Cina, Usa, Europa. Si è scatenata una gara a decarbonizzare velocemente le proprie economie, provando a risolvere così anche problemi di carattere occupazionale e ambientale.
Queste dinamiche sono destinate a fare i conti con un’emergenza climatica sempre più implacabile, con alluvioni, siccità e incendi. Il mese di giugno 2023 ha registrato il record assoluto di temperatura livello globale (+1,05 °C, e +1,21 °C nell’emisfero nord), con 0,5 °C in più rispetto alla media 1991-2020, mentre il 4 luglio c’è stato un picco mai visto secondo l’Organizzazione Metereologica Mondiale.
La natura si ribella. E siamo solo all’inizio dello sviluppo di El Niño.
Ma correre con le rinnovabili non basta. Per liberarci dai fossili dobbiamo accelerare, riducendo la domanda di energia con il miglioramento dell’efficienza, ma anche cambiando stili di vita. Ed è persino superfluo sottolineare che occorrerebbe anche rivedere il modello economico.
Politiche climatiche-energetiche e geopolitica
La Cina non l’avevamo vista partire, e adesso allunga sempre di più. Pechino, leader mondiale, punta a raggiungere i suoi obiettivi 2030 sulle rinnovabili già nel 2025, con 750 GW programmati, che si aggiungeranno ai 757 GW di solare e vento già realizzati. Dopo aver conquistato la leadership sul fronte dell’auto elettrica ora minaccia l’Occidente.
Una politica che, sul fronte interno, ha consentito di migliorare la qualità dell’aria delle città e ha garantito notevoli ricadute occupazionali.
Per quanto riguarda gli Usa, secondo Goldman Sachs, grazie all’Inflation Reduction Act (Ira) verranno investiti entro il 2032 ben tre trilioni di dollari nelle rinnovabili, che potrebbero arrivare ad eguagliare e poi superare la quantità di energia prodotta dal petrolio e gas estratti in modo non convenzionale.
La rivoluzione dello shale era iniziata 15 anni fa, ma fra dieci anni la produzione è destinata a calare. Ricordiamo che Biden ha puntato sulla sfida verde anche per rilanciare l’economia e aumentare i posti di lavoro: nei primi sei mesi dal lancio di IRA ne sono stati creati 100mila, ma al 2032 sono previsti 9 milioni di nuovi occupati.
Anche l’Europa fa la sua parte ma, mossasi per prima vent’anni fa, ora rischia di venire spiazzata.
Secondo lo Strategic Foresight Report 2023 della Commissione europea, saranno necessari investimenti aggiuntivi complessivi di 620 miliardi di euro l’anno per raggiungere gli obiettivi del Green Deal e di RepowerEU.
La Ue è già pronta a spendere 578 miliardi €, il 30% del suo bilancio, per azioni attinenti alla crisi climatica nel periodo 2021-2027. Ma la maggior parte delle risorse dovrà provenire da finanziamenti privati, con un contributo anche da parte degli Stati membri.
L’Europa, peraltro, deve anche liberarsi al più presto dal gas russo dopo l’aggressione all’Ucraina. “Il tempo in cui la democrazia liberale era il modello più ovvio è finito”, ha dichiarato il vicepresidente della Commissione, Maroš Šefčovič.
La geopolitica diventa “geoeconomia verde” e si apre una battaglia di modelli tra Europa, Usa e Cina, che si traduce anche nella possibilità di diventare un riferimento per i paesi in via di sviluppo.
Insomma, è in atto uno scontro tra le tre superpotenze che si gioca su diversi livelli, e quello della transizione energetica sarà centrale.
Le destre estreme europee contro le politiche climatiche
Ma l’Europa deve fare i conti con i partiti della destra estrema che attaccano frontalmente le politiche climatiche. Un ostacolo destinato ad avvantaggiare Cina e Usa.
Carlo Fidanza, capogruppo di Fratelli d’Italia al Parlamento europeo ha dichiarato: “per raggiungere i folli obiettivi di una transizione ecologica fondata solo sull’ideologia, ignorando il pragmatismo, servirebbero sforzi insostenibili per Stati, famiglie e imprese. Costerebbe 150.000 miliardi”.
E, secondo Salvini, “sulle auto elettriche la Ue è ideologica, da ricovero coatto. Milioni di disoccupati solo per avere un Paese green”. Per la Lega, inoltre, la proposta di direttiva per le case green è “un attacco alle case degli italiani, una euro-patrimoniale nascosta”.
Ma le tensioni stanno crescendo in molti altri paesi europei.
Vediamo cosa succede in Germania. I sondaggi mostrano come due terzi dei sostenitori dei Verdi tedeschi ritengono che le misure di protezione del clima stiano avvenendo troppo lentamente, mentre più della metà degli elettori di AfD ritiene che il governo si stia muovendo troppo velocemente.
Secondo i sondaggi, il sostegno ad AfD è in crescita, al 20%, mentre i Verdi devono far fronte ad un calo di consensi.
La politica sul clima, che la maggior parte dei tedeschi ritiene essere la sfida più seria dei prossimi anni, è il punto focale delle critiche dell’AfD. Del resto, è l’unico partito tedesco che nega che l’attività umana stia contribuendo al cambiamento climatico.
Diversa la situazione in Spagna, dove l’estrema destra di Vox, pur riconoscendo i rischi del riscaldamento del pianeta, considera l’azione multilaterale su questo fronte come una minaccia per la nazione e punta a soluzioni come la conservazione del ruralismo e dei mezzi di sussistenza tradizionali.
Il partito di Abascal vorrebbe smantellare la legge sul clima approvata dal governo Sánchez, chiede anche la sospensione del Green Deal europeo e l’uscita della Spagna dagli Accordi di Parigi. Vox è pure fortemente contrario all’eolico.
In Francia, il partito Rassemblement National (RN) di Le Pen è diventato un ultras del nucleare, arrivando a proporre ben 20 nuovi reattori entro il 2036, superando in curva Macron che si limita a parlare di 14 nuove centrali entro il 2050.
Ma lo scontento riguarda molti fronti, come ci dimostra il caso olandese.
In due anni, Caroline van der Plas, leader del movimento Contadini-Cittadini (BBB), è riuscita a capitalizzare una rivolta guidata da “agricoltori che temono per la loro sopravvivenza su una terra dove hanno vissuto e lavorato per generazioni”.
La sua indignazione, che si concentra sul piano governativo di riduzione delle emissioni di azoto del settore agricolo e di forte limitazione del numero di capi di bestiame, ha portato a coalizzare molti interessi, tanto che il 15 marzo, in un’importante elezione provinciale il BBB è diventato il più grande partito del paese, superando anche il Partito liberale del primo ministro Mark Rutte.
Le posizioni delle forze di estrema destra sono dunque preoccupanti non solo per i risvolti nazionali (in Spagna si rivota il 23 luglio e in Olanda in autunno), ma soprattutto per i nuovi equilibri che si potrebbero creare con le elezioni europee l’anno prossimo, con il rischio di mettere in discussione le politiche climatiche ed energetiche europee e avvantaggiando così Cina e Usa.
L’articolo è tratto dall’editoriale della rivista bimestrale QualEnergia (n.3/2023).
La versione digitale integrale della rivista bimestrale QualEnergia è scaricabile gratuitamente dalle newsletter per tutti gli abbonati di QualEnergia.it PRO (5 numeri all’anno). Attiva il tuo abbonamento.