Il nuovo Pniec italiano ha tanti limiti: non c’è un percorso chiaro per uscire dai combustibili fossili (soprattutto dal gas), gli obiettivi sulle rinnovabili elettriche potrebbero essere più ambiziosi, manca una governance per rendere il piano efficace in tutti i suoi interventi.
Questo, in sintesi, il giudizio del think tank italiano ECCO – specializzato in analisi sulle politiche energetiche e ambientali – sul Piano nazionale per l’energia e il clima al 2030, trasmesso dal governo italiano a Bruxelles nei giorni scorsi.
Il piano, infatti, scrive ECCO in una nota (link in basso alla pagella con tutti i giudizi), “non offre un coerente percorso di uscita dai combustibili fossili, in particolare per il gas, in linea con l’obiettivo di neutralità climatica al 2050”.
Inoltre, “non garantisce una percentuale di penetrazione delle rinnovabili nel sistema elettrico che tenga anche conto dell’obiettivo G7 sulla produzione elettrica sostanzialmente decarbonizzata al 2035”. Il documento, ricordiamo, prevede una quota delle rinnovabili elettriche pari al 65% dei consumi finali di elettricità nel 2030, con una quota aggiuntiva di capacità installata pari a 74 GW, meno del potenziale indicato dalle associazioni del settore.
Il Pniec italiano ha già ricevuto molte critiche dal mondo ambientalista, perché i traguardi sulle rinnovabili dovrebbero essere più incisivi e si concede un ruolo eccessivo al gas e alle soluzioni CCS (Carbon Capture and Storage) per catturare e stoccare le emissioni di CO2.
In generale, sostiene il think tank, “il quadro di politiche appare complesso, ridondante e, in diversi casi, contraddittorio rispetto all’obiettivo”.
Si critica anche l’approccio della neutralità tecnologica, perché “non è suffragato da una trasparente valutazione, necessaria anche per misurare l’efficacia della spesa pubblica”. Ciò vale, ad esempio, per il sostegno verso le pompe di calore a gas e per i motori endotermici nel settore dei trasporti.
Manca poi “un impianto di governance che renda il piano uno strumento attuativo ed efficace anche a seguito della sua approvazione”.
Il Pniec, afferma ECCO, “dovrebbe essere adottato mediante uno strumento legale adeguato”, prevedendo “meccanismi di attuazione con il pieno coinvolgimento dei territori e delle parti”.
Non basta insomma aver ripristinato il burden sharing regionale con gli obiettivi per le rinnovabili e aver elencato una serie di provvedimenti per semplificare le autorizzazioni.
Serve invece “un netto cambio di passo” per raggiungere gli obiettivi, valorizzando anche il contributo degli investitori e dei territori in un quadro di regole “non ambiguo”
In sostanza, il piano “dovrebbe consentire il monitoraggio, la valutazione e l’aggiornamento delle misure in relazione agli obiettivi, comprese le politiche abilitanti, in costante dialogo con le parti, gli enti e i soggetti coinvolti nell’attuazione, valorizzando le azioni dal basso (bottom up) sulla base di indirizzi chiari e non contraddittori dall’alto (top down)”.
Il lato positivo è che si percepisce “la volontà politica per il miglioramento”, quindi “il vero lavoro inizia adesso”, conclude il think tank.