Semplificare le autorizzazioni per costruire nuovi impianti a fonti rinnovabili, e per rinnovare/potenziare quelli esistenti con progetti di repowering.
È questa la principale mancanza riscontrata dall’organizzazione WindEurope nella sua analisi finale sui Piani nazionali per l’energia e il clima al 2030 (PNIEC).
Il cosiddetto “permitting” non è quindi un problema solo italiano: la difficoltà per chi investe di ottenere permessi e autorizzazioni accomuna diversi paesi europei.
Lo scorso giugno, durante un convegno organizzato dall’Anev su questi temi, gli operatori delle rinnovabili concordavano sul fatto che l’Italia non potrà conseguire gli obiettivi del PNIEC senza una maggiore semplificazione della burocrazia e delle regole per installare nuovi impianti e ammodernare gli impianti costruiti negli anni passati.
Il dibattito sul permitting delle rinnovabili in Italia in questi mesi ha toccato diversi punti, tra cui:
- ridurre tempi e complessità delle autorizzazioni ai vari livelli (locale, regionale, statale);
- sbloccare la possibilità di realizzare impianti fotovoltaici incentivati a terra nelle ex-cave e discariche anche quando sono classificate come terreni agricoli;
- ridurre la mole delle autorizzazioni richieste per il repowering degli impianti quando sussistono determinate condizioni (modifiche non sostanziali).
Così l’immagine restituita da WindEurope sul PNIEC italiano – si veda il pdf allegato – promuove solamente una delle politiche essenziali per raggiungere gli obiettivi al 2030, quella che punta alla crescente elettrificazione dei consumi energetici finali, favorendo l’uso di pompe di calore, veicoli elettrici e così via.
Al contrario, per quanto riguarda il permitting delle fonti rinnovabili, il nostro paese ha meritato il bollino rosso, che identifica i paesi che non hanno inserito misure volte a facilitare gli investimenti in nuovi parchi eolici/fotovoltaici e-o nel potenziamento di quelli esistenti.
Bollino rosso anche per la terza dimensione fondamentale dei PNIEC, cioè i calendari delle aste, che dovrebbero definire con chiarezza tempi e caratteristiche delle gare che assegneranno nuova capacità rinnovabile nelle diverse tecnologie (eolico, solare, aste “miste”).
Pure la Germania è messa male nella sfera del permitting, secondo la lobby europea del vento.
Ricordiamo che il settore eolico onshore si è bloccato da diversi mesi in Germania perché il governo non ha messo in campo alcuna misura per ridurre i tempi delle (mediamente troppo lunghe) autorizzazioni e solo di recente è intervenuto sulla questione della distanza minima di 1000 metri dei nuovi parchi eolici dai centri abitati, lasciando ai singoli stati federati la decisione del se o del come applicare la regola sulle distanze.
“L’agevolazione delle autorizzazioni è quasi del tutto assente dai PNIEC”, ha infine commentato l’amministratore delegato di WindEurope, Giles Dickson. “Non è accettabile che occorrano cinque o più anni per approvare dei semplici progetti eolici sulla terraferma”.
- Info-grafica di WindEurope sui piani nazionali al 2030 (pdf in inglese)