Quali sono le (poche) tecnologie che ci stanno portando a un mondo più “pulito”

Fotovoltaico, illuminazione a LED e veicoli elettrici sono tra i pochi settori che hanno meritato il “bollino verde” della IEA nel suo ultimo rapporto sull’andamento della transizione energetica. Dati, tendenze e incognite per le risorse rinnovabili a livello globale.

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Sono molto poche, solo quattro su 38, le tecnologie che hanno meritato il “semaforo verde” della IEA (International Energy Agency) nella nuova edizione del rapporto che monitora il progresso della transizione energetica su scala mondiale, Tracking Clean Energy Progress.

Fotovoltaico, illuminazione led, veicoli a zero emissioni, in particolare – il quarto settore promosso dall’agenzia è la gestione dei consumi elettrici nei centri elaborazione dati dei colossi informatici – sono in linea con le proiezioni per arrivare a un sistema economico de-carbonizzato.

Il documento analizza lo stato di sviluppo delle diverse fonti energetiche e delle misure di efficienza nei trasporti, negli edifici e nelle industrie, per verificare la loro adeguatezza allo scenario SDS, Sustainable Development Scenario, (introdotto nel World Energy Outlook 2017, vedi QualEnergia.it) che prevede di contenere il surriscaldamento globale “ben sotto” 2 gradi centigradi entro la fine del secolo, come indicato dagli accordi di Parigi.

Conviene poi ricordare che la IEA, nei mesi passati, è stata criticata per aver sottostimato il reale contributo delle risorse “verdi” nel mix futuro dell’energia, vedi l’analisi di Sergio Ferraris I trucchi della IEA sul clima oltre all’articolo Rinnovabili sottostimate nei dati ufficiali. La colpa è di un errore statistico?

Tra le tecnologie di maggiore successo segnalate dalla IEA troviamo il fotovoltaico, capace lo scorso anno di battere tutte le fonti convenzionali con quasi 100 GW di nuova potenza installata nel mondo e un numero crescente di mega-progetti in vari paesi (per un approfondimento di sintesi con i dati dell’Institute for Energy Economics and Financial Analysis vedi Quanti e dove sono i parchi solari più grandi (e innovativi) del mondo )

Così il solare FV, evidenzia la IEA, è sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo intermedio assegnato dallo scenario SDS a questa tecnologia, pari a 2.700 TWh di generazione elettrica da fotovoltaico nel 2030.

Ora siamo a 416 TWh secondo le stime preliminari sul 2017, intorno al 2% dell’elettricità prodotta a livello planetario, come riassume il grafico sotto.

Per quanto riguarda i trasporti, l’agenzia rimarca che il 2017 ha visto un boom di vendite di auto plug-in da attaccare alla spina, poco più di un milione in tutto il mondo, +54% in confronto ai dodici mesi precedenti.

Tuttavia, lo stock di vetture elettriche sul totale circolante resta inferiore all’uno per cento (3 milioni circa), mentre l’obiettivo SDS parla del 14% di veicoli alimentati esclusivamente dalle batterie all’orizzonte 2030, quindi per soddisfarlo bisognerà mantenere un tasso di crescita annua intorno al 40% per la quota di elettrico sul parco auto complessivo (vedi anche: Auto elettrica, cosa farà l’Europa per lanciare un “ecosistema delle batterie”)

Le rinnovabili, nel complesso, per centrare il traguardo SDS al 2030, dovranno salire al 47% della generazione elettrica globale (siamo al 25% circa).

Nonostante l’ottimo andamento del fotovoltaico hanno ricevuto il bollino giallo dalla IEA, lo stesso che identifica singole risorse come l’eolico offshore, l’idroelettrico e le bioenergie, segnalando la necessità di aumentare gli sforzi, “more efforts needed”.

L’eolico a terra, in particolare, è stato declassato a causa del rallentamento delle nuove installazioni nel 2017, perdendo così lo status di tecnologia “sulla buona strada”, “on-track”, mentre geotermia, energia marina e solare CSP sono tutti da bollino rosso, “not on-track”, perché il loro sviluppo è ancora troppo limitato quanto a investimenti e diffusione geografica.

Nella sua panoramica delle tecnologie, la IEA considera anche l’evoluzione di settori controversi, come il nucleare e il CCUS (carbon capture, utilisation and storage), cioè la cattura e l’utilizzo della CO2 emessa dagli impianti industriali, due ingredienti che gli esperti dell’agenzia continuano a ritenere fondamentali nella ricetta proposta per “salvare” il clima.

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