Se volete aiutare il clima, fate bene a usare meno l’automobile, ma fareste anche bene a mangiare meno carne e prodotti animali: un nuovo rapporto di Greenpeace, Farming for failure (allegato in basso), riporta l’attenzione su un tema spesso trascurato nelle discussioni sul cambiamento climatico.
Si parla, infatti, dell’impatto ambientale provocato dall’allevamento di animali.
Secondo le stime riportate da Greenpeace, l’allevamento nel 2018 ha generato circa 703 milioni di tonnellate di CO2 equivalente in Europa, considerando sia le emissioni dirette (501 Mt/CO2eq) sia quelle indirette, come riassume la tabella seguente, tratta dallo studio di Greenpeace e basata sugli ultimi dati disponibili (FAO 2018).
E qui conviene precisare la differenza: per emissioni dirette si intendono quelle derivanti dalla produzione animale (carne, latticini, uova), tra cui soprattutto il metano (prodotto dalla fermentazione enterica del bestiame, cioè dalla loro digestione oltre che dal letame) e gli ossidi di azoto per via dell’uso crescente di fertilizzanti chimici.
Mentre le emissioni indirette sono associate all’uso dei suoli: un tipico esempio è la deforestazione per creare nuovo spazio agli allevamenti e alle colture necessarie per foraggiare il bestiame, con conseguente perdita di bacini naturali (le foreste) in grado di assorbire anidride carbonica.
Ebbene, scrive Greenpeace, le emissioni totali di CO2eq imputabili alla produzione animale in Europa, nel 2018, hanno superato le emissioni complessive di tutte le automobili e i furgoni nei 28 Stati membri (655 Mt di CO2eq; il calcolo comprende la Gran Bretagna, che nel 2018 era parte dell’Unione europea).
E le emissioni totali della produzione animale, sempre nel 2018, hanno superato le emissioni combinate di CO2 di quattro paesi come l’Italia, il Belgio, la Danimarca e la Romania, pari complessivamente a circa 710 milioni di tonnellate di anidride carbonica.
In sostanza, afferma Greenpeace, le politiche Ue per ridurre le emissioni inquinanti, puntando all’obiettivo della neutralità carbonica nel 2050, dovranno riservare maggiore attenzione alle attività agricole e agli allevamenti animali.
In particolare, l’associazione ambientalista suggerisce di eliminare i sussidi all’agricoltura basati sugli ettari di terreno, e di fissare limiti vincolanti al numero di capi di bestiame che una fattoria può possedere per ogni ettaro, superati i quali non sarà più possibile ottenere sussidi.
Inoltre, si suggerisce di promuovere la transizione verso un’agricoltura più ecologica, stabilendo anche degli obiettivi volti a ridurre il consumo europeo di carne e latticini nel 2030 e 2050, in linea con i nuovi traguardi climatici del Green Deal.