La svolta della Polonia sul clima: non ostacolerà più i piani dell’Ue

Con il nuovo governo di Donald Tusk Varsavia appoggerà gli obiettivi di riduzioni delle emissioni di Bruxelles, a cominciare dal piano che sta per essere varato e che guarda al 2040.

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La Polonia non bloccherà più le azioni dell’Unione europea sul clima, come successo spesso in passato durante il governo di Mateusz Morawiecki, del partito nazionalista Diritto e Giustizia.

Ora che a Varsavia si è insediato Donald Tusk, centrista, ex presidente del Consiglio europeo, il vento pare cambiato. Il nuovo esecutivo esorterà ad esempio Bruxelles ad “abbracciare” un piano per ridurre di almeno il 90% le emissioni di gas serra del blocco entro il 2040.

Lo ha riferito lunedì 15 gennaio Urszula Zielińska, Segretaria di Stato presso il ministero polacco per il clima e l’ambiente, durante a un incontro informale tra i ministri dell’ambiente dell’Ue.

Al centro del meeting anche la tabella di marcia che la Commissione europea è pronta a pubblicare in vista dei prossimi obiettivi climatici, introdotti dopo che il comitato consultivo scientifico comunitario sui cambiamenti climatici ha raccomandato un taglio delle emissioni del 90-95% entro il 2040 rispetto ai livelli del 1990.

Finora solo la Danimarca aveva esplicitamente sostenuto questa cifra. Zielińska ha tenuto a rimarcare il cambio di rotta rispetto ai precedenti governi polacchi, spesso accusati di fare ostruzionismo sulle politiche climatiche: “Non possiamo andare avanti così, non stiamo riuscendo a raggiungere gli obiettivi che ci siamo dati. Il resto dell’Europa può contare sulla Polonia per intensificare gli sforzi in questo senso”.

La Segretaria di Stato presso il ministero polacco ha anche affermato che cercherà di convincere il governo Tusk ad approvare formalmente un piano per la neutralità climatica entro il 2050, un obiettivo Ue approvato da tutti i membri tranne appunto la Polonia.

In sede di approvazione dell’obiettivo net-zero di metà secolo, infatti, la risoluzione del Consiglio europeo escludeva Varsavia perché, si affermava, “non può impegnarsi ad attuare tale obiettivo per quanto lo riguardi”.

Inoltre, il Paese fisserà una nuova data di uscita dal carbone. Secondo i piani attuali, la chiusura delle miniere è prevista per il 2049 e appena pochi mesi fa la Polonia aveva avviato un’azione legale alla Corte di Giustizia Ue, con quattro ricorsi contro alcune norme comunitarie ambientali come quella sulle emissioni delle auto che metterebbe fuori legge i motori a combustione interna o quella sulla riduzione al 2030 delle emissioni non Ets, ritenendole una “minaccia” per la sua sicurezza energetica.

L’inversione di rotta di Varsavia non garantirà comunque che l’ambizioso piano comunitario venga approvato. Con l’avvicinarsi delle elezioni europee, infatti, l’interesse dei Paesi membri per una maggiore azione sul clima sembra essere in calo.

La prospettiva di aggiungere nuove regole e obiettivi al già massiccio Green Deal è stata criticata da diversi politici tendenzialmente conservatori.

Ad esempio l’Ungheria, altro Paese storicamente propulsore di una politica ambientale europea meno ambiziosa, ha annunciato di voler portare il dibattito sul massiccio taglio delle emissioni al 2040 in Consiglio europeo, “poiché consideriamo la questione così importante, sia per la società che per l’economia”, ha spiegato Anikó Raisz, Segretario di Stato ungherese per l’ambiente. Non menzionando il potere di veto che in quella sede avrebbe il primo ministro Orbán.

L’Austria, attraverso un funzionario pubblico che ha chiesto di restare anonimo citato da Politico, ha detto di “sostenere l’ambizioso obiettivo climatico dell’Ue per il 2040 basato su fatti scientifici”.

La Germania, la cui legge sul clima già prevede una riduzione delle emissioni dell’88% entro il 2040, non ha ancora espresso una posizione ufficiale. La sensazione è che i Paesi stiano prendendo tempo in attesa che l’esecutivo Ue rilasci la proposta ufficiale il prossimo 6 febbraio.

Potrebbe peraltro trattarsi di un piano che non preveda un obiettivo specifico, ma serva solo da “ponte” tra l’obiettivo al 2030 di ridurre le emissioni del 55% e la promessa di raggiungere la neutralità climatica nel 2050.

Anche l’attuazione di queste politiche già esistenti rappresenta una sfida comunitaria: una recente valutazione della Commissione ha mostrato che l’Ue è sulla buona strada per ridurre le emissioni solo del 51% entro il 2030, cioè 4 punti percentuali al di sotto del suo obiettivo dichiarato e giuridicamente vincolante.

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