Più tasse sull’energia “sporca” e una banca amica del clima: cambio di rotta in vista per l’Europa?

La riforma fiscale per promuovere l’uso di tecnologie pulite, lo stop ai finanziamenti ai combustibili fossili, gas compreso: ecco i temi su cui le massime istituzioni Ue dovranno discutere nelle prossime settimane.

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Cosa farà l’Europa su tasse e finanziamenti per l’energia e l’ambiente?

In questi giorni si stanno avviando le discussioni su alcuni temi che potrebbero modificare profondamente la politica europea in campo fiscale in accordo con gli obiettivi climatici al 2030.

Vediamo meglio quali svolte potrebbero esserci, partendo da un documento preparato dalla presidenza finlandese di turno dell’Ue, in vista del prossimo vertice tra i ministri delle finanze degli Stati membri che si svolgerà a Helsinki.

Nel documento riservato, citato dall’agenzia Reuters, si parla di una possibile riforma fiscale per allineare la tassazione energetica alle sfide ambientali.

Difatti, spiega l’agenzia EurActiv nel riprendere la notizia, le regole attuali sono obsolete, oltre che poco adatte a promuovere il crescente utilizzo di fonti rinnovabili e favorire la riduzione delle emissioni inquinanti nei diversi settori (trasporti, riscaldamento e così via).

In concreto, il documento prevede l’introduzione di meccanismi per premiare l’impiego di risorse energetiche a basso contenuto di CO2, differenziando così il peso fiscale tra combustibili fossili e carburanti alternativi più “verdi”; inoltre, si propone di eliminare le esenzioni fiscali ai trasporti aerei e marittimi perché entrambi al momento non sono allineati ai prossimi traguardi climatici dell’Unione europea.

L’idea quindi è che la tassazione dei prodotti energetici debba rispecchiare maggiormente il loro contenuto di anidride carbonica.

La strada sembra in salita: è da oltre 15 anni che la tassazione sull’energia è pressoché immutata, anche se il nuovo presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, fin dal suo primo discorso al Parlamento europeo – quando era ancora candidata alla presidenza dell’esecutivo – ha elencato una serie di “promesse” sul clima per il suo mandato.

Tra queste, un taglio del 50-55% delle emissioni entro il 2030 in confronto ai livelli registrati nel 1990 (l’obiettivo attuale è fermo al -40%), una tassa sul carbonio e un “Green New Deal” per sbloccare la diffusione su vasta scala delle tecnologie pulite, grazie anche a un diverso ruolo della Banca europea per gli investimenti (BEI).

Eccoci così al secondo tavolo di negoziati in corso, sul contributo della finanza “verde”.

Proprio oggi, infatti, martedì 10 settembre il consiglio d’amministrazione della BEI inizierà a discutere la bozza della nuova strategia delle sue attività future, bozza che era già circolata lo scorso luglio con la previsione di bloccare entro il 2020 i finanziamenti ai progetti nei combustibili fossili.

Anche qui però la strada è tutt’altro che spianata.

Alcuni paesi, tra cui la Germania, sembrano poco disposti a sostenere un cambio di rotta così radicale, soprattutto perché ritengono che il contributo del gas rimarrà fondamentale nella transizione energetica verso le rinnovabili; vedi anche il nostro articolo Gas e transizione energetica: è un ponte o un muro?

La stessa posizione italiana andrà chiarita, dopo il recente annuncio del governo Pd-M5S di puntare a un “Green New Deal”: l’Italia sosterrà la proposta di eliminare non solo carbone e petrolio, ma anche il gas, dal portafoglio della Banca europea per gli investimenti?

Sul ruolo futuro del gas si gioca una partita decisiva per la politica Ue in tema di rinnovabili; ricordiamo che la stessa BEI a febbraio 2018 aveva approvato un maxi-finanziamento da un miliardo e mezzo di euro per il gasdotto TAP che approderà sulle coste italiane.

Molto dipenderà anche dall’eventuale successo delle tecnologie per produrre ingenti volumi di gas “pulito” di origine rinnovabile, ad esempio il biometano oppure l’idrogeno con sistemi Power-to-Gas (P2G) che impiegano elettricità eolica-solare per alimentare gli elettrolizzatori.

Intanto anche la Banca centrale europea potrebbe inaugurare un nuovo corso con Christine Lagarde, ex presidente del Fondo monetario internazionale, candidata alla guida della massima istituzione finanziaria dell’Ue.

Lagarde nei giorni scorsi ha dichiarato che bisogna ridurre un po’ alla volta gli investimenti in carbone, petrolio e gas, puntando invece sulle energie rinnovabili e sulle tecnologie che consentono di combattere il cambiamento climatico.

E questa spinta a disinvestire dalle fonti fossili non può che accompagnarsi a una riforma fiscale che deve includere lo stop ai sussidi ai carburanti tradizionali.

Un punto, quest’ultimo, che è al centro delle raccomandazioni inviate dalla Commissione Ue agli Stati membri sui Piani nazionali per l’energia e il clima al 2030 (PNIEC), le cui versioni definitive sono attese entro la fine di quest’anno.

Per il momento, Bruxelles ha bocciato tutti i paesi sul fronte dei sussidi alle fonti fossili: vedremo nei prossimi tre-quattro mesi come si evolverà il quadro.

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