Usare direttamente l’energia elettrica più che si può (automobili, furgoni, camion, grazie alle batterie), usare idrogeno “verde” e carburanti sintetici (e-fuel) su aerei e navi, niente bio-carburanti di origine vegetale.
Si riassume così la ricetta proposta da Transport & Environment (TE) per eliminare del tutto i carburanti fossili dai trasporti europei al 2050.
Secondo lo studio commissionato da TE a Ricardo, società di consulenza globale specializzata nei temi energetici e ambientali, non ha senso puntare massicciamente sui cosiddetti “elettro-combustibili” (electrofuel) allo scopo di abbandonare il petrolio in quei trasporti stradali che, al contrario, possono contare sulla diffusione dei veicoli alla spina, 100% elettrici, alimentati esclusivamente dalle batterie.
Ricordiamo, ad esempio, che la strategia Ue sulla mobilità sostenibile, appena presentata dalla Commissione europea, scommette su almeno 30 milioni di auto elettriche in circolazione nel nostro continente nel 2030, vale a dire, il 12-14% circa del totale.
Nella strategia si parla anche di navi e aerei a zero emissioni pronti per il mercato, ma su questo punto TE osserva che Bruxelles fa troppo affidamento sui bio-combustibili di origine vegetale con il rischio di provocare ingenti danni ambientali, dovuti soprattutto alla deforestazione.
Sui problemi che circondano l’uso in generale dei bio-combustibili liquidi nei trasporti, si veda l’articolo Occhio all’olio di soia nel biodiesel: potrebbe fare danni come l’olio di palma
In sostanza, scrive TE, l’idrogeno e gli idrocarburi sintetici (e-diesel ad esempio) dovrebbero essere riservati ai trasporti pesanti e su lunga distanza che non possono ricorrere alle batterie, vale a dire, grandi navi, aerei, grandi camion.
I veicoli con batterie al litio, sostiene TE, sono molto più efficienti in confronto, ad esempio, ai veicoli FCEV (fuel-cell electric vehicle) con celle a combustibile alimentate a idrogeno, perché le batterie utilizzano direttamente l’energia elettrica.
E le batterie possono anche fornire servizi alla rete elettrica con tecnologie vehicle-to-grid (V2G), che permettono di scambiare energia in modo bidirezionale dall’auto alla rete e viceversa durante la ricarica.
Il punto è che per produrre elettro-combustibili a zero emissioni bisogna impiegare grandi quantità di energia elettrica rinnovabile, ben più di quanta elettricità sia necessaria per ricaricare le batterie dei veicoli.
Difatti, per realizzare un carburante sintetico a zero emissioni bisogna sempre partire dalla produzione di idrogeno verde tramite l’elettrolisi dell’acqua (scomporre le molecole d’acqua in ossigeno e idrogeno) utilizzando elettricità 100% rinnovabile (generata da parchi eolici o solari).
L’idrogeno può essere usato direttamente nei veicoli FCEV oppure combinato con altre molecole in processi chimici con cui produrre elettro-carburanti, come e-diesel, e-kerosene, ammoniaca e altri ancora, dove la “e” significa che l’idrogeno presente nel carburante deriva dall’elettrolisi (TE assume che gli elettrolizzatori funzionino con elettricità totalmente rinnovabile: perciò si parla di carburanti sintetici “green”).
Nel rapporto citato da TE non si parla di treni. Nelle ultime settimane ci sono stati diversi annunci di progetti italiani per i treni a idrogeno, con protagonisti Trenord, FS Italiane, Alstom, Snam.
Ma parlando di ferrovie, a questo punto, sorge una domanda: ha senso puntare sull’idrogeno per sostituire il diesel nelle linee non elettrificate?
Oppure sarebbe più opportuno (perché meno dispendioso) elettrificare le linee e acquistare nuovi treni elettrici anziché passare ai costosissimi convogli a idrogeno?
Un aspetto, quest’ultimo, che merita di essere approfondito anche nell’ambito della strategia nazionale per l’idrogeno che dovrebbe indirizzare gli investimenti secondo rigorosi parametri di costi-benefici.
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