Emissioni e clima, ci stiamo avvicinando ai punti critici. Ecco perché bisogna correre

Un nuovo rapporto Ocse mostra quanto sia urgente tagliare la CO2 e sviluppare rapidamente su vasta scala le energie rinnovabili.

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Quello che succede in Pakistan non rimarrà in Pakistan (era scritto sul padiglione pakistano alla Cop 27 in Egitto), quello che succede a Ischia non rimarrà a Ischia, e così via… situazioni diverse, disastri naturali di proporzioni differenti, ma con una cosa in comune: il cambiamento climatico aumenta la frequenza e intensità degli eventi estremi come alluvioni, frane, tifoni, ondate di calore estive, siccità.

Su scala globale, ci stiamo avvicinando sempre di più ai punti di non ritorno climatici: climate tipping points, da cui il titolo di un rapporto Oecd o Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) che spiega perché i rischi climatici sono in forte aumento in tutto il mondo.

Secondo la letteratura scientifica più recente, citata nel documento, ci sono possibilità di superare alcuni punti critici di non ritorno già con i livelli attuali di riscaldamento terrestre; e il loro superamento potrebbe diventare “probabile” con un aumento medio delle temperature tra 1,5-2 °C.

Gli accordi di Parigi del 2015 puntano a stare “ben sotto” ai 2 °C di riscaldamento entro fine secolo, in confronto ai livelli preindustriali, compiendo ogni sforzo per limitare il global warming a +1,5 °C.

Quel cuscinetto di mezzo grado, tra 1,5 e 2 °C, potrebbe davvero fare la differenza tra un Pianeta più sicuro e un Pianeta maggiormente devastato dagli impatti dei cambiamenti climatici.

Che cosa implica il rapporto Ocse per lo sviluppo delle energie pulite e la riduzione delle emissioni?

In estrema sintesi: bisogna correre. Bisogna installare fonti rinnovabili con grande rapidità, integrandole con sistemi di accumulo energetico e produzione di idrogeno verde per eliminare gli usi di carburanti fossili in ogni settore (elettricità, trasporti, industrie).

Purtroppo, su questo fronte, la 27esima Conferenza Onu sul clima, che si è chiusa a metà novembre a Sharm el-Sheikh, ha dato ancora scarsi risultati. Non si è raggiunto alcun accordo per uscire da carbone, gas e petrolio, che con le relative emissioni di CO2 sono tra i principali responsabili del surriscaldamento globale.

Altra indicazione: occorre tagliare con urgenza e in profondità le emissioni di gas serra già entro questo decennio. Non è sufficiente fissare traguardi net-zero (azzeramento delle emissioni nette) per metà secolo. Servono obiettivi più ambiziosi già sul breve-medio periodo, come più volte sottolineato dai rapporti Unep (si veda anche Clima, per l’Unep gli obiettivi di Parigi al momento sono “fuori portata”).

Un punto di non ritorno climatico, si legge nelle analisi, è una soglia critica di un determinato elemento del sistema climatico, superata la quale, a causa di un aumento delle temperature, si assiste a una trasformazione del sistema climatico stesso. Tale trasformazione può essere brusca e con conseguenze irreversibili (per decenni, centinaia di anni o anche millenni).

Secondo gli scienziati del clima, con il riscaldamento attuale di circa +1,1 °C è già “possibile” il superamento di alcune soglie critiche, tra cui il collasso delle calotte glaciali in Groenlandia e Antartide, la morte delle barriere coralline a basse latitudini e lo scioglimento del permafrost.

Inoltre, il superamento di un singolo tipping point può innescare un effetto domino, facendo ribaltare altri elementi del sistema climatico che prima erano in equilibrio.

Quando si supera un punto critico del sistema climatico, il clima si modifica su scala regionale o anche globale, con caratteristiche potenzialmente inadatte a sostenere le attività umane, con conseguenti possibili migrazioni di massa dovute, per esempio, alla desertificazione e alla siccità.

A livello regionale, sottolinea il rapporto, i singoli punti critici sono associati a diversi tipi di impatti locali potenzialmente gravi, come temperature estreme, maggiore frequenza di siccità, incendi boschivi e condizioni meteorologiche estreme.

Mentre su scala globale, i tipping point potrebbero portare a impatti globali “a cascata” con ripercussioni sui sistemi socio-economici ed ecologici in tempi relativamente brevi, senza che le nostre società abbiano il tempo di adattarsi alle nuove condizioni climatiche.

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