Emmanuel Macron va a caccia di voti verdi, mentre Marine Le Pen dichiara guerra alle pale eoliche e punta tutto sul nucleare.
È un po’ questo il terreno di scontro sui temi energetici e ambientali tra i due sfidanti per la presidenza francese, alla vigilia del voto del 24 aprile.
Andrà in scena un altro ballottaggio Macron-Le Pen come alle elezioni del 2017, quando Macron vinse con il 66% delle preferenze al secondo turno (24% al primo turno), contro il 33,9% di voti per Le Pen (21% al primo turno).
In queste elezioni 2022, il presidente uscente, in cerca di un secondo mandato, ha ottenuto il 27,8% dei voti al primo turno del 10 aprile contro il 23,1% di Le Pen, che ha sopravanzato di un soffio il candidato della sinistra Jean-Luc Mélenchon con il 21,9%.
La rielezione di Macron sembra il risultato più probabile, contando anche sul supporto degli elettori di sinistra per evitare il rischio di una presidenza di estrema destra. Ma ci sono incertezze da non sottovalutare, in particolare il peso di chi non andrà a votare.
Vediamo meglio cosa propongono i due contendenti sui temi energetici e ambientali, con toni che in parte riprendono quelli della campagna presidenziale del 2017.
Macron strizza l’occhio al voto “verde”
In generale, Macron sta cercando di portare dalla sua parte verdi e progressisti, uno sforzo molto evidente proprio quando parla di energia e clima, con continui riferimenti alla decarbonizzazione economica, al rispetto degli accordi di Parigi, alla necessità di produrre e consumare in modo più sostenibile dal punto di vista ecologico.
La mobilità elettrica è un altro tema spesso toccato dal presidente uscente. Macron è poi un sostenitore della tassa Ue alla frontiera sulla CO2, finalizzata a colpire le importazioni di prodotti ad alto contenuto di carbonio realizzati in Paesi esteri con minori restrizioni ambientali.
Già nel 2017 Macron ha promosso un piano energetico green dove però non ha mantenuto diversi impegni, tra cui quello di una graduale riduzione delle centrali nucleari fino al 50% del mix elettrico nazionale (oggi al 70% circa).
Al contrario, il nucleare è stato rilanciato dallo stesso Macron a inizio febbraio, fissando un obiettivo di 25 nuovi GW al 2050 e prevedendo la costruzione iniziale di sei reattori Epr-2 più altri eventuali otto; il primo dovrebbe entrare in funzione nel 2035.
Queste unità Epr-2 sono evoluzioni della tecnologia ad acqua pressurizzata Epr (European Pressurized Reactor), che secondo il colosso energetico francese Edf dovrebbero garantire una costruzione più semplice e con criteri di sicurezza migliorati rispetto ai reattori Epr della prima generazione, che hanno causato enormi problemi tecnici al progetto di Flamanville (extra costi e ritardi hanno posticipato il completamento della centrale dal 2012 a, forse, 2023).
Ricordiamo che tra fine 2021 e inizio 2022, il sistema elettrico francese è andato in difficoltà per via delle urgenti e impreviste manutenzioni a diversi reattori atomici, tanto che Parigi ha dovuto aumentare temporaneamente la produzione a carbone per sopperire a circa 6 GW di nucleare offline.
Intanto Macron punta anche sulle fonti rinnovabili: moltiplicare per dieci la capacità attuale nel fotovoltaico, arrivando così a 100 GW nel 2050, e installare 50 parchi eolici offshore.
Ma nei suoi cinque anni di presidenza, il presidente in alcune occasioni ha dovuto fare marcia indietro sulle politiche verdi, ad esempio dopo le proteste dei gilet gialli contro il previsto aumento della pressione fiscale sui carburanti fossili. Il ministro della Transizione ecologica voluto da Macron nel 2017, Nicolas Hulot, si era poi dimesso ad agosto 2018 sostenendo che i temi ambientali non erano proprio una priorità per il governo.
Le Pen: zero eolico, rinascita nucleare
Nel programma di Marine Le Pen si leggono diverse affermazioni che fanno letteralmente a pugni con il concetto della transizione energetica pulita.
Ad esempio questa: “Dichiareremo una moratoria per eolico e solare; avvieremo lo smantellamento graduale dei siti eolici, iniziando da quelli che stanno arrivando a fine vita” (traduzione nostra con neretti). La candidata del Front National intende sospendere tutti i sussidi per eolico e fotovoltaico, la cui energia sarà venduta a prezzi di mercato.
Quando parla di promuovere le rinnovabili, Le Pen intende unicamente gli impianti idroelettrici e la geotermia; punta a un rilancio del nucleare mettendo in cantiere una ventina di reattori di quarta generazione e scommette sulla filiera per la produzione di idrogeno. Un altro punto del suo programma è “uscire dal mercato elettrico europeo”.
Tutto ciò dovrebbe consentire di porre fine alla povertà energetica per centinaia di migliaia di famiglie, e dovrebbe sostenere le imprese grazie a un ribasso dei prezzi elettrici.
Le Pen intende assicurare il diritto alla mobilità individuale, grazie soprattutto a una parziale detassazione dei carburanti, prevedendo un abbassamento dell’Iva dal 20% al 5,5%.
E con il nucleare, secondo Le Pen, si potrà rafforzare il sistema elettrico in modo da rispondere ai bisogni di ricarica dei veicoli elettrici.
Da nessuna parte si spiega come si potrebbero conciliare i tempi lunghi della costruzione di nuovi impianti atomici (10-12 anni nella migliore delle ipotesi) con le urgenti esigenze imposte dalla crisi energetica ed ecologica, mentre le rinnovabili potrebbero essere sviluppate a costi competitivi e in tempi molto più rapidi.
Quello di Marine Le Pen, in sostanza, è un programma energetico totalmente agganciato a una visione populista e nazionalista, che ignora come si è evoluto in questi anni il mercato energetico e il ruolo che le rinnovabili possono avere per aumentare la sicurezza delle forniture e ridurre la dipendenza estera dalle fonti fossili.