Mobilità elettrica e impatti occupazionali. Verso un nuovo paradigma sociale?

L’elettrificazione della mobilità è una sfida industriale e culturale enorme che potrà creare tensioni sociali per decine di migliaia di operatori dell’automotive. Per questo è urgente adeguare il sistema formativo professionale.

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I motori a combustione interna sono composti da centinaia di componenti e molti sistemi diversi ma complementari.

Un aspetto che implica un elevato tasso di guasti e rotture e, di conseguenza, anche continui e spesso elevati costi di manutenzione e riparazione.

Un motore endotermico è composto da pistoni, fasce elastiche, albero a gomiti, albero a camme, valvole, astine e bilancieri, carburatore, filtro dell’aria, sistema di accensione, tubo di scappamento, marmitta catalitica, condotti, guarnizioni e pompe varie.

Inoltre, molti altri sistemi garantiscono la funzionalità dei motori a combustione interna:

  • il sistema di alimentazione del carburante, con serbatoio, pompa di alimentazione e filtro della benzina;
  • il sistema di circolazione dell’olio per lubrificare il motore, con pompa, filtro, radiatore e condotti vari;
  • il sistema di raffreddamento, con radiatore, ventole, condotti vari;
  • il sistema di trasmissione, con frizione, cambio e differenziale.

Ci sono voluti più di 100 anni per arrivare a quella meraviglia tecnologica dei motori a combustione interna di cui oggi disponiamo.

D’altra parte, i motori elettrici sono formati da pochi componenti, con una struttura meno complessa in confronto a quella di un tradizionale motore diesel o a benzina.

Il motore elettrico è composto da uno statore e da un rotore che, alimentati dalla corrente elettrica fornita dalla batteria, generano dei campi elettromagnetici, i quali producono a loro volta una forza con la quale azionano le ruote attraverso la trasmissione.

In conclusione, un sistema di propulsione elettrico è molto più semplice e veloce da costruire e assemblare rispetto a un propulsore a combustione interna ed è quindi più economico.

Pertanto, il valore aggiunto di un propulsore elettrico è inferiore rispetto a un sistema a combustione interna. Il fatto che ora i veicoli elettrici siano più cari di quelli tradizionali dipende principalmente dalle economie di scala, regolate dal concetto di costo marginale. Ergo, meno sono i veicoli elettrici prodotti, più costano.

Il costo delle batterie, che ora raggiunge facilmente il 25% del valore di un’auto elettrica, è comunque in continua diminuzione.

Bloomberg New Energy Finance (BNEF) riporta, infatti, che i prezzi delle batterie al litio sono diminuiti dai 780 $/kWh del 2013 ai 139 $/kWh del 2023 e che il calo proseguirà nei prossimi anni arrivando a 80 $/kWh nel 2030.

Inoltre, i motori elettrici riescono a garantire anche un livello molto più alto di efficienza dal punto di vista energetico: il rendimento, dalla fonte alla ruota, di un’auto elettrica è intorno al 70% contro il 30% massimo di un’auto a benzina.

Da non trascurare poi il fatto che i motori elettrici hanno una durata operativa almeno tripla rispetto ai motori endotermici e che i costi di manutenzione dei propulsori elettrici sono decisamente inferiori di circa un ordine di grandezza rispetto ai propulsori termici.

La transizione di massa verso i veicoli elettrici impatterà fortemente sulla rete di assistenza agli autoveicoli.

Secondo l’Associazione Nazionale della Filiera Automobilistica (ANFIA), in Italia si contano oltre 83mila officine di autoriparazione con circa 195mila occupati e 14 miliardi di euro di fatturato annuo.

Di queste, la categoria più rappresentata è quella dei meccanici-motoristi, con il 52% degli addetti, senza considerare chi opera nei centri di revisione dei concessionari (altre 9.000 unità).

Cosa ne sarà di tutti questi professionisti che spesso riescono a diagnosticare un malfunzionamento semplicemente ascoltando il rombo del motore?

Sicuramente molti dovranno convertirsi e reinventarsi, soprattutto i giovani e tanti dovranno ritornare a scuola. La categoria degli elettrauti, che oggi è rappresentata appena il 9% del totale degli addetti, è destinata ad aumentare esponenzialmente riciclandosi verso l’elettronica di potenza e i relativi software.

Inoltre, nell’ambito del commercio al dettaglio dei carburanti, dove in Italia si contano oltre 50mila occupati con un fatturato annuo di 31 miliardi di euro, molti benzinai verranno falcidiati dall’avvento della trazione elettrica, se non saranno in grado di riconvertire all’elettrico le stazioni di servizio di loro pertinenza.

L’elettrificazione della mobilità è una sfida industriale e culturale straordinaria che rischia tuttavia di creare forti tensioni sociali per decine di migliaia di operatori nel settore dell’automotive.

Minori costi di costruzione e maggiore durata dei veicoli, minori costi di manutenzione e riparazione, maggiore efficienza dei propulsori e forte riduzione dei consumi di carburante caratterizzeranno l’avvento della mobilità elettrica. Questo comporterà, oltre che a una riduzione di valore in tutta la filiera, il rischio concreto di una rilevante riduzione della forza lavoro occupata in tutta la filiera.

La transizione della filiera della mobilità è già iniziata, pur con diversi livelli di rapidità.

Se da un lato le imprese maggiormente impegnate nella transizione sono quelle che dispongono di robusti dipartimenti di ricerca e sviluppo, d’altro canto le imprese di piccole dimensioni, che operano nell’ambito della componentistica, sperimenteranno una transizione più lenta e l’ingresso di nuovi concorrenti imporrà loro di riorganizzare i processi di creazione di valore.

Infine, molte criticità che affliggono tipicamente il sistema industriale italiano vanno affrontate: mancanza di chiari indirizzi politici, identificazione delle priorità d’investimento, rapporti con la pubblica amministrazione e accesso ai finanziamenti.

Ma non meno importante è la mancanza ancora di una connessione con il sistema nazionale e locale dell’istruzione e della formazione professionale, che ha bisogno di poter riorientare rapidamente tutti quegli indirizzi professionali che diventeranno sempre di più obsoleti.

Questo rende urgente riconsiderare e adeguare il sistema formativo professionale alla transizione verso la mobilità elettrica, un’altra grande sfida che il paese deve affrontare .

Purtroppo, alcune forze politiche, per lo più del campo conservatore, ma non solo, conducono battaglie di retroguardia e tendono a contrastare e a rallentare la diffusione dei veicoli elettrici, diffondendo le fake-news più disparate, dalla pericolosità delle batterie al rischio di black-out delle reti elettriche, fino all’incubo dell’invasione di veicoli e prodotti cinesi.

Questi politici e decision maker dovrebbero rendersi conto che il processo di conversione in atto è ormai inarrestabile e che verrà completato nell’arco di un decennio o poco più.

Sarebbe molto più proficuo orientare le scelte politiche verso la predisposizione di quadri regolatori stabili nell’ambito di nuove politiche industriali che potranno avere un ruolo fondamentale non solo nel supportare la transizione delle capacità produttive del Paese, ma anche nella consapevolezza di operare per un futuro più sostenibile e duraturo.

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