Rinnovabili e clima, quali progressi stanno facendo i paesi per rispettare Parigi?

Un recente contributo del World Resources Institute americano riporta l’attenzione su quanto le varie nazioni si stiano impegnando - o non impegnando - per contribuire alla lotta contro i cambiamenti climatici. Le principali politiche messe in campo finora.

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I paesi di tutto il mondo si stanno sforzando in modo adeguato per combattere i cambiamenti climatici, come previsto dagli accordi di Parigi del 2015?

A questa domanda, rilanciata dal World Resources Institute (WRI, l’istituto americano che promuove lo sviluppo “sostenibile” del nostro Pianeta), è impossibile fornire una risposta chiara e univoca.

Certo, ci sono diversi segnali di progresso nelle politiche energetiche e ambientali di molte nazioni, come quelli evidenziati dall’organizzazione Usa nella sua analisi che copre i dodici mesi precedenti (il loro contributo si ferma a maggio 2018: come vedremo, ci sono altre iniziative più recenti).

In particolare, il WRI rimarca cinque punti di fondamentale importanza.

Il primo riguarda gli annunci di diversi paesi che intendono azzerare il livello netto delle emissioni inquinanti (net-zero emissions) entro il 2050. L’istituto cita Nuova Zelanda e Gran Bretagna – entrambi i governi si sarebbero impegnati a definire strategie di questo tipo – anche se, a ben vedere, per raggiungere l’obiettivo servirà un lavoro coordinato a livello globale.

Intanto l’Europa ha approvato a giugno i nuovi traguardi per le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica nel 2030, portandoli rispettivamente al 32% vincolante e 32,5% indicativo, mentre la Commissione Europea ha proposto di tagliare le emissioni di anidride carbonica del 45% sempre all’orizzonte 2030 (vedi QualEnergia.it per tutti i dettagli).

Anche se diverse associazioni ecologiste, tra cui Legambiente, hanno precisato che serviranno percentuali di energie “verdi” assai più elevate, se l’Europa vorrà onorare l’intesa siglata nella capitale francese tre anni fa, in modo da limitare l’aumento delle temperature medie terrestri “ben sotto” 2 gradi centigradi, rispetto all’età preindustriale.

La seconda tendenza positiva è che alcuni paesi, tra cui soprattutto la Cina, hanno programmi ambiziosi per bandire progressivamente la vendita di veicoli diesel, puntando sulla mobilità 100% elettrica.

Tra l’altro, l’auto elettrica è una delle pochissime tecnologie che, secondo la IEA (International Energy Agency), sembra già pronta per contribuire a sviluppare un’economia totalmente de-carbonizzata, in cui le fonti pulite avranno sostituito i combustibili fossili, anche se il boom di vendite di veicoli alimentati dalle batterie è una tendenza ancora marginale in confronto ai numeri assoluti del mercato automobilistico (vedi QualEnergia.it).

Il terzo punto sottolineato dal WRI è il numero crescente di paesi che hanno deciso (o solo proposto per il momento) di abbandonare la generazione elettrica a carbone, tra cui l’Italia con la Strategia Energetica Nazionale (SEN).

Inoltre, sempre in tema di uscita dalle fonti “sporche”, sono sempre di più le banche, assicurazioni e fondi sovrani che hanno stabilito di ridurre/azzerare i loro investimenti in gas, carbone e petrolio, mentre diverse multinazionali hanno già conseguito il traguardo di utilizzare esclusivamente energia rinnovabile per le loro attività, tra cui Apple e Google.

Da non dimenticare, poi, i recentissimi record di produzione rinnovabile, soprattutto quello registrato nella prima metà dell’anno in una nazione, come la Germania, in cui la presenza di carbone e lignite nel mix energetico è ancora molto forte.

Altri due elementi decisivi per la transizione energetica globale, secondo il World Resources Institute, sono il bando dell’estrazione-produzione di nuovo gas e petrolio in alcuni paesi, ad esempio quello approvato dalla Francia (vedi QualEnergia.it), e le politiche per la tutela delle foreste (qui il WRI cita le misure che sta attuando la Cina per estendere queste aree verdi nei prossimi anni).

Tuttavia, al termine di questa carrellata di “buoni propositi” del 2018, è bene ricordare un paio di considerazioni: la prima, che secondo alcuni studi, non solo dovremo ridurre velocemente e in modo consistente le emissioni di CO2, ma anche rimuovere miliardi di tonnellate di carbonio dall’atmosfera, per riuscire a contenere il surriscaldamento globale entro i 2 gradi.

La seconda considerazione è che nel 2017, per la prima volta da qualche anno, secondo la IEA, gli investimenti mondiali in fonti rinnovabili sono diminuiti, a fronte di un aumento di quelli per le risorse fossili, segnalando così, ancora una volta, quanto sia tortuoso il cammino per rinunciare del tutto a carbone, gas e petrolio.

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