Un tribunale costringe la Germania a rivedere il suo piano per il clima

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La Corte d'appello amministrativa di Berlino-Brandeburgo ha condannato il governo tedesco a riscrivere il piano d'azione per il clima facendo esplicito riferimento ai due settori.

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Dopo le violazioni delle leggi nazionali sulla protezione del clima per aver superato, nel 2021 e nel 2022, i limiti di emissione nei settori dei trasporti e dell’edilizia abitativa, la Corte d’appello amministrativa di Berlino-Brandeburgo ha imposto al governo tedesco di dotarsi di un piano d’azione ambientale che garantisca interventi mirati in questi due specifici ambiti, e non di norme che fissino obiettivi per l’economia nel suo insieme, come era invece nelle intenzioni della Cancelleria federale.

I giudici – in una pronuncia pubblicata ieri, 30 novembre – hanno accolto il ricorso presentato dai gruppi ambientalisti Deutsche Umwelthilfe e BUND, respingendo questo approccio ampio. L’esecutivo di Olaf Scholz può impugnare la decisione: nessun commento per ora da parte del ministero del Clima, guidato dal vicecancelliere Robert Habeck dei Verdi, partito il cui operato in materia ambientale ha deluso le aspettative in patria.

“Una volta approvata la legislazione, aumenteranno le possibilità del governo in appello”, ha affermato Ivana Mikešić, avvocata specializzata in regolamentazione ambientale citata da Bloomberg. Negli uffici della Cancelleria federale era allo studio una misura che non avrebbe considerato più i singoli settori e i rispettivi limiti di emissione annuali, ma che avrebbe proposto invece una visione più ampia, sommando le quote di tutti gli anni fino al 2023. Questo avrebbe consentito alle mancate riduzioni delle emissioni in settori chiave come i trasporti di essere controbilanciate dai buoni risultati raggiunti in altri ambiti come ad esempio la produzione di elettricità.

“Un programma accelerato deve invece prevedere misure che funzionino a breve termine, che garantiscano il rispetto dei limiti di emissione nei rispettivi anni e settori”, sostiene il tribunale. Secondo i giudici, Berlino è quindi tenuta a uniformare la sua politica sui trasporti e sugli alloggi all’attuale legge sulla protezione del clima, che prevede una riduzione dei gas serra del 65% nel 2030 rispetto al 1990.

L’anno scorso i livelli di CO2 della Germania erano già del 40% inferiori se paragonati a quelli di 33 anni fa, ma secondo il Consiglio dei consulenti climatici del governo, autore di un report specifico pubblicato ad agosto, il dato non è sufficiente.

Si prevede che entro il 2030 il settore dell’edilizia mancherà l’obiettivo di 35 milioni di tonnellate di CO2, mentre quello dei trasporti farà registrare emissioni in eccesso comprese tra 117 e 191 milioni di tonnellate rispetto ai propositi del governo. Ciò richiederebbe al Paese di acquistare le cosiddette “quote di emissione” del sistema ETS, ma restano dubbi sul fatto che ne restino abbastanza visto che anche altre grandi economie come Francia e Italia non dovrebbero riuscire a restare entro i limiti.

Per questo motivo la sentenza è stata accolta con soddisfazione dagli ambientalisti: “È un colpo giudiziario per la protezione del clima e un sonoro schiaffo in faccia al governo tedesco per la sua disastrosa politica climatica”, ha affermato Jürgen Resch, amministratore delegato della DUH.

Quello della Corte d’appello amministrativa di Berlino-Brandeburgo è il secondo atto di un tribunale che mette in difficoltà il governo di Scholz nelle politiche climatiche: appena lo scorso 15 novembre la Bundesverfassungsgericht, la più alta Corte tedesca che giudica sulla pianificazione del bilancio del governo, aveva giudicato incostituzionale l’utilizzo di 60 miliardi di euro di debito contratto durante la crisi del Covid-19 per alimentare il “Fondo per il clima e la transizione energetica” nazionale. Una decisione che ha costretto Scholz a studiare modi alternativi per trovare le risorse utili a riempire il Fondo.

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