Dopo le elezioni, quale priorità al problema energetico?

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Il problema energetico non è mai stato una priorità nelle ultime elezioni nazionali. A mala pena è menzionato dalle varie forze politiche impegnate in un dibattito che vedeva al centro questioni di bilancio, di tasse e di distribuzione del reddito. Un breve excursus di quanto dicono i programmi secondo l'opinione di Ugo Bardi.

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Qualenergia.it ha chiesto a diversi esperti del settore energetico, dell’ambientalismo, dell’informazione specializzata, di commentare l’attuale intricata situazione politica post-elezioni, di spiegare le sue possibili implicazioni sul terreno energetico-ambientale e di indicare i propri auspici in questo ambito per il nostro paese. Qui riportiamo il parere di Ugo Bardi, chimico e docente Docente presso la Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali dell’Università di Firenze ed ex presidente Aspo Italia.

Il problema energetico non è mai stato una priorità nelle ultime elezioni nazionali. Anzi, è stato a mala pena menzionato dalle varie forze politiche impegnate in un dibattito che vedeva al centro questioni di bilancio, di tasse, e di distribuzione del reddito.

Sembra che sia sfuggito sia ai politici come ai cittadini quanto centrale sia il problema energetico anche per le questioni finanziarie. Con un esborso annuale di circa 66 miliardi di euro per le importazioni di combustibili fossili, questa è una voce importantissima nel bilancio. Se potessimo eliminarla questo ci darebbe un bel respiro, allontanandoci dai vari “spending review”, aumenti di tasse, tagli e tutto il resto.

Delle due forze politiche tradizionali più importanti, il programma del PD per quanto riguarda l’energia è veramente deludente. Si parla di “energia” solo nella sezione “green economy”. Ci troviamo qualche cosa sulle energie rinnovabili, ma non hanno avuto nemmeno il coraggio di menzionare il termine “fotovoltaico” (a loro onore, tuttavia, perlomeno parlano più volte del problema climatico). Più evoluto, anche se sintetico, è il programma del PDL che ha una voce specifica per “Energia.” Menziona esplicitamente la necessità di incentivare le fonti rinnovabili e concetti quali la “smart grid” (ma il problema climatico non compare nemmeno). Insomma, entrambi i programmi sono molto generici e poco soddisfacenti.

Eppure, le elezioni sono state una rivoluzione politica per molti aspetti e le rivoluzioni hanno conseguenze e la nuova forza che è entrata in Parlamento, il Movimento 5 Stelle, si porta dietro un dibattito molto variegato sull’energia. Certo, se esaminiamo il programma del M5S, non ci troviamo molto di più che nei programmi dei partiti tradizionali: un paio di paginette sull’energia che sembrano messe giù in fretta da qualcuno che le doveva consegnare entro mezzanotte. Si parla praticamente solo di risparmio energetico e di cogenerazione. Le rinnovabili sono menzionate solo in termini di biomassa e la questione del cambiamento climatico non è nemmeno sfiorata. Insomma, ben poco per il programma politico di un movimento che si propone di governare l’Italia in modo innovativo.

D’altra parte, il bicchiere si può sempre vedere come mezzo pieno o mezzo vuoto e se la questione energetica appare al secondo posto fra tutti i punti del programma del M5S, questa è un’indicazione che esiste una coscienza del fatto che è un problema importante. In effetti, se esaminiamo il dibattito interno al M5S vediamo che la questione energetica è stata fortemente dibattuta con risultati molto variabili. Nei vari interventi sui blog e sui siti del movimento troviamo fesserie assortite a tutto campo: dal negazionismo climatico spinto alle richieste di finanziare la “fusione fredda”. Ma ci troviamo anche delle buone idee, per esempio la proposta di liberalizzare l’installazione di impianti fotovoltaici sui tetti. Sembra che il M5S abbia fra i propri membri una coscienza chiara delle limitazioni fisiche della disponibilità di idrocarburi fossili (6) e della necessità di spingere seriamente sulle rinnovabili, cosa che è del tutto assente nelle altre forze politiche.

Il problema del M5S sembra essere, più che altro, come esprimere in pratica le idee valide (e liberarsi da quelle sbagliate). E’ un problema di “governance”: se i “grillini” riusciranno a trasformare le loro idee in una forma politicamente realizzabile, allora potremo vedere dei cambiamenti per il meglio in Italia.

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