L’attuale modello di sviluppo economico-energetico è totalmente incompatibile con gli obiettivi per il clima al 2030 e 2050.
Ecco come il programma ambientale delle Nazioni Unite (Unep, United Nations Environment Programme) torna a evidenziare l’enorme divario tra “dove stiamo andando” e “dove si dovrebbe andare” in tema di surriscaldamento globale.
Pochi giorni fa, l’Unep ha pubblicato il Production Gap Report 2020 per spiegare che i governi stanno pianificando di incrementare la produzione di carbone, petrolio e gas del 2% l’anno in media da qui al 2030, anziché ridurla.
In sostanza, le azioni dei governi su scala mondiale contraddicono gli annunci di obiettivi net-zero per azzerare le emissioni nette di anidride carbonica entro metà secolo.
E con lo studio Emissions Gap Report 2020 (link in basso), l’Unep mostra quanto i Paesi siano ancora lontani dal raggiungere il traguardo fissato dagli accordi di Parigi nel 2015: limitare l’aumento della temperatura media del Pianeta a +1,5-2 gradi entro fine secolo, in confronto all’età preindustriale (1850-1900).
Due sono i dati più rilevanti.
Innanzitutto, le emissioni totali di gas serra nel 2019 hanno toccato il record di 59,1 giga-tonnellate (Gt) di CO2e, vale a dire, 59 miliardi di tonnellate di anidride carbonica equivalente.
Dal 2010, si legge nella sintesi del rapporto, le emissioni complessive sono cresciute in media di 1,4 punti percentuali ogni anno, segnando un +2,6% nel 2019 a causa di un aumento degli incendi forestali (gli incendi sono una notevole fonte di emissioni di CO2).
L’altro dato rilevante è che nel 2020 le emissioni totali di CO2e vedranno un calo di circa il 7% in confronto ai dodici mesi precedenti, “grazie” agli effetti innescati dalla pandemia da Covid-19 con il lockdown, tra cui la minore produzione di energia elettrica, le restrizioni degli spostamenti e le minori attività industriali.
Tuttavia, come spiegava già Luca Mercalli in questa intervista a QualEnergia.it dello scorso maggio, questo calo annuale della CO2, se rimarrà circoscritto al 2020, avrà una conseguenza trascurabile sulla tendenza del clima di lungo periodo, stimabile, afferma l’Unep, in una riduzione della temperatura globale di appena 0,01 gradi al 2050.
Ecco perché diventa fondamentale, si legge nel rapporto, utilizzare i piani di ripresa economica per investire nella transizione “verde”: fonti rinnovabili, efficienza energetica, tutela degli ecosistemi, in modo da ridurre costantemente le emissioni di CO2.
Con una ripresa incentrata sulle energie pulite e sul graduale abbandono dei combustibili fossili, spiega l’Unep, si potrebbero tagliare del 25% le emissioni inquinanti che si avrebbero nel 2030 se invece si continuerà a investire con le politiche correnti (le politiche definite prima della pandemia).
In pratica, tra dieci anni le emissioni totali potrebbero essere scese a 44 miliardi di tonnellate di CO2e contro le previste 59 giga-tonnellate nello scenario “Current policies”.
Così l’obiettivo dei 2 gradi di riscaldamento sarebbe ancora a portata di mano.
Ricordiamo poi che il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, nel suo discorso sullo stato del Pianeta alla Columbia University, ha dichiarato che “fare pace con la natura è il compito prioritario del ventunesimo secolo”, “making peace with nature is the defining task of the 21st century”.
La ripresa dalla pandemia è un’opportunità, ha affermato Guterres alla Columbia, “per evitare il cataclisma climatico e ristabilire il nostro Pianeta”.
Così l’obiettivo centrale per le Nazioni Unite nel 2021 è costruire un’alleanza globale per la neutralità carbonica allo scopo di azzerare le emissioni di anidride carbonica entro metà secolo.
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