Chevron acquisisce il 100% di Hess: altro brutto colpo contro il clima

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Così il colosso petrolifero americano punta a espandere l'estrazione di combustibili fossili negli Usa e in altre aree geografiche, in contrasto con gli obiettivi climatici internazionali.

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Le grandi aziende petrolifere americane continuano a scommettere in modo pesante sull’estrazione di nuovi combustibili fossili.

Protagonista dell’ultima mega acquisizione nell’ambito di Big Oil è Chevron: il colosso energetico Usa ha annunciato ieri, lunedì 23 ottobre, di aver concluso l’accordo per acquisire il 100% di Hess con una transazione interamente azionaria del valore di 53 miliardi di dollari (171 $ per azione).

In base all’accordo, spiega una nota, gli azionisti di Hess riceveranno 1,025 azioni di Chevron per ogni azione di Hess in loro possesso; il prezzo dell’operazione rappresenta un premium del 10,3% rispetto alla media dei 20 giorni precedenti alla chiusura del titolo al 20 ottobre.

L’interesse di Chevron per questa acquisizione è dovuto alle attività di Hess nell’esplorazione e produzione di petrolio e gas in diverse aree geografiche, in particolare alle sue posizioni nei giacimenti in Guyana, nel Golfo del Messico e negli Stati Uniti in North Dakota.

Grazie alla fusione, Chevron può entrare con una quota del 30% nel campo petrolifero Stabroek in Guyana, una delle maggiori scoperte petrolifere degli ultimi anni con risorse recuperabili per oltre 11 miliardi di barili.

Altro importante vantaggio strategico per Chevron è la possibilità di estendere il suo portafoglio nei giacimenti shale americani con 465mila acri nel bacino permiano (giacimenti di Bakken nel North Dakota).

I pozzi shale, ricordiamo, prevedono l’estrazione di gas e petrolio dalle rocce di scisto tramite la tecnica del fracking, la fratturazione delle rocce per favorire una maggiore estrazione di combustibili fossili che però ha un notevole impatto ambientale.

L’operazione Chevron-Hess fa seguito a un’altra mega fusione tutta azionaria, quella di inizio ottobre tra Exxon e Pioneer Natural Resources da quasi 60 miliardi di $.

Pioneer è il principale produttore di shale oil nel bacino permiano (9% circa della produzione lorda complessiva); Exxon quindi punta a espandere il suo ruolo nella produzione di greggio a basso costo nel maggiore campo petrolifero americano.

Ricordiamo che la rivoluzione dello shale oil ha consentito agli Stati Uniti di salire al primo posto nella classifica mondiale dei paesi produttori di petrolio, aumentando considerevolmente i profitti grazie al forte rialzo dei prezzi dei combustibili fossili dopo lo scoppio della guerra in Ucraina.

Ma questa corsa a espandere la produzione oil&gas cozza totalmente contro le raccomandazioni dell’Agenzia internazionale dell’energia. La Iea, infatti, di recente ha sottolineato ancora una volta che per raggiungere gli obiettivi climatici (azzeramento delle emissioni entro il 2050) non bisogna più investire in nuovi giacimenti di fonti fossili e dirottare più capitali sulle energie rinnovabili.

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