L’auto elettrica e la “minaccia” cinese

Le aziende cinesi potrebbero accaparrarsi dal 9 al 18% del mercato europeo delle auto full electric entro il 2025. Come può l'Ue governare questa prospettiva?

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Uno dei fronti su cui si giocherà il nuovo equilibrio economico globale riguarda le dinamiche dell’auto elettrica.

Partiamo dal caso patologico dell’Italia. “Siamo l’unico tra i grandi Paesi europei a registrare nel 2022 un calo delle vendite di auto a emissioni zero”, ci ricorda l’organizzazione Motus-E.

Nel 2022 l’Italia ha infatti registrato un calo rispetto al 2021, con la quota di mercato delle auto elettriche passata dal 4,6% al 3,7%, mentre Francia, Germania e Regno Unito, si posizionano al 15,4%, al 14,2% e al 15,4%.

È chiaro che un paese che non incentiva la diffusione delle auto elettriche perde anche un’occasione sul fronte industriale.

Non stupisce quindi il disimpegno di Stellantis, con migliaia di licenziamenti e cupe prospettive nel nostro paese. “In Italia ne produrremmo di più se si comprassero più auto – dice l’amministratore di Fiat, Francois, riferendosi alle vetture a batteria – l’Italia è l’unico paese in Europa che arretra sull’elettrico perché non ci sono incentivi sufficienti”.

Come ciliegina sulla torta, a luglio, in una conferenza stampa sul tetto del Lingotto, il presidente John Elkann, dopo aver ricordato che “Stellantis ha profonde radici qui in Italia, dove abbiamo un glorioso passato, un forte presente e un futuro entusiasmante”, ha annunciato che le nuove serie delle Topolino e delle 600 elettriche verranno prodotte… in Marocco e in Polonia.

Tutto ciò mentre all’inizio del 2023 la più grande casa automobilistica europea, Volkswagen, annunciava investimenti per 180 miliardi di euro in cinque anni, destinati per la maggior parte alla transizione verso l’elettrico.

Nel frattempo, si affacciano sul mercato europeo i marchi automobilistici cinesi. Le tariffe sulle auto importate sono solo del 10% e i sussidi nazionali europei per i veicoli elettrici in diversi paesi si applicano alle importazioni così come alle auto di produzione nazionale.

Completamente diversa la situazione negli Usa dove vige una rigida tariffa del 27,5% per le auto di fabbricazione cinese, una politica rafforzata dall’Inflation Reduction Act, che ha premiato la produzione di auto e batterie nel Nord America. Inoltre, l’ostilità nei confronti di Pechino da parte dei leader di entrambi i partiti politici rende difficile per le case automobilistiche cinesi penetrare nel mercato statunitense.

L’amministratore delegato di Ford, Jim Farley, non si fa illusioni su cosa significhi la Cina per il suo settore: “vediamo i cinesi come il principale concorrente, non GM o Toyota”, ha affermato di recente.

Secondo Transport & Environment, le aziende cinesi potrebbero accaparrarsi dal 9% al 18% del mercato delle auto completamente elettriche in Europa già entro il 2025.

Da qui una crescente pressione sulla Commissione europea affinché aumenti le tariffe sulle auto straniere. Soluzione che piace alla Francia, ma non alla Germania che vende molto in Cina e teme ritorsioni.

Insomma, occorre governare l’ineluttabile transizione verso l’elettrico, possibilmente riuscendo ad avere una posizione comune in Europa. Il governo italiano, a parole, afferma di essere interessato alla produzione nazionale, ma in realtà questo settore sembra abbandonato.

Saremmo ancora in tempo, ma di tempo ce n’è poco.


L’articolo è tratto dall’editoriale pubblicato sul n.3/2023 della rivista QualEnergia.

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