L’accordo raggiunto in Europa sul target, legalmente vincolante, del 32% dei consumi finali da soddisfare con le fonti rinnovabili alla fine del prossimo decennio non fa che registrare l’inevitabile percorso di decarbonizzazione del continente.

Il compromesso raggiunto, grazie anche al ruolo finalmente positivo di Italia e Spagna, coglie però solo in parte le opportunità che si aprono. Secondo Irena, ad esempio, la riduzione dei costi di eolico e fotovoltaico consentirebbe di soddisfare con le rinnovabili in modo economicamente conveniente il 34% della domanda di energia.

In ogni caso questo accordo, incluse le importanti indicazioni sull’autoconsumo, rappresenterà per molti paesi uno stimolo verso una decisa accelerazione della diffusione delle rinnovabili non solo nel comparto elettrico, ma anche in quello termico e dei trasporti.

Ma per capire la strada fatta e quella ancora da affrontare per liberarci dai fossili, ricordiamo qualche dato.

Nel 2016 il 17% dei consumi finali della Ue28 sono stati soddisfatti dalle fonti rinnovabili (211 Mtep) grazie ad un ritmo annuo di crescita del 5,3% nel periodo 2006-16.

Praticamente nel quindicennio 2001-16 la produzione verde è poco più che raddoppiata ed è ragionevole pensare che con un analogo tasso di crescita delle installazioni del periodo 2017-2029 si riesca a raggiungere il 32% nel 2030, specie se verranno adottate incisive politiche di riduzione dei consumi.

La prosecuzione ulteriore di questo trend consentirebbe poi di soddisfare nel 2050 con le rinnovabili attorno all’80-90% della domanda elettrica europea. Sarebbe il caso che cominciassimo a ragionare, come sta facendo ad esempio Germania, sulle importanti sfide da affrontare sul medio periodo, come ad esempio la programmazione degli accumuli stagionali.

Tornando al target del 32%, va detto che certo esso rappresenta un obbiettivo sfidante, specie per i paesi come il nostro che negli ultimi anni avevano tolto il piede dall’acceleratore, ma contemporaneamente va sottolineato il fatto che si potrebbero ottenere risultati più ambiziosi. E non è escluso che in effetti nel 2023, a fronte di un contesto favorevole di prezzi e di realizzazioni, il target europeo venga alzato.

Per capire la nuova aria che tira, citiamo gli scenari al 2030 elaborati dalla Commissione di esperti istituita dal governo Rajoy che evidenziano tutti la centralità del solare, la tecnologia più economica, con valori che arrivano a toccare 77 GW di potenza e 133 TWh di produzione nel caso più “estremo”.

In effetti, anche grazie all’impulso del nuovo governo iberico si ritiene che già nel 2019 la Spagna, dopo molti anni di letargo e di lotta al solare (basta ricordare la perversa “tassa al sole”), diverrà con 3 GW il paese europeo leader per installazioni solari. E il nuovo target europeo sarà un ulteriore potente stimolo all’azione.

Venendo all’Italia e alla SEN che aveva ipotizzato un 28% dei consumi finali soddisfatto dalle rinnovabili, è chiaro che occorrerà un suo adeguamento al nuovo contesto.

Sul versante elettrico, il 55% dei consumi indicato dovrà essere portato verso un 58-60% con un aumento che riguarderà in parte l’eolico, ma soprattutto il fotovoltaico che presumibilmente dovrà superare alla fine del prossimo decennio gli 80 TWh (contro i 72 TWh previsti dalla SEN), cioè circa 3,6 volte l’attuale produzione.

L’obbiettivo finale dipenderà molto dal livello dei consumi, che sul versante elettrico aumenteranno per la diffusione della mobilità elettrica e delle pompe di calore; dipnderà inoltre dalle dinamiche di sviluppo delle rinnovabili termiche e dalla contrazione delle importazioni per la chiusura di centrali nucleari e a carbone in Europa.

Il fotovoltaico distribuito vedrà una forte accelerazione, grazie anche alle facilitazioni sull’autoconsumo che verranno introdotte, e si supereranno i due milioni di impianti. Con la sola sostituzione delle coperture di amianto di potrebbero installare una decina di GW.

Si svilupperanno molte comunità energetiche dotate di solare e accumulo in grado di esercitare una democrazia energetica attraverso una gestione dei consumi e della produzione.

Ma si realizzeranno anche impianti di taglia maggiore, partendo innanzitutto dalle cave e discariche di rifiuti chiuse, aree industriali dismesse. Secondo un’analisi del GSE, ad esempio, nelle sole cave non più utilizzate in Sicilia si potrebbero installare 800 MW.

Su questo fronte andranno riviste le procedure autorizzative e sarà importante il ruolo delle Regioni che non dovranno più solo identificare le “aree non idonee”, ma definire quelle adatte ai parchi solari che potrebbero avere un percorso autorizzativo più semplice e magari godere di priorità nelle aste.

Il solare diventerà un fattore di sviluppo. Alla luce degli ultimi prezzi spuntati in Francia, Germania, Spagna si intravede, infatti, un futuro in cui il solare garantirà bassi prezzi dell’energia, divenendo così un fattore di attrazione per le imprese dell’Italia meridionale.

In questo percorso daranno un impulso anche le aziende che decideranno di soddisfare il 100% dei loro consumi con le rinnovabili, come già avviene in molte parti del mondo. L’ultimo caso è quello della Samsung, sollecitata dalle azioni di Greenpeace.

In Italia quante imprese si potranno vantare di questo risultato?