nucleare, nella famiglia del progresso e dello sviluppo, in 7 anni si avrà un primo reattore modulare operativo“, ha detto il vicepremier la settimana scorsa.

La rinascita del nucleare sotto forma di piccoli reattori modulari solletica l’immaginazione popolare e della politica, ma non poggia su una concreta innovazione tecnologica e si scontra con una serie di fattori pratici, ha fatto notare, Allison Macfarlane, direttore della School of Public Policy and Global Affairs della University of British Columbia, in Canada, ed ex presidente della Nuclear Regulatory Commission, l’autorità di regolamentazione della sicurezza nucleare Usa.

Macfarlane ha espresso tale posizione in relazione alla notizia secondo cui Oklo, un’azienda californiana che ha progettato un SMR chiamato “Aurora”, si quoterà in borsa con l’obiettivo di raccogliere 500 milioni di dollari.

Negli Stati Uniti, in Canada, nel Regno Unito, in Europa, in Cina e altrove esistono molte nuove aziende attive nel campo dei piccoli reattori modulari, con numerose iniziative. Ma “la maggior parte di queste sono solo idee progettuali. Pochissimi degli SMR proposti sono stati dimostrati e nessuno è disponibile in commercio, tanto meno autorizzato da un’autorità di regolamentazione”, ha detto l’ex presidente della NRC.

SMR, costi aumentati del 62%

Un’altra azienda statunitense, NuScale, detiene l’unico schema di SMR negli Stati Uniti che ha ricevuto la “certificazione di progetto” dalla NRC.

NuScale ha un accordo con un consorzio di utility per costruire i primi reattori nell’Idaho. Ma NuScale non costruirà il progetto già certificato, poiché ha presentato una nuova domanda alla NRC per costruire un modello di reattore più grande e presumibilmente più economico.

Le stime dei costi del reattore sono aumentate da 55 $/MWe nel 2016 a 89 $/MWe nel 2023, cioè di quasi il 62%, secondo l’Institute for Energy Economics and Financial Analysis. Molti dei progetti di SMR non ad acqua leggera saranno probabilmente ancora più costosi, secondo recenti analisi

Un nuovo studio del Massachusetts Institute of Technology suggerisce poi che gli SMR avranno costi significativamente più elevati rispetto ai grandi reattori ad acqua leggera, sia per la costruzione che la manutenzione.

Diseconomie di scala degli SMR

I progettisti di piccoli reattori modulari puntano sulla realizzazione standardizzata in fabbrica per evitare le insidie della costruzione di reattori di grandi dimensioni in cantiere. L’AP-1000 dovrebbe però insegnare cautela, secondo Macfarlane.

“Anch’esso è un progetto modulare, ma una fabbrica di Lake Charles, in Louisiana, non è riuscita per anni a produrre moduli saldati correttamente. La centrale nucleare della Georgia ha dovuto costruire un proprio impianto di saldatura per risaldare i moduli in arrivo, con conseguenti sovraccarichi di costi e ritardi”, ha scritto la docente dell’università canadese.

“La riduzione dei costi perché fai tutto in fabbrica non riesce mai a compensare le diseconomie di scala legate al fatto di dover realizzare tanti sistemi di piccola dimensione”, ha detto a QualEnergia.it G.B. Zorzoli, fisico nucleare di formazione e presidente onorario del Coordinamento FREE.

Costi del combustibile degli SMR

L’aumento dei costi riguarda anche il combustibile. La maggior parte dei progetti non ad acqua leggera richiede infatti combustibile ad alto arricchimento di uranio (HALEU), cioè combustibile arricchito tra il 10 e il 19,99% nell’isotopo uranio-235, appena sotto al livello del cosiddetto “uranio altamente arricchito”, adatto per le bombe nucleari.

Attualmente, però, le uniche aziende al mondo in grado di produrre HALEU sono in Russia. Questo pone un problema geopolitico e uno economico.

Da un lato, ad oggi e per il futuro prevedibile, è estremamente improbabile che un produttore russo di HALEU fornisca uranio di grado quasi militare ad un’azienda americana e che il governo Usa o quelli europei lo accettino.

Dall’altro, anche se non ci fossero problemi geopolitici, una qualunque azienda di arricchimento, anche non russa, pretenderebbe delle garanzie da parte dei produttori di reattori prima di investire nello sviluppo della capacità per la realizzazione di HALEU.

Ma poiché gli SMR su scala commerciale sono ancora lontani, sempre ammesso che siano realizzabili, risulta molto rischioso investire. E ciò rende ancora più complicato lo sviluppo degli SMR.

L’uso dell’HALEU comporterà anche un aumento dei requisiti di sicurezza che faranno lievitare il prezzo del carburante. Così come i piccoli reattori in quanto tali, vista la loro prevista diffusione sul territorio, farebbero lievitare i costi relativi alla sicurezza rispetto a possibili manomissioni o attacchi terroristici.

C’è poi la questione dell’accettabilità sociale, che rende altamente improbabile la diffusione di tante piccole centrali nucleari su territori come quello italiano, dove si fa molta fatica ad autorizzare non solo gli impianti eolici, ma anche quelli fotovoltaici, fa notare Zorzoli.

Problemi maggiori di scorie

Le dimensioni ridotte dei reattori possono anche comportare un volume di rifiuti relativamente maggiore rispetto ai grandi reattori ad acqua leggera esistenti.

Una recente analisi dell’Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti ha infatti rilevato che i reattori avanzati non risolvono il problema delle scorie nucleari e che possono, anzi, aggravarlo, secondo Macfarlane.

“Alcuni progetti di reattori produrranno un volume di scorie ad alta attività significativamente superiore a quello degli attuali reattori ad acqua leggera, mentre altri progetti produrranno scorie che richiedono un trattamento chimico prima dello smaltimento. Questi problemi sono relativamente poco esaminati e andranno ad aumentare il prezzo finale della nuova tecnologia”, ha detto.

Una macchina da soldi, non per la corrente

Alla luce di queste premesse, se questi reattori non saranno pronti per altri decenni o forse mai, come fanno gli investitori a guadagnarci?

“Prima ancora di vendere energia, queste aziende si quotano in borsa ed è così che gli investitori iniziali fanno soldi… funziona così”, ha detto Ray Rothrock, operatore di venture capital, in risposta ad una domanda della stessa Macfarlane durante la riunione di un comitato dell’Accademia Nazionale di Ingegneria Usa di cui entrambi sono membri.

Il produttore di SMR, cioè, non ha fatto ancora soldi e forse mai li farà, ma gli investitori che hanno fornito i capitali iniziali ricevendo in cambio quote della società a prezzi convenienti, rivendono le loro azioni sul mercato a prezzi molto più alti quando la società si quota in borsa, scaricando i rischi di probabili perdite su nuovi acquirenti disposti a credere a promesse spesso infondate.

Non aiuteranno la decarbonizzazione

Visto che gli SMR non saranno pronti per molto altro tempo, è poi altamente improbabile che abbiano un impatto sulla riduzione delle emissioni di CO2 entro il 2030 o anche il 2050.

Ciò nonostante, stanno calamitando già adesso investimenti ingenti, distogliendo risorse da tecnologie più pronte e affidabili, col risultato che la decarbonizzazione non solo non ne trarrà guadagno, ma potrebbe esserne anche ritardata.

Come per la bolla di investimenti cha sta montando attorno all’idrogeno per applicazioni senza senso, anche sul fronte nucleare ci sono molti politici e imprenditori che rischiano di alimentare false speranze, dove a guadagnarci saranno solo alcuni investitori e operatori. Tutti gli altri rimarranno probabilmente con un pugno di mosche in mano, senza che sia mai stato generato un singolo kWh da SMR.

“Non è cambiato sostanzialmente nulla. Non esiste nessuna novità tecnologica o economica nella fissione atomica che giustifichi il rilancio del nucleare in Italia. Anzi, la domanda di elettricità soddisfatta dal nucleare è andata declinando sempre di più, con la produzione di energia nucleare che è diminuita del 20% tra il 2006 e il 2021 in Europa”, ha concluso Zorzoli, definendo la suggestione del nucleare “un’arma di distrazione di massa”.

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