Emissioni di metano, l’elefante nella stanza

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Mai come ora è urgente agire sul problema delle emissioni di CH4 del settore energia, sia per garantire la sicurezza energetica che per combattere i cambiamenti climatici.

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Le perdite ai gasdotti Nord Stream 1 e 2 nel Baltico, verificatesi a fine settembre, hanno riportato alla ribalta l’urgente necessità per l’Ue di dotarsi di un solido sistema di misurazione e controllo delle emissioni di metano.

Quando le stime definitive sulle dimensioni della perdita saranno chiarite, l’incidente rappresenterà forse il maggior singolo rilascio CH4 mai registrato nel settore Oil&Gas.

Tuttavia, si tratta solo di un piccolo evento nel quadro generale delle emissioni di gas serra: la quantità totale di metano fuoriuscita da entrambi gli impianti equivale circa ai volumi CH4 rilasciati ogni 1-2 giorni dalle emissioni fuggitive e le attività di sfiato di metano dell’industria O&G in tutto il mondo.

Ciò che è poco noto è il ruolo specifico del metano nel cambiamento climatico. Il metano, sebbene rimanga per un periodo più breve in atmosfera, ha infatti un potere di riscaldamento globale (GWP) molto più elevato della CO2, e in questo senso ne è un driver fondamentale. Il GWP del metano è di oltre 80 volte superiore a quello della CO2 nei primi vent’anni dal suo rilascio.

Le stime delle emissioni CH4 sono soggette a un elevato grado di incertezza e le sue fonti emissive non riguardano solo il settore energetico: circa il 60% delle emissioni globali CH4 sono di origine antropica, di cui le principali sono l’agricoltura intensiva, la gestione dei rifiuti e la produzione e uso dei combustibili fossili.

Il settore energetico è quello che offre maggiori possibilità di intervento, poiché, a differenza delle altre fonti antropiche, è fisicamente più concentrato e ha un numero di attori relativamente limitato, facilitando l’attuazione di strategie di mitigazione.

Ma soprattutto, ed è qui il nesso con l’emergenza energetica che stiamo affrontando, perché il metano può essere ampiamente ed economicamente recuperato e ha un valore di mercato. Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia (Iea), oltre il 70% delle emissioni globali di metano dell’industria Oil&Gas può essere recuperato utilizzando le tecnologie oggi disponibili, con costi minimi o marginali per i fornitori. Il dato si basa sul costo medio del gas nel periodo 2017-2021, senza considerare l’aumento dei prezzi nel 2022.

La Clean Air Task Force (CATF), una delle organizzazioni partner dell’Environmental Defense Fund, ha condotto una campagna di sensibilizzazione mirata a evidenziare in Europa le emissioni di metano fuggitive e programmate dell’industria energetica. Per due anni, CATF ha documentato l’inquinamento da metano proveniente da oltre 215 impianti Oil&Gas in 13 Paesi dell’Unione (vedi Dalle infrastrutture gas europee (Italia compresa) “massicce” fughe di metano).

Ma questo riguarda le emissioni europee, mentre è necessario guardare anche a cosa succede nei paesi esportatori, tanto più che l’Europa importa da oltre confine circa l’85% del gas che consuma (salvo un parziale cambio di rotta alla luce dell’attuale scenario energetico).

A che punto siamo dunque? In questa fase di inizio autunno, l’incertezza regna sovrana: il Nord Europa sta affrontando ulteriori problemi a causa dei danni subiti dai gasdotti nel Baltico, mentre i due impianti potrebbero perdere fino a 780 mln mc di gas naturale; i prezzi europei del gas hanno visto nell’ultimo mese picchi oltre i 300 €/MWh.

L’intera situazione sta portando in secondo piano l’altra emergenza indiscussa che dobbiamo affrontare, quella climatica.

La riduzione delle emissioni CH4 ha il duplice scopo di garantire la sicurezza energetica e combattere i cambiamenti climatici.

Secondo la Iea, se nel 2021 le perdite globali di metano da operazioni fossili fossero state recuperate e commercializzate, il mercato avrebbe avuto una disponibilità di altri 180 mld mc. Un volume comodamente sufficiente ad alleviare le attuali pressioni sui prezzi. Non ci resta che dire: l’elefante è nella stanza. E non lo vediamo.

L’articolo completo è in uscita sul n. 4/2022 della rivista bimestrale QualEnergia.

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