Clima, come e perché le città italiane sono sempre più esposte ai disastri ambientali

La mancanza di prevenzione è una delle cause principali. Il rapporto di Legambiente.

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Il cambiamento climatico investe in pieno, con i suoi effetti più evidenti, i principali centri urbani di tutto il mondo: l’Italia non fa eccezione, come emerge dall’osservatorio CittàClima di Legambiente (qui la presentazione) nel rapporto “Il clima è già cambiato” (link in basso), perché dal 2010 a fine ottobre 2020 sono stati registrati 946 fenomeni metereologici estremi in 507 comuni.

“Nel Rapporto 2020 di CittàClima abbiamo tracciato un bilancio degli ultimi dieci anni con numeri e una mappa aggiornata degli impatti nel territorio italiano”, ha commentato Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente.

“L’Italia – ha aggiunto Zanchini – è oggi l’unico grande Paese europeo senza un piano di adattamento al clima, per cui continuiamo a rincorrere le emergenze senza una strategia chiara di prevenzione. Dal 2013 il nostro Paese ha speso una media di 1,9 miliardi l’anno per riparare ai danni e soltanto 330 milioni per la prevenzione: un rapporto di 6 a 1 che è la ragione dei danni che vediamo nel territorio italiano”.

Dieci anni di eventi estremi

Nell’ultimo decennio, i Comuni italiani hanno visto succedersi 416 casi di allagamenti da piogge intense (319 dei quali avvenuti in città), che hanno determinato 347 interruzioni e danni alle infrastrutture con 80 giorni di stop a metropolitane e treni urbani; 83 giorni di blackout elettrico; 14 casi di danni al patrimonio storico-archeologico; 39 casi di danni provocati da lunghi periodi di siccità e temperature estreme; 257 eventi con danni dovuti a trombe d’aria; 35 casi di frane causati da piogge intense e 118 eventi (89 avvenuti in città) da esondazioni fluviali. Tra gli altri dati che emergono, in questi dieci anni l’Osservatorio CittàClima ha contato 251 morti, di cui 42 riferiti al solo 2019, in aumento rispetto ai 32 del 2018.

Le città più colpite

Sotto la lente d’ingrandimento della mappa di CittàClima, le aree urbanizzate della Penisola, spesso sprovviste di una corretta pianificazione territoriale. Clamoroso, sottolinea l’osservatorio, il caso di Roma, dove dal 2010 a ottobre 2020 si sono verificati 47 eventi estremi, 28 dei quali riguardanti allagamenti in seguito alle piogge intense. Altro caso importante è quello di Bari, dove gli eventi estremi sono stati 41, soprattutto allagamenti da piogge intense (20) e trombe d’aria (18). Da segnalare anche Milano, con 29 eventi in totale, dove si contano almeno 20 esondazioni dei fiumi Seveso e Lambro.

I numeri del 2020

Soltanto nell’anno in corso, da inizio 2020 a fine ottobre, si sono verificati 86 casi di allagamento da piogge intense e 72 casi di trombe d’aria, in forte aumento rispetto ai 54 casi dell’intero 2019 e ai 41 registrati nel 2018. Ancora, 15 esondazioni fluviali, 13 casi di danni alle infrastrutture, 12 casi di danni da siccità prolungata, 9 frane da piogge intense.

Legambiente sottolinea come ad aumentare siano gli eventi estremi che riguardano contemporaneamente anche due o più categorie e che gli episodi tendono a ripetersi negli stessi Comuni dove si erano già verificati in passato.

Cambiamento climatico: un’emergenza globale, quale piano per le città italiane?

Il rapporto di Legambiente passa in rassegna una serie di buone pratiche già in essere, all’estero e in diverse città italiane, con risultati positivi nella prevenzione del rischio e nell’adattamento al cambio climatico: dai regolamenti edilizi sostenibili allo smart mapping, dalla tutela delle aree verdi estensive alberate a interventi mirati come quelli effettuati in provincia di Pisa, ad esempio, dove si è proceduto al drenaggio e al rallentamento delle acque meteoriche e all’installazione dei semafori anti-allagamento per prevenire fenomeni alluvionali.

Le proposte di Legambiente

Legambiente ritiene che per uscire dal campo della contabilità dei danni e dei morti, occorra cambiare le regole d’intervento con un patto tra Governo, Regioni e Comuni, approvando una Legge dello Stato che consenta di assumere decisioni per mettere in sicurezza territori e persone.

Dieci, secondo l’associazione, gli obiettivi che dovrebbe porsi il provvedimento di legge:

  • vietare qualsiasi edificazione nelle aree a rischio idrogeologico e in quelle individuate da Enea come aree di esondazione al 2100 per l’innalzamento del livello dei mari;
  • delocalizzare gli edifici in aree classificate ad elevato rischio idrogeologico;
  • salvaguardare e ripristinare la permeabilità dei suoli nelle aree urbane;
  • vietare l’utilizzo dei piani interrati per abitazioni;
  • mettere in sicurezza le infrastrutture urbane dai fenomeni metereologici estremi;
  • vietare l’intubamento dei corsi d’acqua e pianificare la riapertura di quelli tombati nel passato;
  • recuperare, riutilizzare, risparmiare l’acqua in tutti gli interventi edilizi;
  • utilizzare materiali capaci di ridurre l’effetto isola di calore nei quartieri;
  • creare, in tutti gli interventi che riguardano gli spazi pubblici, come piazze e parcheggi, ma anche negli interventi di edilizia private, vasche sotterranee di recupero e trattenimento delle acque piovane;
  • prevedere risorse statali per mettere a dimora alberi e creare boschi urbani.

Il rapporto Osservatorio CittàClima 2020 (pdf)

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