Emergenza clima, il 2019 non ha risolto la “battaglia” tra scienza e realtà

  • 20 Dicembre 2019

Continua a esserci un ampio divario tra quello che raccomandano gli scienziati e quello che fanno i governi di tutto il mondo: ripercorriamo le tappe principali dell’anno che si sta per chiudere.

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Come stanno andando le cose per il clima e quali risposte sono arrivate dai paesi di tutto il mondo per affrontare l’emergenza ambientale?

Dopo il sostanziale fallimento della CoP 25 a Madrid è tempo di fare un bilancio sul 2019, partendo proprio da quel crescente divario tra “scienza” e “realtà” rimarcato da un rapporto dell’Unep (il programma ambientale delle Nazioni Unite), Emissions Gap Report, prima che iniziasse la conferenza mondiale sul clima in Spagna.

Cosa dice la scienza

In pratica, affermano gli scienziati in quel rapporto, le emissioni globali di anidride carbonica dovrebbero diminuire del 7,6% l’anno tra 2020 e 2030 per seguire una traiettoria compatibile con il traguardo stabilito dagli accordi di Parigi, cioè contenere a +1,5 gradi l’aumento medio delle temperature entro fine secolo, in confronto all’epoca preindustriale.

E per puntare ai 2 gradi di surriscaldamento le emissioni dovrebbero scendere del 2-3% l’anno nello stesso periodo, richiedendo ai governi mondiali uno sforzo all’incirca triplo per tagliare la CO2, rispetto agli impegni volontari presi finora nei rispettivi piani nazionali (NDC, Nationally Determined Contributions).

Peccato che il nostro Pianeta, spiegano gli esperti dell’Unep, stia andando verso un incremento delle temperature di circa 3,2 gradi.

Difatti, le emissioni anziché diminuire stanno continuando a crescere.

Lo scorso maggio, la concentrazione di CO2 nell’atmosfera aveva raggiunto il massimo storico fino a quel momento, pari a 414,66 parti per milione (ppm) secondo i dati della NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) rilevati dall’osservatorio di Mauna Loa, nelle Hawaii.

Così non c’è alcun segno di un’inversione di tendenza nel “cammino” della CO2.

Secondo le ultime proiezioni del Global Carbon Project in uno studio realizzato con due università inglesi (East Anglia-Exeter), le emissioni prodotte complessivamente dai combustibili fossili aumenteranno dello 0,6% circa nel 2019 sfiorando 37 miliardi di tonnellate.

L’aumento è leggermente più contenuto in confronto al 2017-2018 grazie soprattutto al minore utilizzo di carbone per la generazione elettrica, anche se le previsioni, su questo fronte, non sono molto incoraggianti, dato che l’Agenzia internazionale dell’energia (IEA) ritiene assai probabile un nuovo boom di questa fonte fossile in Asia nei prossimi anni.

Intanto la World Meteorological Association (WMO) ha appena pubblicato sul suo sito web un bollettino dove afferma che il 2019 è candidato a diventare il secondo o terzo anno più caldo della storia; il risultato preciso si avrà con i dati definitivi a gennaio.

Ancora più importante, sottolinea la WMO, è la tendenza di lungo periodo del surriscaldamento: le temperature medie registrate nel decennio 2010-2019, si legge nel bollettino, quasi certamente saranno le più alte di sempre.

Dal 1980 ogni decennio è sempre stato più caldo di quello precedente, precisano gli esperti dell’associazione meteorologica mondiale.

Ma le temperature sono solo una parte della storia, ammonisce la WMO. Scioglimento dei ghiacci artici, acidificazione degli oceani, eventi meteorologici estremi come siccità prolungate, ondate di calore, vasti incendi e, all’opposto, alluvioni e tifoni, hanno contraddistinto l’evoluzione climatica degli ultimi anni e con ogni probabilità continueranno a farlo.

Il nostro Pianeta, si legge ancora nel bollettino, sta “viaggiando” verso un aumento delle temperature di 3-5 gradi entro la fine di questo secolo, dopo essere già salita di circa 1,1 gradi dall’età preindustriale.

Cosa stanno facendo i governi

Di fronte all’emergenza climatica, le risposte dei governi sono state del tutto insufficienti.

Alla CoP di Madrid i campanelli d’allarme della scienza sono rimasti inascoltati: nessun accordo è stato raggiunto sui punti fondamentali che dovrebbero portare verso quella drastica e rapida riduzione delle emissioni inquinanti, raccomandata già un anno fa dagli scienziati dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change, il “braccio” delle Nazioni Unite che studia l’evoluzione del clima).

In particolare, sono falliti i negoziati per definire un mercato internazionale delle quote di carbonio.

L’Europa, dal canto suo, sta provando a costruire una politica climatica più ambiziosa, che potrebbe anche fare da guida agli altri paesi.

La nuova commissione Ue di Ursula von der Leyen ha appena svelato la “prima pietra” del Green Deal europeo, che punta ad azzerare le emissioni nette di CO2 nel 2050. Entro 100 giorni dovrebbe arrivare la prima legge climatica europea, con una serie di misure volte a de-carbonizzare il sistema economico del nostro continente.

E l’Europa ha anche trovato l’intesa sulla “tassonomia” green, la nuova classificazione degli investimenti secondo criteri di compatibilità ambientale, in modo da promuovere la finanza “verde” a sostegno dei progetti nelle fonti rinnovabili, nell’efficienza energetica e nei trasporti a basso contenuto di CO2.

Ma ovviamente il percorso futuro della CO2 resta appeso a quello che faranno colossi come gli Stati Uniti (ricordiamo che Trump ha deciso di uscire dall’accordo di Parigi), l’India e la Cina; Pechino, in particolare, riassume perfettamente le contraddizioni dell’attuale sistema energetico, dove si investe sempre di più in fonti pulite ma si fatica ad abbandonare il carbone.

Gli ultimi dati dei ricercatori indipendenti del Global Energy Monitor, infatti, rivelano che la Cina è in controtendenza rispetto al resto del mondo sul carbone, perché sta continuando a costruire nuovi impianti per produrre elettricità con questa fonte fossile; si parla di quasi 150 GW in cantiere.

Insomma il 2019 è avviato a una conclusione che lascia tutto in sospeso: emissioni in aumento, eventi estremi più intensi e frequenti, caldo record, fallimento dei negoziati sul clima…

Non fa molta eccezione l’Italia che secondo i dati diffusi dall’Enea, archivierà il 2019 con un lieve calo delle emissioni di CO2 (1% circa), comunque insufficiente a puntare ai traguardi indicati nel Piano nazionale su energia e clima per il 2030.

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