Il Parlamento Ue con gli attivisti del clima: l’unica strada è azzerare le emissioni

Mentre gli studenti in tutto il mondo sono in piazza per difendere l’ambiente con il #GlobalStrikeForFuture, gli eurodeputati votano due risoluzioni per aumentare l’impegno degli Stati membri contro i cambiamenti climatici. Quali obiettivi?

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Eliminare il carbone e tutti i sussidi alle fonti fossili, diminuire più rapidamente le emissioni inquinanti, innalzare gli obiettivi al 2030 su energia e clima: con due risoluzioni approvate a larghissima maggioranza (testi allegati in basso), il Parlamento europeo sottolinea che è necessario aumentare l’impegno per combattere i cambiamenti climatici in linea con gli accordi internazionali di Parigi.

E questo richiamo a un maggiore impegno climatico è arrivato proprio alla vigilia di quello “sciopero mondiale per il futuro” che oggi, 15 marzo, sta coinvolgendo attivisti e studenti in tutto il mondo, soprattutto in Europa (vedi qui  e la foto del titolo, presa dalla diretta dell’evento che sta facendo La Nuova Ecologia).

Una sola via possibile

Tanto che nella risoluzione sul clima, gli eurodeputati hanno inserito un chiaro riferimento alle iniziative nate  intorno alla figura di Greta Thunberg, la giovanissima attivista svedese che è stata appena nominata per una candidatura al premio Nobel per la pace.

Il Parlamento Ue, si legge, (neretti nostri in tutte le citazioni), “si compiace del fatto che i cittadini di tutta Europa, in particolare le giovani generazioni, siano sempre più attivi nel manifestare a favore della giustizia climatica; accoglie con soddisfazione le richieste di tali attivisti, che sollecitano un maggiore livello di ambizione e interventi celeri per evitare lo sforamento della soglia climatica di 1,5° C; ritiene che i governi nazionali, regionali e locali nonché l’Unione debbano prestare ascolto a tali richieste”.

Nel documento, in particolare, si afferma che l’unico percorso compatibile con l’obiettivo di limitare l’aumento medio delle temperature a 1,5-2 gradi centigradi entro la fine del secolo, rispetto all’età preindustriale (come stabilito dagli accordi parigini del 2015) sia quello di azzerare le emissioni nette di anidride carbonica entro il 2050.

Ecco perché gli europarlamentari hanno scartato la maggior parte degli scenari di de-carbonizzazione proposti dalla Commissione Ue nella strategia 2050: solo due su otto, infatti, prevedono l’azzeramento della CO2. Tra l’altro, la risoluzione sostiene che tale azzeramento vada perseguito in primo luogo attraverso una riduzione diretta delle emissioni e con interventi per “conservare e potenziare i pozzi di assorbimento e le riserve naturali dell’Ue” come le foreste e gli altri ecosistemi a rischio.

Quindi escludendo il più possibile l’utilizzo di tecnologie per rimuovere la CO2 già emessa nell’atmosfera, come il CCS (Carbon Capture and Storage).

Così il Parlamento europeo è favorevole a innalzare l’obiettivo intermedio di riduzione della CO2 al 2030: si propone un -55% di emissioni rispetto ai livelli del 1990.

Stop al carbone, via libera all’auto elettrica

Nella risoluzione sull’aria pulita per tutti, invece, il Parlamento Ue invita gli Stati membri “a eliminare gradualmente l’impiego del carbone come fonte energetica al più tardi entro il 2030”. Ricordiamo che la Germania punta a raggiungere questo traguardo nel 2038, mentre l’Italia ha stabilito di uscire da questa fonte fossile entro il 2025.

Inoltre, nel documento si chiede “la graduale eliminazione delle sovvenzioni ai combustibili fossili” e si esortano gli Stati membri “a eliminare qualsiasi incentivo o agevolazione fiscale o storno di bilancio che, direttamente o indirettamente, favorisca mezzi di trasporto ad alte emissioni, in linea con il principio della parità di condizioni di concorrenza”.

Mentre sui trasporti, il Parlamento Ue “sottolinea che è fondamentale incentivare il mercato dei veicoli elettrici e fornire agli Stati membri raccomandazioni di orientamento per incoraggiarli ad attuare incentivi fiscali per i veicoli a emissioni zero e a basse emissioni”, come in parte sta provando a fare l’Italia con il bonus/malus ecologico per l’acquisto di nuove auto.

Quanta strada resta da fare

Mentre gli studenti scendono in piazza e Strasburgo gioca le sue carte istituzionali, conviene rivedere quali sono gli impegni presi finora in concreto a livello Ue.

Ricordiamo che la base scientifica della lotta contro il surriscaldamento globale è il rapporto dell’IPCC pubblicato lo scorso ottobre, dove l’organo delle Nazioni Unite che studia il clima (Intergovernmental Panel on Climate Change) ha chiarito che per rimanere nella soglia di +1,5-2 gradi di aumento delle temperature bisognerà azzerare le emissioni inquinanti per la metà del nostro secolo.

Con uno sforzo senza precedenti nella storia umana per trasformare il modo di produrre e utilizzare l’energia su scala globale.

Tuttavia, un rapporto del programma ambientale dell’ONU (Unep, United Nations Environmental Programme) uscito pochi mesa fa, evidenziava che il livello di emissioni nel 2030, secondo le proiezioni, sarà molto più alto rispetto alla traiettoria richiesta per evitare un eccessivo surriscaldamento terrestre.

In altre parole: l’Europa, così come gli altri paesi di tutto il mondo, deve assolutamente ridurre in modo più rapido e netto le emissioni già nei prossimi anni, altrimenti gli obiettivi climatici rimarranno fuori portata.

Un recente studio di Agora Energiewende ha spiegato quale cammino dovrà seguire l’Europa per conseguire quei traguardi al 2030 definiti dalle nuove direttive Ue, poi incorporati nei Piani nazionali integrati su energia e clima trasmessi a Bruxelles (PNIEC, vedi qui tutti gli approfondimenti sul piano italiano).

In sintesi, l’Europa ha previsto di portare le rinnovabili al 32% dei consumi finali lordi di energia, migliorare l’efficienza energetica del 32,5% e diminuire le emissioni di CO2 di almeno il 40% rispetto ai livelli registrati nel 1990.

Il punto che emerge dalle analisi di Agora Energiewende è che tali obiettivi, anche se pienamente raggiunti, permetteranno di “ripulire” solo parzialmente il mix energetico complessivo dell’Unione europea, perché le fonti fossili continueranno a essere protagoniste in molti settori, ad esempio nei trasporti.

Lo stesso PNIEC italiano, come osservato in precedenza, è uno strumento inadeguato, troppo “morbido” in molti passaggi.

Ecco perché si sta cercando di alzare il livello dell’impegno richiesto a tutti i paesi.

Il percorso tracciato finora per il 2030 non ci porterà all’azzeramento delle emissioni nel 2050 come richiesto dall’IPCC e dagli scenari più ambiziosi – anche se distanti da una prospettiva orientata al 100% di fonti rinnovabili: vedi qui – proposti dalla Commissione Ue nella strategia per un impatto climatico zero.

Documenti allegati:

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