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V2G, in California la prima batteria virtuale con migliaia di auto elettriche

Sviluppato da una società sussidiaria di Enel X, eMotorWerks, il sistema di accumulo distribuito conta circa 10.000 punti privati di ricarica, gestiti attraverso una piattaforma informatica che consente alle singole unità di scambiare dati in tempo reale tra loro e con la rete elettrica.

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Non c’è da stupirsi che sia nata in California, la prima batteria virtuale che unisce migliaia di caricatori privati per le auto elettriche, ed è in grado di fornire molteplici servizi alla rete.

Lo Stato Usa, infatti, si è appena dato l’obiettivo del 100% di elettricità rinnovabile entro il 2045, ma già da qualche anno è all’avanguardia nel campo delle risorse energetiche a zero emissioni.

Parliamo dei 6.000 punti di ricarica intelligenti JuiceBox di eMotorWerks, azienda californiana specializzata nelle soluzioni di mobilità plug-in per veicoli alimentati esclusivamente dalle batterie, che nel 2017 era stata acquisita da Enel.

La società americana, sussidiaria della nuova divisione Enel X, ha realizzato un sistema di accumulo energetico distribuito (o centrale elettrica virtuale, virtual power plant, secondo una definizione usata di frequente per “descrivere” queste sperimentazioni).

Come funziona una batteria virtuale

Queste migliaia di colonnine residenziali (il totale arriva intorno a 10.000, contando anche quelle di operatori differenti che hanno acquisito la tecnologia di eMotorWerks) formano un’unica super batteria virtuale da 30 MW/70 MWh di capacità complessiva.

Per “dialogare” tra loro e con la rete di distribuzione dell’energia, i dispositivi JuiceBox utilizzano un software speciale sviluppato dall’azienda di San Carlos: la piattaforma JuiceNet, che permette alle colonnine domestiche di essere sempre connesse sul cloud.

Ogni singolo punto di ricarica è collegato fisicamente alla rete elettrica gestita da CAISO (California Independent System Operator) e a tutte le altre colonnine in remoto.

Di conseguenza, ogni JuiceBox può essere controllata a distanza e scambiare dati in modo bidirezionale, quindi è una vera applicazione Vehicle to Grid (V2G), dove l’auto elettrica, tramite la JuiceBox, può diventare una risorsa per l’intera rete.

Difatti, le colonnine di eMotorWerks sono le prime in tutti gli Stati Uniti a partecipare su vasta scala a un particolare tipo di mercato, definito PDR (Proxy Demand Resource).

In pratica, è un meccanismo di flessibilità, che contribuisce a mantenere in equilibrio domanda e offerta di elettricità in tempo reale, secondo i diversi “segnali” inviati da CAISO.

Ad esempio, la piattaforma JuiceNet può pianificare le ricariche nelle ore in cui c’è una produzione eccedente di energia eolica o solare, che altrimenti andrebbe sprecata.

E se c’è un picco di domanda elettrica sulla rete, il software può ritardare l’erogazione dei kilowattora dalle colonnine alle auto, in modo da alleggerire l’impennata dei consumi in quel dato momento.

Il problema è capire esattamente quanta energia si può “togliere” alle colonnine, senza compromettere le esigenze degli automobilisti (che ricevono una piccola remunerazione annuale per la loro partecipazione al programma: eMotorWerks, sentita da GTM Research parla di 40-80 dollari al momento).

Intanto, eMotorWerks si basa su calcoli statistici e “intervalli di confidenza” per offrire il suo servizio sul mercato PDR. Ovviamente, infatti, la capacità resa disponibile varia più volte ogni giorno, secondo una moltitudine di fattori e di parametri.

Le prossime sfide

All’orizzonte ci sono nuove sfide: per prima cosa, continuare a crescere, mettendo in rete sempre più colonnine di ricarica.

Solo così, secondo l’azienda, sarà possibile competere per aggiudicarsi un numero più ampio di servizi di rete, come la regolazione di frequenza.

Entro 6-12 mesi, eMotorWerks conta di avere i primi dati attendibili e completi sull’andamento economico della sua batteria virtuale. Per il momento, manca un quadro operativo definito: nessuno sa esattamente quanto si può ricavare da un’operazione di questo genere.

Se i ricavi saranno abbastanza consistenti, sarà certamente più facile finanziare lo sviluppo di nuove e più capillari infrastrutture di ricarica con applicazioni di storage energetico virtuale.

Applicazioni che, molto probabilmente, saranno indispensabili in un modello elettrico con il 100% di rinnovabili, insieme con altre tecnologie, come i grandi impianti stazionari di batterie al litio, il pompaggio idroelettrico, gli accumuli termici, forse anche le celle a combustibile per l’idrogeno.

La California, in definitiva, sarà sempre di più un cantiere aperto per l’evoluzione delle fonti a zero emissioni, da seguire attentamente.

Mentre in Italia…

Intanto, le innovazioni dagli Stati Uniti iniziano a sbarcare anche da noi. Nei giorni scorsi, Enel X ha lanciato sul mercato italiano le nuove soluzioni di ricarica intelligente dei veicoli elettrici: la JuiceBox per la ricarica privata, la colonnina stradale da 22 kW in corrente alternata JuicePole, oltre al JuiceLamp, il lampione che integra l’illuminazione pubblica con l’infrastruttura per il rifornimento delle auto.

Il piano di Enel, ricordiamo, prevede l’installazione di 14.000 colonnine entro il 2022 su tutto il territorio nazionale. Il gruppo italiano sta collaborando con il consorzio Ionity per creare la prima rete europea di stazioni super-veloci a 350 kW. Inoltre, sta completando il progetto EVA+, finanziato dall’Unione Europea, che dovrebbe contare 180 colonnine di ricarica rapida in Italia entro la fine del 2018.

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