Riduzione della CO2, a che punto siamo a fine 2020

Nonostante il calo delle emissioni da pandemia, la concentrazione di anidride carbonica in atmosfera continua ad aumentare.

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Nel 2020, le concentrazioni globali di anidride carbonica nell’atmosfera hanno continuato ad aumentare, nonostante un calo delle emissioni annuali di CO2, causato dai blocchi dell’economia durante la pandemia.

Tale andamento è dovuto al fatto che quest’anno l’atmosfera terrestre è stata come una spugna le cui fibre riescono ad assorbire sempre meno acqua, col risultato che la spugna risulta sempre più fradicia, cioè sempre più impregnata d’acqua o, nel caso specifico, di CO2.

Le foreste tropicali vergini, quelle cioè non intaccate da disboscamenti o incendi, per esempio, stanno rimuovendo molta meno anidride carbonica rispetto al passato, secondo uno studio pubblicato su Nature, di cui vi abbiamo parlato in un precedente articolo.

Secondo i ricercatori, entro il 2030 la capacità delle foreste africane di rimuovere il carbonio diminuirà del 14% rispetto alla media del periodo 2010-2015, mentre le foreste amazzoniche potrebbero smettere di rimuovere del tutto l’anidride carbonica entro il 2035.

Impegni su emissioni

È anche sulla scia di studi come questi che le grandi potenze del mondo stanno rivedendo i loro obiettivi.

L’Ue si è impegnata a ridurre le emissioni del 55% al 2030, la Cina almeno del 65%, l’India del 35%, mentre per gli Stati Uniti, vedremo, dopo che il presidente eletto Joe Biden riporterà il gigante americano nell’ambito dell’accordo di Parigi, che l’amministrazione uscente ha abbandonato.

In totale, 45 Paesi hanno presentato piani climatici rafforzati per il 2030, mentre Giappone e Corea del Sud hanno promesso obiettivi più ambiziosi per il prossimo anno; 24 leader hanno promesso di ridurre le emissioni a zero e 20 nazioni hanno annunciato piani di adattamento e di resilienza più vigorosi.

Il maggiore emettitore del mondo, la Cina, tramite il presidente Xi Jinping, non ha presentato un piano climatico rafforzato per il decennio in corso, che rifletta il suo obiettivo a lungo termine di neutralità del carbonio. Xi Jinping ha genericamente promesso un rafforzamento graduale dell’attuale piano climatico cinese, senza alcun riferimento al contenimento della produzione di energia da carbone o alla fine dei finanziamenti del carbone all’estero.

Saranno quindi necessari sforzi ancora maggiori da parte di molti paesi per colmare il divario tra gli impegni attuali e ciò che è necessario per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, cioè limitare il riscaldamento a 1,5°C con uno zero netto di emissioni entro il 2050.

I nuovi obiettivi sono “in gran parte un’estensione delle tendenze attuali fino al 2030” e potrebbero permettere che le emissioni continuino ad aumentare allo stesso ritmo medio degli ultimi cinque anni, ha detto Lauri Myllyvirta, analista capo del Centro per la ricerca sull’energia e l’aria pulita, a Climate Home. “L’approccio della Cina alla realizzazione dell’obiettivo di neutralità del carbonio per il 2060 rischia di lasciare il grosso del lavoro al periodo successivo al 2030″, ha aggiunto.

La lepre e la tartaruga

La tempistica che la Cina e tanti altri paesi sembrano voler scegliere è l’esatto contrario di quanto suggerisce di fare un nuovo studio della Università di Aarhus e del Karlsruhe Institute of Technology, secondo cui per ridurre il pedaggio sulla strada della decarbonizzazione, meglio la strategia della tartaruga che quella della lepre – bisognerebbe cioè partire presto e andare ad un andatura costante invece che indugiare, scapicollandosi alla fine.

Per un dato bilancio di carbonio nell’arco di diversi decenni – cioè la quantità cumulativa di emissioni di CO2 consentita in un certo periodo di tempo per mantenersi entro una certa soglia di temperatura – i diversi tassi di trasformazione del sistema energetico danno infatti esiti di decarbonizzazione completamente diversi, sottolineano i ricercatori dell’università danese, come riferito in un altro articolo.

Per raggiungere un sistema energetico completamente decarbonizzato, Il fotovoltaico, l’eolico onshore e offshore devono diventare la pietra angolare delle politiche energetiche internazionali, purché si raggiungano tassi di installazione simili ai massimi storici per avviare una decarbonizzazione tempestiva, secondo lo studio danese.

Decarbonizzazione

Nonostante il calo delle emissioni globali nel 2020, infatti, i dati mostrano un nuovo aumento delle emissioni climalteranti, in concomitanza con la riapertura delle economie e delle società. Come accennato in un precedente articolo, un ritorno alle emissioni “business as usual” dopo la pandemia non è un’opzione possibile, secondo il gigante della consulenza aziendale PwC.

Il tasso di decarbonizzazione globale di tutte le attività è stato solo del 2,4% nel 2019. Ma per centrare l’obiettivo dell’accordo di Parigi sarà necessaria un’accelerazione di quasi cinque volte della decarbonizzazione globale, con tassi dell’11,7% all’anno in questo decennio.

Ciò richiederà la trasformazione di ogni settore dell’economia globale, un’innovazione senza precedenti e una leadership politica ancora più coraggiosa, ha indicato PwC, secondo cui, anche se ci si accontentasse di limitare il surriscaldamento a 2°C, sarebbe comunque necessario un tasso di decarbonizzazione del 7,7% l’anno – mai raggiunto finora – più che triplo rispetto a quello del 2019.

Fotovoltaico e altri cambiamenti strutturali

E anche se le emissioni globali sono destinate a rimbalzare più lentamente che dopo la crisi finanziaria del 2008-2009, il mondo è ancora molto lontano da una ripresa sostenibile, secondo il World Energy Outlook 2020, il documento di punta dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA), focalizzato sul periodo cruciale dei prossimi 10 anni e sull’esplorazione dei possibili percorsi per uscire dalla crisi.

Un cambiamento radicale negli investimenti in energia pulita offre un modo per stimolare la crescita economica, creare posti di lavoro e ridurre le emissioni, secondo la IEA, come accennato in un precedente articolo. Ma questo approccio non ha ancora avuto un ruolo di rilievo nei piani finora proposti, tranne che nell’Unione Europea, nel Regno Unito, in Canada, in Corea, in Nuova Zelanda e in una manciata di altri Paesi.

“La recessione economica ha temporaneamente soppresso le emissioni, ma la bassa crescita economica non è una strategia a basse emissioni – è una strategia che serve solo ad impoverire ulteriormente le popolazioni più vulnerabili del mondo”, ha detto Fatih Birol, Direttore Esecutivo dell’AIE e autore principale del rapporto. “Solo cambiamenti strutturali più rapidi nel modo in cui produciamo e consumiamo energia possono rompere definitivamente il trend delle emissioni. I governi hanno la capacità e la responsabilità di intraprendere azioni decisive per accelerare le transizioni energetica e mettere il mondo sulla strada per raggiungere i nostri obiettivi climatici, comprese emissioni nette pari a zero”.

Le energie rinnovabili sono protagoniste in tutti gli scenari della IEA, con il fotovoltaico al centro della scena.

“Vedo il solare diventare il nuovo re dei mercati elettrici mondiali. Sulla base della politica attuale, è sulla buona strada per stabilire nuovi record di diffusione in ciascun anno dopo il 2022“, ha detto Birol. “Se i governi e gli investitori intensificheranno i loro sforzi per l’energia pulita in linea con il nostro scenario di sviluppo sostenibile, la crescita sia del fotovoltaico che dell’eolico sarà ancora più spettacolare – ed estremamente incoraggiante per superare la sfida climatica mondiale”.

Il fotovoltaico è ora costantemente più economico delle nuove centrali a carbone o a gas nella maggior parte dei paesi, e gli impianti fotovoltaici di scala utility offrono attualmente alcuni dei più bassi costi per l’elettricità mai visti. La domanda di carbone non ritornerà più ai livelli precrisi nello scenario delle politiche dichiarate dai vari Stati, con la sua quota nel mix energetico al 2040 che per la prima volta dalla Rivoluzione industriale è destinata a scendere sotto il 20%. Ma la domanda di gas naturale crescerà in modo significativo, soprattutto in Asia, mentre il petrolio rimarrà vulnerabile alle grandi incertezze economiche derivanti dalla pandemia.

Una parte significativa degli sforzi per portare il mondo su un percorso sostenibile dovrebbe concentrarsi sulla riduzione delle emissioni delle infrastrutture energetiche esistenti – come gli impianti a carbone, le acciaierie e i cementifici, raccomanda la IEA.

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