Sarà l’Irlanda il primo paese a bandire gli investimenti statali in fonti fossili?

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Il traguardo è sempre più vicino, dopo che la camera bassa del Parlamento irlandese ha approvato la legge che prevede di abbandonare la finanza “sporca” con le sue attività nel gas, carbone e petrolio.

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L’Irlanda è sempre più vicina a diventare la prima nazione del mondo a bandire completamente gli investimenti statali in combustibili fossili.

La camera bassa del Parlamento irlandese (Dáil Éireann), infatti, ha appena approvato il Fossil Fuel Divestment Bill (allegato in basso), la legge presentata nel 2016 per promuovere la finanza “verde” come indicato negli accordi di Parigi sul clima.

Il provvedimento, che ha ricevuto il sostegno di tutti i partiti, prevede che il fondo strategico nazionale (ISIF, Ireland Strategic Investment Fund) dovrà disinvestire, entro cinque anni dall’entrata in vigore della legge, tutte le sue quote in attività che riguardano gas, petrolio e carbone (fossil fuel undertakings nel testo).

In pratica, chiarisce la legge, il fondo dovrà abbandonare gli investimenti nelle società e nei gruppi di società che estraggono, producono e raffinano le risorse fossili, ricavando il 20% o più dei loro guadagni da tali attività.

Il fondo è gestito dall’agenzia nazionale del Tesoro (National Treasury Management Agency); a giugno dello scorso anno, l’ammontare impegnato nell’industria fossile era stimato in 318 milioni di euro su 8 miliardi totali del fondo, con partecipazioni finanziarie in 150 compagnie che operano nel gas, petrolio e carbone.

La cifra può sembrare di poco conto, in termini assoluti, soprattutto se paragonata al super-fondo sovrano norvegese, il più grande del mondo, che gestisce circa mille miliardi di dollari e ha già deciso di eliminare alcune compagnie particolarmente “sporche” dal suo portafoglio (quelle che generano il 30% o più dei loro profitti dal carbone) mentre sta valutando di uscire gradualmente anche dal settore oil&gas.

Intanto, sono sempre di più le banche e assicurazioni che stanno alleggerendo l’esposizione finanziaria sui settori tradizionali più inquinanti, ad esempio la Banca Mondiale e Lloyd’s nei mesi scorsi hanno comunicato di volersi aggiungere alle iniziative globali di disinvestimento fossile.

D’altronde, secondo un recente studio di varie università internazionali (vedi QualEnergia.it), tra 10-15 anni potrebbe scoppiare la cosiddetta “bolla della CO2” (carbon bubble, bolla del carbonio) a causa dei rischi climatici associati alle costose infrastrutture fossili poi divenute obsolete, inutili e quindi non più profittevoli (stranded asset), come gasdotti, piattaforme offshore, miniere di carbone e così via.

Il rischio, in definitiva, è bruciare miliardi di dollari in investimenti sbagliati.

Tornando alla legge irlandese, il prossimo passo è l’approvazione della camera alta (il Senato, Seanad Éireann) dopo una serie di dibattimenti/emendamenti, per poi arrivare alla firma definitiva del presidente della repubblica, che potrebbe arrivare entro la fine dell’anno.

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