Fossili in continuo aumento nel nuovo piano Eni

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Produzione upstream in crescita a un tasso medio annuo del 3-4% fino al 2027 e alle rinnovabili solo 7 centesimi per ogni euro investito. Il Piano strategico 2024-2027 di Eni e le critiche di Greenpeace Italia, ReCommon e Reclaim Finance.

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Per ogni euro investito nelle attività di Plenitude, la sua divisione low carbon, Eni investe più di 15 euro in petrolio e gas.

E poiché Plenitude comprende anche attività di commercializzazione e vendita al dettaglio del gas, per ogni euro investito in combustibili fossili soltanto sette centesimi scarsi vanno in energie rinnovabili.

Eni ha presentato il 14 marzo il proprio Piano strategico 2024-2027 in occasione del Capital Markets Update 2024, e le associazioni ambientaliste Greenpeace Italia, ReCommon e Reclaim Finance criticano ancora una volta le scelte del Cane a sei zampe (le slide di presentazione di Eni e il contenuto del Piano sono disponibili in allegato in fondo all’articolo).

Stando alle informazioni messe a disposizione dall’azienda, con l’attuale livello di produzione di petrolio e gas e lo sviluppo futuro dei suoi giacimenti, nel 2030 la produzione sarà superiore del 35% rispetto al livello richiesto per allinearsi agli obiettivi fissati dallo scenario Emissioni Nette Zero promosso dall’Agenzia Internazionale dell’Energia.

Ma tali stime – spiegano le associazioni in una nota – sono addirittura conservative, perché da qui al 2027 Eni prevede di aumentare la produzione di petrolio e gas e di mantenerla costante fino al 2030. Così facendo, la sua produzione sarà superiore di ben il 71% rispetto allo scenario Emissioni Nette Zero.

“Questa strategia industriale viola i diritti umani, acuisce le disuguaglianze sociali e contribuisce a intensificare gli eventi meteorologici estremi”, dichiara Simona Abbate, campaigner clima di Greenpeace Italia. “Eni trascina il nostro Paese nella sua folle strategia industriale sul Gnl – aggiunge – rendendoci dipendenti da una fonte energetica che ci condannerà all’inferno climatico. Serve un cambio di rotta e serve ora”.

Tra l’azienda e le associazioni ReCommon e Greenpeace pende anche una causa, dopo che queste hanno denunciato Eni per accertarne “la responsabilità nei confronti della popolazione italiana per danni alla salute, all’incolumità e alle proprietà” e per far sì che l’azienda “sia condannata a rivedere la sua strategia industriale”.

Secondo le rivelazioni dell’ad Claudio Descalzi la produzione upstream è prevista in crescita a un tasso medio annuo del 3-4% fino al 2027, estendendo questo rialzo di un ulteriore anno rispetto al piano precedente con un tasso di crescita medio annuo del 2% al netto delle attività di portafoglio previste.

Nel 2024 la produzione si attesterà tra 1,69 e 1,71 milioni di bep/giorno. Nel 2030 il 60% della produzione sarà costituita da gas, con l’obiettivo di arrivare al 90% tra il 2040 e il 2050. “Riteniamo che la transizione energetica possa essere realizzabile se genera ritorni adeguati e sostenibili, e pone le basi per nuove e profittevoli forme di business. Ed è proprio quello che stiamo facendo”, afferma Descalzi.

Dichiarazioni alle quali fanno eco quelle di Eva Pastorelli, campaigner di ReCommon: “Il campione nazionale Eni continua a portare alto nel mondo il vessillo dello sfruttamento dei combustibili fossili made in Italy, imponendosi come principale ostacolo a una giusta transizione in Italia e nel Sud Globale, badando solamente ai propri profitti”. E nnon parla certo di vantaggi per i consumatori.

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