Gli impegni climatici delle grandi aziende petrolifere e del gas, sia quelle europee che quelle americane, restano completamente incompatibili con i traguardi fissati dagli accordi di Parigi e con le strategie “net zero” per azzerare le emissioni di CO2 entro metà secolo.
A confermare questo andamento è il rapporto “Big Oil Reality Check” pubblicato da Oil Change International (organizzazione indipendente di ricerca sui costi sociali e ambientali delle fonti fossili), che considera “gravemente insufficienti” i piani climatici delle compagnie petrolifere.
Lo studio ha analizzato gli ultimi impegni ambientali di BP, Chevron, Eni, Equinor, ExxonMobil, Repsol, Shell e TotalEnergies rispetto a una decina di benchmark che consentono di verificare quanto le loro politiche industriali siano allineate agli obiettivi climatici internazionali; si veda la tabella sotto.
Tra questi criteri di valutazione troviamo, ad esempio, quelli che riguardano le ambizioni delle aziende a fermare le attività per esplorare e mettere in produzione nuovi giacimenti di idrocarburi e a fissare traguardi di riduzione delle emissioni in termini assoluti, senza ricorrere alle tecnologie e soluzioni per catturare o compensare le emissioni di CO2.
Emerge però che queste otto compagnie sono coinvolte in oltre 200 progetti di espansione oil&gas in via di approvazione dal 2022 al 2025, pressoché equivalenti alle emissioni di 77 nuove centrali a carbone.
In particolare, Chevron ed ExxonMobil sono valutati come gravemente insufficienti in tutti i criteri.
In definitiva, secondo Oil Change International, nessuna grande compagnia petrolifera e del gas considerata in questa analisi si avvicina al minimo indispensabile per essere allineata a quell’obiettivo massimo di +1,5 gradi.
Anche un recente rapporto del think tank Carbon Tracker evidenziava che Big Oil continua a giocare di azzardo sui cambiamenti climatici: i petrolieri, infatti, scommettono tantissimo su costose tecnologie di mitigazione che non hanno dimostrato di essere efficaci su vasta scala, mettendo così a rischio i loro stessi investitori.
Le aziende del fossile fanno anche molto greenwashing: sostengono di essersi impegnate a ridurre le emissioni di anidride carbonica con piani industriali che però, alla prova dei fatti, non sono credibili né sufficientemente ambiziosi.
Quindi proseguono le loro attività tradizionali di estrazione, produzione e trasporto di gas e petrolio, puntando in gran parte, come fa anche la nostra Eni, su soluzioni tampone come la riforestazione o la cattura della CO2 finalizzate a compensare le loro emissioni, ma molto parzialmente. Il gioco è proprio questo: compensare e non tagliare, così è possibile mantenere i propri asset fossili.
- Big Oil Reality Check (pdf)