Le emissioni di metano da fonti fossili non accennano a diminuire

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Sono aumentate leggermente anche nel 2023 a causa delle attività nel carbone, gas e petrolio su scala globale. Servono 170 miliardi di $ per ridurle del 75% al 2030. I dati della Iea.

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Le emissioni globali di metano da usi energetici non accennano a diminuire.

Anche nel 2023 sono rimaste prossime ai livelli record del 2019: quasi 120 milioni di tonnellate, in lieve aumento sul 2022 secondo le stime riportate dalla Iea nel Global Methane Tracker 2024 (link in basso).

Di queste 120 milioni di tonnellate, la maggior parte (49 Mt) è derivata dall’estrazione petrolifera, mentre carbone e gas sono stati responsabili, rispettivamente, di 40 e 29 milioni di tonnellate di metano emesse in atmosfera lo scorso anno. Le bioenergie hanno prodotto altre 10 Mt, principalmente per l’uso di biomassa tradizionale per cucinare.

Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia, 10 Paesi sono stati responsabili di circa 80 milioni di tonnellate di emissioni di metano da combustibili fossili nel 2023, due terzi del totale globale.

In cima a questa poco invidiabile classifica – ricordiamo che il metano è un potente gas serra con effetti molto pesanti sul surriscaldamento globale – troviamo gli Stati Uniti, che nel 2023 hanno generato la quantità maggiore di emissioni di metano associate alla produzione oil&gas, ben 13,3 Mt, seguiti dalla Russia con circa 11 Mt.

Mentre la Cina è in assoluto il principale emettitore di metano derivante dall’estrazione di carbone.

Nel complesso, lo scorso anno, le operazioni legate ai combustibili fossili hanno causato perdite di metano per 170 miliardi di metri cubi, più dell’intera produzione di gas del Qatar.

Ciò si deve a diversi fattori, come fughe da gasdotti e depositi di stoccaggio, fuoriuscite di metano da pozzi petroliferi e miniere di carbone, rilasci intenzionali tramite il flaring (combustione del metano indesiderato nei giacimenti fossili).

Se le aziende fossili non interverranno, evidenzia la Iea, sarà impossibile raggiungere gli obiettivi climatici internazionali. Per limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C come stabilito dall’Accordo di Parigi, le emissioni di metano derivanti dalle fonti fossili devono diminuire del 75% entro questo decennio.

Secondo il direttore esecutivo dell’Agenzia, Fatih Birol, “le tecnologie esistenti potrebbero ridurre sostanzialmente” tali emissioni; la citata riduzione del 75% al 2030 richiederebbe investimenti per 170 miliardi di dollari, meno del 5% dei profitti generati dall’industria fossile nel 2023.

La Iea ricorda che alla conferenza mondiale sul clima di Dubai, quasi 200 governi hanno concordato di diminuire le emissioni di metano entro il 2030, mentre importanti iniziative normative sono state annunciate da Canada, Unione Europea e Stati Uniti nel periodo del vertice.

Intanto nuove aziende si sono impegnate ad agire attraverso il lancio della Carta per la decarbonizzazione del petrolio e del gas, e sempre più Paesi stanno aderendo al Global Methane Pledge, iniziativa globale volontaria che punta a ridurre almeno del 30% le emissioni di metano al 2030, rispetto ai livelli del 2020.

Tuttavia, osserva la Iea, “la maggior parte degli impegni non sono ancora supportati da piani di attuazione”.

Il metano è responsabile di quasi un terzo dell’aumento della temperatura globale a partire dalla rivoluzione industriale, si ricorda; il settore energetico – compresi petrolio, gas naturale, carbone e bioenergia – è la seconda fonte di emissioni di metano derivanti dalle attività umane, dopo agricoltura e allevamenti.

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