Il price cap al gas, la strategia di acquisto comune della risorsa e il quadro temporaneo per accelerare il permitting delle energie rinnovabili sono ancora indispensabili per i Paesi membri dell’Unione europea, che resta comunque “esposta agli shock energetici e alla crisi in Medio Oriente, con i mercati ancora fragili a causa degli effetti della guerra russa”.
Per questo motivo la commissaria Ue all’Energia, Kadri Simson, ha chiesto di “prendere in considerazione la possibilità di prolungare i regimi di emergenza temporanei introdotti nel 2022”, proposta che ha fatto mercoledì, 8 novembre, in sede di presentazione al Parlamento europeo del rapporto 2023 sullo stato dell’Unione dell’Energia.
La proposta di Simson
Nonostante oggi i Paesi membri siano “meglio preparati” e dispongano di “strumenti più solidi rispetto a un anno fa per gestire la crisi”, le scadenze a breve termine dei regolamenti citati da Simson (il sistema degli acquisti comuni di gas dovrebbe terminare a fine anno, il quadro per il permitting Fer a giugno 2024) preoccupano le istituzioni di Bruxelles. Non al punto da configurare rischi nell’immediato, anche grazie agli stoccaggi di gas, che hanno raggiunto il 98% per l’inizio della stagione invernale. Ma abbastanza da renderle inclini a disporre una proroga.
Le norme citate “sono state essenziali lo scorso anno per superare la crisi in sicurezza”, ha affermato la commissaria, secondo la quale però “eventuali incidenti sulle grandi infrastrutture energetiche potrebbero influenzare rapidamente il sentiment di mercati energetici molto nervosi”.
Sull’estensione del termine del price cap a 180 €/MWh, che dovrebbe scadere a febbraio 2024, si era pronunciato favorevolmente anche il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin allo scorso Consiglio Energia di ottobre.
Oltre a tutelare il proprio mercato interno, in Europa si pone nuovamente il tema politico delle importazioni. Nonostante i provvedimenti presi per isolare economicamente la Russia dopo l’aggressione bellica in Ucraina, l’Ue invia tutt’ora a Mosca 2 miliardi di euro per l’acquisto di combustibili fossili (si vedano ad esempio qui i dati su come in certi Paesi l’import di gnl russo è cresciuto anche del 50% nell’ultimo anno).
La risoluzione dell’Europarlamento su Gpl e Gnl dalla Russia
Per questo motivo il Parlamento europeo ha votato a maggioranza una risoluzione per chiedere il divieto totale delle importazioni di Gnl e Gpl e di prodotti petroliferi da paesi terzi che derivano dalla lavorazione di gas o greggio russi.
Il testo della risoluzione esprime la preoccupazione degli eurodeputati per “le lacune nel regime di sanzioni Ue nei confronti della Russia”, in particolare “la mancanza di un’applicazione adeguata” e la capacità di Mosca di “aggirare misure quali i tetti ai prezzi del petrolio”, mentre “sono aumentate le importazioni nella Ue di prodotti petroliferi realizzati con greggio russo da Paesi come l’India”.
Altri attori internazionali come l’Azerbaigian “effettuerebbero operazioni di riciclaggio per rivendere il gas russo” mentre “componenti occidentali critici trovano ancora la via verso la Russia attraverso Paesi come Cina, Turchia, Emirati Arabi, Kazakistan, Kirghizistan e Serbia”.
Ai 27 si chiede di “rafforzare e centralizzare a livello Ue il controllo sull’attuazione delle sanzioni e di sviluppare un meccanismo per la prevenzione e il monitoraggio dell’elusione delle stesse”. Intanto i Paesi europei guardano al Qatar per sostituire le forniture dalla Russia. Si tratta però di una pista che fatica a decollare in quanto – coerentemente con gli scenari di decarbonizzazione – l’Ue impone ai suoi membri di non stipulare contratti a lungo termine.
Nonostante questo, TotalEnergies, Shell ed Eni hanno già firmato con il colosso QatarEnergy accordi per l’importazione di Gnl. La compagnia italiana a ottobre ha annunciato ad esempio la firma di un accordo della durata di 27 anni che prevede la consegna di 1,5 miliardi di metri cubi all’anno di Gnl al rigassificatore di Piombino a partire dal 2026.