Le ragioni contro la nave rigassificatrice a Vado Ligure

CATEGORIE:

Un nuovo conflitto energetico a Vado Ligure e Savona. Dopo il carbone, i gruppi locali sostenuti da Greenpeace e Wwf organizzano l’opposizione alla collocazione della nave rigassificatrice. Le loro motivazioni: progetto inutile e dannoso per ambiente e salute.

ADV
image_pdfimage_print

Un recente report dell’Institute for Energy Economics and Financial Analysis (Ieefa) ci dice che l’Europa sta andando verso un eccesso di capacità di rigassificazione rispetto alla domanda di metano e di gas naturale liquefatto (Gnl), anche in una prospettiva di medio periodo.

Complice, forse, anche la mancata riduzione dell’import di Gnl dalla Russia con alcuni paesi come Spagna, Belgio e Francia che l’hanno addirittura aumentato (Gnl, Ue verso un eccesso di capacità e non cala l’import dalla Russia).

Già lo scorso aprile ReCommon metteva in guardia dall’opportunità di investire in nuovi impianti per l’estrazione e il trasporto di gas, con particolare riferimento al Gnl distribuito via nave, in ragione di diverse incognite come la riduzione della domanda, la diffusione accelerata delle tecnologie pulite, le politiche per il raggiungimento di traguardi climatici net-zero per l’azzeramento delle emissioni e la volatilità dei prezzi (Perché il Gnl non può garantire una maggiore sicurezza energetica).

Tra gli impianti di rigassificazione programmati c’è quello galleggiante di Savona dove, più precisamente a Vado Ligure, è previsto che nel 2026 venga trasferita la nave rigassificatrice “Golar Tundra” attualmente collocata a Piombino.

Stiamo parlando di una nave gasiera modificata, scrive Greenpeace Italia, “che doveva portare Piombino alle vette della produzione di gas fossile in Italia, ma, per ora, nulla di tutto questo è diventato realtà e il ‘mostro’ (la nave è lunga 300 metri e nel porto ci sta strettina) giace praticamente inutilizzato”. Così come il gasdotto realizzato in pochi mesi con procedura d’urgenza.

Anche il WWF è intervenuto sulla assoluta inutilità dei rigassificatori galleggianti ai fini della sicurezza energetica nazionale, sottolineando come le nuove infrastrutture per il gas “sembrano funzionali al solo sostentamento dell’uso di quelle fonti fossili che dovrebbero essere abbandonate in ottica di contrasto alla crisi climatica” (Rigassificatore galleggiante a Vado Ligure: “inutile per la sicurezza energetica).

Ignorati dalla stampa nazionale, alcuni dei 40 gruppi civici, comitati, associazioni, partiti, sindacati di base che aderiscono al Coordinamento “NO Rigassificatore-Savona” – allineati sulla inutilità dei rigassificatori, sulla pretestuosità della crisi energetica e della supposta carenza di gas per rilanciare le fossili e realizzare infrastrutture tanto inutili quanto costose, ma molto remunerative per chi le gestisce – rivolgono la loro attenzione anche alle specificità del contesto locale e alle ragioni che, a loro avviso, lo rendono particolarmente inadeguato per la collocazione della nave.

Ne abbiamo parlato con i rappresentanti di Medicina Democratica e Attac Savona.

“A causa della supposta emergenza nazionale – dice Gianni Gatti di Attac Savona – vengono meno tutte le regole autorizzative rispetto alla valutazione di impatto ambientale e delle alternative possibili”.

“Inoltre – aggiunge – come spesso accade nelle autorizzazioni ambientali, vengono considerati separatamente i singoli impatti senza tenere in considerazione l’effetto cumulativo e il contesto in cui questi impatti si verificano”.

Ricordiamo che Vado Ligure è stata protagonista di un rilevante inquinamento ambientale provocato dall’esercizio della centrale a carbone di Tirreno Power con gravi impatti sulla salute della popolazione e oggetto di un annoso procedimento penale recentemente risoltosi con l’assoluzione dei 26 imputati coinvolti (Carbone killer: a Vado Ligure mortalità del 50% superiore alla norma).

Un impianto pericoloso anche per le caratteristiche stesse della nave

L’impianto si inserisce in un contesto portuale, di Vado e di Savona, dove sono già presenti e in fase di progettazione diverse infrastrutture e attività con cui potrebbe interferire.

Spiega Gatti: “Gli esempi sono il deposito di Gnl in costruzione e le condotte di Snam che dovrebbero poi portare il gas a terra per immetterlo nella rete di distribuzione nazionale. Queste nuove condotte passerebbero a 30 metri dalle tubazioni esistenti della Sarpom, collegate a loro volta al sito di decine di serbatoi di stoccaggio, evidentemente andando ad aumentare i rischi connessi con simili infrastrutture”.

In questi giorni di forti mareggiate che hanno interessato la Liguria naturalmente il pensiero è andato a cosa potrebbe succedere alla nave rigassificatrice ormeggiata al largo.

“La collocazione della nave è prevista nave a 4 km da Vado Ligure – ci dice Gatti – e a circa 2,9 km dalla spiaggia di Savona. Ma la vera questione è che quella nave non è adeguata al mare aperto perché non ha membrane flessibili nei serbatoi e, pertanto, senza modifiche non avrebbe la flessibilità sufficiente a resistere a forti mareggiate. Certo, visti gli utili che consegue, Snam potrebbe anche provvedere in questo senso, ma al momento la situazione è quella descritta”.

“Il posizionamento previsto a 2,9 km dalla costa – aggiunge Maurizio Loschi di Medicina Democratica – è legato alla ridotta profondità del fondale che, allontanandosi dal litorale, aumenta molto velocemente. Tuttavia, per le sue caratteristiche, la nave non potrebbe essere collocata a una distanza maggiore, cosa che consentirebbe di ridurre i rischi derivanti dalla vicinanza alla spiaggia e alla costa in caso di rottura di uno o più serbatoi”

“Una collocazione più distante – spiega – non solo comporterebbe maggiori costi per l’ancoraggio e per la maggiore distanza da coprire con le infrastrutture di trasporto, ma renderebbe indispensabili modifiche strutturali alla nave stessa, costruita per lo stazionamento in porto e non in mare aperto dove le condizioni metereologiche possono diventare talmente estreme da rendere insicuro sia l’ancoraggio che il collegamento verso terra con le tubazioni”.

Secondo Loschi nel caso in cui la nave dovesse spezzarsi e una nuvola di gas raggiungere terra, dato che quel gas è leggero e verrebbe rapidamente trasportato dai venti, un qualsiasi tipo di innesco potrebbe determinare l’esplosione di questa ‘nuvola’ con effetti catastrofici.

Ad esempio, a Livorno erano previste zone di interdizione di transito e di balneazione, a cerchi concentrici attorno alla nave, ma nel caso di Vado lo spazio ridotto non consentirebbe l’adozione delle stesse precauzioni.

Ricordiamo che a Vado Ligure è in funzione la centrale elettrica di Tirreno Power alimentata a gas.

“Un’ipotesi di cui si parla – ci dice Gatti – sarebbe quella di conferire il gas dalla nave alla centrale tramite un PDE, cioè una stazione di ri-pompaggio tramite la quale il gas viaggerebbe nei tubi con pressioni a 70-90 bar per poi collegarsi alla rete di distribuzione nazionale. È un’ipotesi che fa tremare i polsi, se consideriamo che la centrale si trova nel centro di Vado Ligure ed è naturale immaginare la pericolosità intrinseca di una simile installazione”.

“Consideriamo anche – aggiunge Loschi – che alla centrale di Tirreno Power arriva già la condotta di collegamento alla rete nazionale dove però il gas oggi viaggia in direzione contraria. Per immettere in direzione inversa quello prodotto dal rigassificatore sarà pertanto necessario realizzare una nuova condotta, di dimensioni maggiorate e con annesse aree di salvaguardia, che insieme all’impianto PDE, grande come due campi da calcio, andrebbero ad invadere quella che ora è un’area agricola”.

Impatti ambientali e sanitari causati dalla nave rigassificatrice

Gli impatti ambientali sono sostanzialmente di due tipi: uno riguarda l’alimentazione costante della nave e l’altro l’ambiente marino.

È come se avessimo in mare una centrale elettrica, alimentata con generatori che dovranno produrre energia per il funzionamento della nave stessa e per tutti gli impianti di rigassificazione e trasporto del gas, le cui emissioni in atmosfera si riverseranno anche sulla costa, ci dice Loschi, che si sofferma anche sull’altro impatto.

“Poiché è necessario provvedere a mantenere pulite le tubature utilizzate per rigassificare il Gnl, precedentemente portato a -161 °C, attraverso uno scambio termico che avverrà per mezzo del contatto con tubazioni contenenti acqua di mare, a circa 13 gradi di temperatura, il rilascio in mare dell’acqua avverrà a una temperatura significativamente inferiore a quella prelevata. E per evitare il formarsi di incrostazioni nelle tubazioni questa operazione di pulizia preventiva prevede l’utilizzo di ipoclorito di sodio che sarà successivamente riversato in mare con le acque residue. La quantità di ipoclorito utilizzata è stimabile intorno alle 34 tonnellate all’anno che ovviamente causeranno un grave impatto sull’ambiente marino”.

Ricordiamo poi che la zona si trova a circa 2 chilometri dal Santuario dei cetacei.

Le prossime azioni dei gruppi locali e del Coordinamento

L’11 novembre il Coordinamento ha annunciato una nuova importante manifestazione provinciale nel centro di Savona a cui parteciperanno anche tutti i gruppi aderenti.

Ci sarà musica, performance ed esibizioni dei ragazzi delle medie superiori – spiega Gatti – oltre ad interventi di un rappresentante del Coordinamento, del Sindaco di Savona e del Direttore delle Campagne di Greenpeace Italia, Alessandro Giannì.

“Organizzeremo poi conferenze tematiche per discutere di energia e di quale sviluppo è necessario ai territori, ad esempio attraverso la realizzazione di una Comunità energetica come modalità alternativa e concreta ai rigassificatori, per riportare il controllo e la gestione dell’energia nelle mani dei cittadini”, ci illustra Gatti.

“Una gestione democratica dell’energia è il vero punto su cui battere – conclude Loschi – così il 31 ottobre scorso, in occasione della notte di Halloween, si è tenuta una manifestazione sul litorale per celebrare il funerale della democrazia. Abbiamo denunciato il metodo di arrogante imposizione scelto dal Presidente della Regione Toti, senza dialogo con la popolazione interessata e neppure con le istituzioni preposte”.

Seguiremo ancora la situazione di Vado perché rivelatrice della politica energetica fossile di questo paese.

ADV
×