Quello che sta avvenendo al sistema elettrico europeo nel lockdown imposto dall’emergenza coronavirus è una “cartolina dal futuro”, postcard from the future come spiega Dave Jones, analista di Ember (think-tank di analisi energetica con sede a Londra), in un intervento postato su Carbon Brief.
Una cartolina da un futuro certamente distopico per tanti punti di vista, ma che, dal punto di vista energetico, mostra l’accelerazione su alcune direttrici da seguire per de-carbonizzare il mix energetico riducendo il peso dei combustibili fossili e aumentando la produzione da fonti rinnovabili, in modo da tagliare le emissioni di CO2 (vedi qui anche lo studio di RSE sull’Italia che affronta questi temi).
Il dato più interessante che emerge dalle analisi di Jones riguarda proprio le emissioni di CO2 del settore elettrico, che in trenta giorni sono crollate del 39% in confronto allo stesso periodo del 2019 portandosi così a 48 milioni di tonnellate (Mt).
Il risultato, spiega l’analista di Ember citando i dati ripresi da ENTSO-E, si deve al calo della domanda elettrica nei 27 Stati membri Ue più la Gran Bretagna: nel complesso i consumi di elettricità sono scesi del 14% tra il 28 marzo e il 26 aprile 2020 rispetto allo stesso periodo di un anno fa.
E l’Italia è il paese europeo che ha registrato il calo più marcato della domanda in questi trenta giorni, -23% davanti a Spagna e Francia.
Sempre guardando alla situazione che si è verificata tra 28 marzo e 26 aprile a causa del lockdown, in Europa è letteralmente precipitata la generazione elettrica da fonti fossili, con il carbone che ha perso oltre il 40% nel paragone con il medesimo periodo del 2019 mentre il gas ha perso il 30%; in Germania, in particolare, il carbone ha quasi dimezzato il suo peso nel mix di produzione elettrica, passando dal 30% al 16% nei trenta giorni considerati (2020 vs 2019).
Mentre a livello europeo il peso del carbone è sceso dal 16% a un ben più modesto 11% del mix.
Intanto l’eolico e il solare hanno fatto il botto, salendo al 23% del mix di produzione elettrica in Europa tra 28 marzo e 26 aprile, cinque punti percentuali in più rispetto al medesimo periodo del 2019; è la quota più alta raggiunta finora in un arco di 30 giorni da queste due fonti rinnovabili.
Eolico e solare hanno toccato il 65% della generazione complessiva in Danimarca, il 45% in Germania, il 21% in Italia.
Nel frattempo, evidenzia l’analista di Ember, il sistema elettrico ha continuato a funzionare in totale sicurezza e stabilità in tutta Europa, segnalando però la necessità di diventare molto più flessibile allo scopo di accogliere quantità crescenti di elettricità rinnovabile non programmabile (quella eolica-solare).
In altre parole, spiega Jones, bisogna realizzare un sistema elettrico capace di rispondere ai segnali di prezzo che arrivano dal mercato, come i prezzi negativi quando c’è un eccesso di offerta elettrica rispetto alla domanda, in modo da favorire maggiori consumi quando il costo dell’energia è più basso.
E questo si può fare con diverse soluzioni: batterie di accumulo, pompaggio idroelettrico, tecnologie che consentono di “spostare” i consumi nei picchi di produzione delle rinnovabili; un esempio, citato anche da Jones, sono le sperimentazioni di Google per incrementare l’energia pulita utilizzata nei suoi data center.
Intanto l’Agenzia internazionale dell’energia (IEA) nel nuovo rapporto Global Energy Review 2020, stima che le emissioni di CO2 caleranno sensibilmente nel 2020 come effetto del lockdown e della minore domanda energetica.
La riduzione attesa, -8% rispetto al 2019 con 30,6 miliardi di tonnellate di CO2 rilasciate in totale nell’atmosfera, sarebbe in linea con le riduzioni richieste dagli accordi di Parigi per limitare il surriscaldamento globale a +1,5 gradi in confronto all’età preindustriale.
Tuttavia, avverte la IEA, per centrare gli obiettivi sul clima bisognerebbe mantenere questo livello di abbattimento delle emissioni ogni anno, con modifiche permanenti nell’economia e nella società: ecco perché si stanno moltiplicando gli appelli per potenziare gli investimenti nelle fonti pulite e di “agganciare” precisi criteri ambientali ai piani di salvataggio delle industrie colpite dall’emergenza coronavirus, come ha confermato il recente discorso del segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres.