Tassonomia Ue: il voto del Parlamento su gas e nucleare sarà anche un voto sulla Russia

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In plenaria a Strasburgo si deciderà se accettare o rifiutare l'atto delegato della Commissione europea, che include gas e atomo tra gli investimenti sostenibili. Il rischio è fare un altro regalo a Putin.

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Si avvicina un altro voto importante per il futuro energetico europeo, che avrà delle conseguenze anche sui rapporti con la Russia.

Mercoledì 6 luglio, in plenaria a Strasburgo, si deciderà se includere o no gas e nucleare nella lista degli investimenti considerati sostenibili dal punto di vista ambientale (la cosiddetta tassonomia verde).

Gli eurodeputati dovranno votare la risoluzione approvata dalle Commissioni Ambiente ed Economia del Parlamento europeo a metà giugno.

In quella occasione, i membri delle due commissioni hanno bocciato il regolamento delegato della Commissione dello scorso febbraio 2022, che prevede la possibilità di finanziare nuovi progetti in centrali a gas e nucleari, a determinate condizioni, utilizzando fondi europei.

Vedremo come andrà: con una maggioranza assoluta di 353 voti contrari, il Parlamento potrebbe opporsi a questo atto delegato (non ci sono possibilità di proporre emendamenti) costringendo Bruxelles a modificarlo o a ritirarlo.

In ballo adesso non ci sono soltanto gli obiettivi climatici europei, che verrebbero indeboliti da norme pro fossili e atomo, ma anche le relazioni geopolitiche future con Mosca.

Anche per questo, alcuni attivisti e politici ucraini stanno chiedendo al Parlamento europeo di rigettare la proposta della Commissione Ue, perché un’eventuale inclusione di gas e nucleare nella tassonomia darebbe un ulteriore aiuto alla Russia.

Come denunciato di recente da Greenpeace Francia, i colossi energetici russi – Gazprom, Lukoil, Rosatom – hanno fatto molte azioni di lobbying a Bruxelles per inserire queste risorse energetiche tra gli investimenti sostenibili.

Mosca sarebbe uno dei principali beneficiari di una tassonomia Ue con dentro atomo e gas fossile: se i Paesi Ue continueranno a investire in nuove infrastrutture legate a queste fonti di energia, la Russia potrebbe guadagnare fino a 4 miliardi di euro in più ogni anno solo nel gas, grazie alle opportunità che si creerebbero per le industrie russe.

La tassonomia è stata discussa e proposta ben prima dello scoppio della guerra di Putin in Ucraina. Ma nel contesto attuale della crisi energetica, con il tentativo europeo di ridurre la dipendenza dalle forniture russe di combustibili fossili, una tassonomia che includa gas e nucleare sarebbe “un chiaro regalo a Putin per alimentare la sua macchina della guerra contro gli ucraini”, ha affermato Svitlana Romanko, avvocato ambientale e leader del gruppo attivista Stand With Ukraine, citata dalla agenzia Euractiv.

La stessa agenzia cita anche una lettera aperta inviata agli eurodeputati tedeschi da Andrij Melnyk, ambasciatore ucraino in Germania; Melnyk chiede di rifiutare il regolamento delegato della Commissione, perchè la tassonomia, così formulata, favorirebbe il gas russo.

In sostanza, la lista Ue degli investimenti sostenibili, se rimanesse a favore di gas e nucleare, rischierebbe di rafforzare il peso geopolitico della Russia e di aumentare i suoi profitti, proprio in un momento in cui Bruxelles sta cercando di fare il contrario e indebolire Mosca.

Pochi giorni fa, il premier italiano, Mario Draghi, ha accusato la Russia di fare un uso politico del gas, in riferimento ai minori volumi di combustibile consegnati ai mercati europei.

La riduzione delle forniture, infatti, è stata letta come una mossa di Gazprom per ostacolare il riempimento degli stoccaggi in vista del prossimo inverno, incrementando allo stesso tempo i ricavi dalla vendita di gas, grazie alle impennate dei prezzi.

Ricordiamo che proprio i Paesi europei sono tra i principali finanziatori delle azioni belliche russe in Ucraina.

Nei primi cento giorni di guerra, le esportazioni di gas, carbone e petrolio all’Unione europea hanno fruttato 57 miliardi di euro alla Russia, su un totale di 93 miliardi incassati dalla vendita di combustibili fossili.

Secondo i  dati aggiornati al 3 giugno scorso dal centro di ricerche finlandese Crea (Centre for Research on Energy and Clean Air), Germania e Italia hanno importato, rispettivamente, fonti fossili da Mosca per 12,1 e 7,8 miliardi di euro, tra febbraio e giugno 2022, al secondo e terzo posto nel mondo. Solo la Cina ha fatto di più (12,6 miliardi).

La presenza di nucleare e gas fossile nella tassonomia degli investimenti green, ricordiamo, ha innescato da subito una serie di polemiche e scontri a livello Ue.

La Francia, in particolare, ha sempre spinto per favorire il nucleare, insieme con i Paesi orientali (Ungheria, Bulgaria e altri), mentre Germania e Italia cercavano di ottenere condizioni migliori per nuovi progetti nel gas.

Gli eurodeputati delle commissioni Ambiente ed Economia, nel loro voto contrario, hanno riconosciuto il ruolo di gas e atomo nel garantire forniture sicure e stabili di energia durante la transizione verso le rinnovabili, ma hanno ritenuto che siano soluzioni incompatibili con gli standard di sostenibilità ambientale.

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