Certificati Bianchi, come stanno andando per davvero?

Mentre i titoli di efficienza energetica rilasciati crescono, diminuiscono però i nuovi progetti presentati. Segno che le regole introdotte nel 2017, pur avendo semplificato, non hanno eliminato i problemi. Ne parliamo con Dario Di Santo, direttore Fire.

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I Certificati Bianchi o titoli di efficienza energetica (TEE) sono da quasi 20 anni il principale strumento per l’efficientamento energetico delle industrie, quello con il più basso rapporto costo-efficacia, secondo i commenti ufficiali.

Gli oltre 58 milioni di titoli riconosciuti dall’avvio del meccanismo alla fine dello scorso anno hanno consentito di risparmiare 29,3 Mtep di energia primaria.

Il ricorso ai TEE da parte di operatori e aziende in qualità di soggetti volontari, tuttavia, è diminuito negli ultimi anni e questo è avvenuto proprio a partire dalle modifiche introdotte nel 2017, seguite da altre nel 2021.

Probabilmente queste semplificazioni non hanno ancora avuto il tempo di manifestare i propri effetti, ma sembrano comunque aver risolto solo in parte i problemi, non riuscendo a facilitare l’accesso ai TEE soprattutto per i progetti più piccoli.

Le modifiche introdotte nel 2017 e nel 2021

Cosa è cambiato nel 2017? Lo schema nel complesso è rimasto invariato: per ottenere i Certificati Bianchi, titoli emessi dal Gse monetizzabili su appositi mercati, un soggetto volontario deve presentare un progetto che porti a un risparmio di energia primaria, farlo approvare dal Gse, realizzarlo e rendicontare i risparmi effettuando dei periodi di monitoraggio (generalmente ogni anno).

L’assegnazione dei titoli avviene solo una volta che il progetto è concluso e dopo la verifica e certificazione dei risparmi periodica da parte del Gse.

La novità introdotta dal D.M. 11 gennaio 2017 riguarda i criteri più severi sulla certificazione dei risparmi e le modalità di presentazioni dei progetti, a seconda di come vengono misurati i consumi.

Dal 4 aprile 2017, in particolare, è possibile presentare solo progetti a consuntivo (PC) che prevedono una misura puntuale dei consumi ex ante e post-intervento, oppure progetti standardizzati (PS) che permettono di restringere le misurazioni a un campione rappresentativo dei parametri.

In funzione della tipologia di progetto presentato, per ottenere i titoli è necessario presentare al Gse la Richiesta di certificazione dei risparmi, che potrà quindi essere una richiesta a consuntivo (RC) oppure standardizzata (RS).

Secondo Dario Di Santo, direttore della Fire, “la scelta presa nel 2017 di limitare lo schema ai soli progetti con misura e verifica dei risparmi energetici, eliminando le schede standardizzate, condita con criteri più stringenti sulla misura e verifica dei risparmi, ha limitato in modo forte la possibilità di parteciparvi”.

“Il problema – spiega Di Santo – non sta nell’approccio a consuntivo, che su progetti di taglia medio-grande può funzionare anche bene, ma sull’impiego di tale metodologia per tutti gli interventi potenziali”.

Al di là della complessità, c’è la questione economica. Su questo aspetto, il direttore della Fire ci dice: “se devo basare la scelta su un incentivo che comincerò a ricevere dopo più di un anno e mezzo dalla realizzazione dell’intervento e di cui non sono in grado di conoscere l’ammontare, è ovvio che si riducono sia l’attrattività che la materialità; paradossalmente, si rischia che vengano realizzati progetti che si farebbero comunque. Tanto per fare un paragone, nello schema francese, che va a gonfie vele, le imprese ricevono i certificati bianchi, calcolati come risparmi cumulati e attualizzati sulla vita utile dei progetti, tutti in un’unica soluzione dopo l’approvazione della proposta”.

Il D.M. 21 maggio 2021 ha invece aggiunto due importanti opzioni che stanno facendo del bene al meccanismo.

Si tratta delle Richieste preliminari che permettono di presentare le progettualità prima dell’invio formale dei progetti a consuntivo o standardizzati.

In particolare, esiste la Comunicazione Preliminare (CP) che consente di velocizzare un po’ i tempi (si anticipa la data riferimento dell’invio del progetto, che deve essere precedente all’avvio del progetto stesso), e la Richiesta di Valutazione Preliminare (RVP), che dà la possibilità di “sondare” in anticipo la concreta possibilità di ricevere gli incentivi, utile quando il progetto si discosta dalla tipologia di interventi standard della tabella ufficiale.

Dopo una Richiesta preliminare, il progetto, standardizzato o a consuntivo, va comunque presentato entro 24 mesi.

Cosa dicono i numeri dei TEE

A un primo sguardo i recenti numeri dei TEE sembrano abbastanza positivi.

Come emerge dal Rapporto Annuale Certificati Bianchi 2023 (pdf) rilasciato dal Gse nel mese di febbraio, l’esito positivo delle istruttorie ha generato il riconoscimento del di 1.029.558 Titoli di Efficienza Energetica da parte del GSE, pari a circa 0,46 Mtep di risparmi energetici ottenuti, con un incremento del 33% dei TEE riconosciuti rispetto al 2022 e un aumento del 46% dei risparmi.

Anche nei primi tre mesi del 2024 si conferma l’andamento positivo dei TEE: il Gse ha riconosciuto complessivamente oltre 223.000 nuovi titoli, da confrontare con i 128.300 titoli riconosciuti nello stesso periodo del 2023.

I numeri dei certificati emessi, tuttavia, non sono un indicatore assoluto, perché la maggior parte dei titoli rilasciati è relativa a progetti avviati diversi anni fa con le vecchie modalità e rendicontati ora. Ciò che conta davvero per valutare la salute attuale del meccanismo sono i nuovi progetti presentati con le regole valide dal 2017 e qui la situazione disegna un quadro un po’ diverso.

“I progetti presentati si sono effettivamente quasi dimezzati – osserva Di Santo – ma in compenso sono cresciute di oltre il 70% le comunicazioni preliminari. Ci si potrebbe dunque aspettare un incremento dei progetti presentati nel corso del 2024, anche se la correlazione non è certa. In generale nel 2024 si avrà comunque un aumento dei progetti collegati alle linee guida del 2017, ma è difficile fare previsioni sul totale dei TEE emessi in quanto non sia hanno informazioni né su quanti progetti vecchi termineranno la vita utile, né di quanti progetti approvati negli ultimi anni, ma non ancora seguiti da una richiesta di certificazione RC o RS, andranno a buon fine. Di buono c’è che finora solo un quarto del potenziale presentato fino al 2022 si è tradotto in certificati. Dunque, ci sarebbero margini di crescita anche importanti”.

Nel 2023, in effetti, sono stati presentati 191 progetti, tra PC e PS, in picchiata rispetto ai 310 del 2022 (si veda il grafico). Il numero di progetti presentati con le nuove regole, dopo un buon avvio nel 2017, è in discesa dal 2019 in poi: quell’anno erano stati 562.

In netta controtendenza solo le Richieste preliminari (530 CP e 16 RVP) che registrano un incremento consistente rispetto al 2022 dimostrandosi particolarmente apprezzate da imprese e operatori. Ma, come abbiamo osservato prima, non c’è la certezza assoluta che queste procedure preliminari portino poi all’effettiva presentazione e realizzazione dei progetti.

È evidente che qualcosa andrà modificato per rendere più appetibile il meccanismo, che in questo modo rischia di rimanere ampiamente sottoutilizzato.

“A mio avviso si sta perdendo un’occasione e, peggio ancora, non si stanno mettendo in campo opzioni alternative”, ha commentato Dario Di Santo.

“Già ci troviamo con le detrazioni fiscali in difficoltà nel post Superbonus, se fermiamo anche i TEE affidiamo il successo delle nostre politiche nel breve termine a Conto termico e Transizione 5.0. Solo che il primo schema, per quanto funzioni bene e sia in corso una consultazione su un importante potenziamento, rimane limitato nella sua capacità di produrre risparmi energetici. Per il secondo occorre vedere come andrà, vista la richiesta di raggiungere obiettivi di risparmio che crea una discontinuità con le certezze dei suoi predecessori”, ha concluso Di Santo.

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