Troppo gas e poca ambizione sulle rinnovabili: Pniec bocciato dagli ambientalisti

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Molte critiche sul target delle Fer elettriche fermo al 65%, sul ruolo eccessivo del gas e dei biocarburanti, oltre che sulle aperture alla cattura della CO2. La nota di WWF, Greenpeace, Legambiente, Kyoto Club e Transport & Environment.

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È del tutto negativo il giudizio delle associazioni ambientaliste sulla bozza del nuovo Piano nazionale per l’energia e il clima trasmesso dall’Italia a Bruxelles.

Il Pniec è contraddittorio, troppo sbilanciato sul gas, senza una visione chiara e addirittura “prende per buoni molti diversivi”, come la cattura della CO2 e i biocarburanti, per rallentare la transizione energetica verso le fonti pulite.

Lo scrivono in una nota congiunta WWF, Greenpeace, Legambiente, Kyoto Club e Transport & Environment.

Molte critiche riguardano gli obiettivi sulle rinnovabili elettriche, che “si fermano a un 65% al 2030 quando molte organizzazioni di settore, associazioni ambientaliste e istituti di ricerca sostengono si possa fare decisamente di più”. Altri Paesi, come Spagna e Portogallo, puntano molto più in alto, 81% e 85% rispettivamente.

Nel Pniec si scrive che si possano installare 74 nuovi GW complessivi di eolico e fotovoltaico, ben 11 in meno di quanto stimato da Elettricità Futura (85 GW).

E secondo lo studio commissionato da Greenpeace, Legambiente e WWF a ECCO e Artelys, si potrebbero realizzare addirittura 99 GW di nuova capacità eolica e fotovoltaica al 2030.

Il piano presentato dal governo Meloni poi continua ad assegnare “un ruolo troppo rilevante al gas naturale” e alle relative infrastrutture.

“Non si prende in esame – proseguono le associazioni – la già nota ridondanza di infrastrutture di approvvigionamento (sia gasdotti sia rigassificatori), destinati a essere sempre più inutili con il progressivo diffondersi delle fonti rinnovabili che faranno crollare massicciamente i consumi di gas”.

Si stima, infatti, che con 85 GW di nuove rinnovabili nel 2030 consumeremo 20 miliardi in meno di metri cubi di gas. Si ritiene poi “assurdo” ipotizzare altre aste del capacity market per sostenere nuovi impianti termoelettrici a gas. Le aste, invece, dovrebbero focalizzarsi sui sistemi di accumulo energetico, integrati con le rinnovabili.

Si considera, inoltre, “del tutto ideologico” il ruolo strategico attribuito alla tecnologia per la cattura e il sequestro della CO2 (CCS: Carbon Capture and Storage). Si tratta di soluzioni “poco più che sperimentali, potenzialmente rischiose e oltremodo costose, che sono funzionali solo a mantenere in piedi l’industria dei combustibili fossili”.

Non mancano le critiche all’idrogeno.

L’idrogeno, secondo le associazioni ambientaliste, “deve essere solo verde (ossia da fonti rinnovabili)” e vista la sua limitata disponibilità “andrà destinato solo a quei settori e ambiti che non possono essere direttamente elettrificati”, come le industrie pesanti.

In tema di trasporti, “appaiono positivi gli impegni (anche se non supportati da target numerici) per la mobilità dolce, lo spostamento modale verso forme di trasporto più sostenibili, lo sharing e il potenziamento del trasporto pubblico locale”.

Perplessità desta invece la previsione di un ampio contributo dei biocarburanti, soprattutto nel settore stradale. Peraltro, “il consumo di carburanti nei motori per i trasporti rimane lo stesso: 40 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio nel 2030 come nel 2021”.

L’Italia sembra quindi voler puntare “su un forte incremento del consumo di carburanti di origine biologica, con l’ambizione di raggiungere numeri incompatibili con la disponibilità di feedstock effettivamente sostenibili e mancando di distinguere tra biocarburanti realmente ‘avanzati’ e vettori che spesso sono più climalteranti degli idrocarburi fossili” (si veda anche la recente denuncia di Legambiente: Biodiesel, la maggior parte di quello usato in Italia non è green).

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