Clima, precipita la capacità delle foreste pluviali di assorbire CO2

Un nuovo studio pubblicato da Nature su 300.000 alberi delle foreste tropicali di Brasile e Africa evidenzia che riescono ad assimilare molta meno anidride carbonica rispetto al passato.

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Le foreste tropicali vergini, quelle cioè non intaccate da disboscamenti o incendi, stanno rimuovendo molta meno anidride carbonica rispetto al passato.

Lo evidenzia uno studio scientifico recentemente pubblicato su Nature. “Il cambiamento è sconcertante,” hanno scritto alcuni autori dello studio.

Nel corso degli anni Novanta del secolo scorso, le foreste tropicali intatte avevano rimosso circa 46 miliardi di tonnellate di anidride carbonica dall’atmosfera. Ma, secondo i ricercatori che hanno condotto lo studio su oltre 300.000 alberi delle foreste pluviali di Brasile e Africa, negli anni ’10 di questo secolo tale quantità è scesa a 25 miliardi di tonnellate.

Si tratta di un calo di oltre il 45% per una capacità di assorbimento perduta di 21 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, equivalente a un decennio di emissioni di combustibili fossili da parte di Regno Unito, Germania, Francia e Canada messi assieme.

Secondo i ricercatori, entro il 2030 la capacità delle foreste africane di rimuovere il carbonio diminuirà del 14% rispetto alla media del periodo 2010-2015, mentre le foreste amazzoniche potrebbero smettere di rimuovere del tutto l’anidride carbonica entro il 2035.

Gli scienziati hanno a lungo temuto che uno dei grandi pozzi di assorbimento del carbonio della terra si trasformasse in una fonte. Questo processo è purtroppo iniziato, perché la capacità di assorbimento delle foreste è ormai quasi satura, hanno detto.

Le foreste tropicali sono cruciali per la stabilità del clima, poiché assorbono quantità colossali di carbonio dall’atmosfera, frenando il surriscaldamento.

Le decine di scienziati di 36 paesi che hanno condotto la ricerca sono giunti ad una conclusione così allarmante dopo avere trascorso anni a seguire i singoli alberi nelle profondità delle foreste pluviali del mondo, hanno scritto alcuni degli stessi autori dello studio, scaricabile dal link in fondo all’articolo.

Il metodo applicato è abbastanza semplice, almeno in teoria: si identificano le specie arboree, si misura il diametro e l’altezza di ogni singolo albero in un’area di foresta, poi, qualche anno dopo, si torna esattamente nella stessa foresta e si misurano di nuovo tutti gli alberi, quantificando esattamente quali sono cresciuti, quali sono morti e se sono cresciuti nuovi alberi, hanno detto i ricercatori.

Tali misurazioni permettono di calcolare quanto carbonio sia immagazzinato in una foresta e come tale quantità cambi nel tempo. Ripetendo le misurazioni una serie di volte e in un numero sufficiente di luoghi, i ricercatori hanno potuto evidenziare le tendenze a lungo termine dell’assorbimento del carbonio.

In realtà, l’applicazione di questo metodo è più facile a dirsi che a farsi.

Il monitoraggio degli alberi nelle foreste tropicali vergini rappresenta una vera e propria sfida, in particolare nell’Africa equatoriale, dove si trova la seconda più grande distesa di foresta tropicale del mondo.

Dopo talvolta una settimana di viaggio per raggiungere luoghi completamente sperduti, un gruppo di cinque persone impiega da quattro a cinque giorni per misurare tutti i 400-600 alberi di diametro superiore ai 10 cm presenti in un ettaro medio di foresta.

Per lo studio pubblicato su Nature, questo tipo di lavoro è stato fatto su 565 diversi appezzamenti di foresta raggruppati in due grandi reti di ricerca specializzate in osservazioni boschive, l’African Tropical Rainforest Observatory Network e l’Amazon Rainforest Inventory Network.

Il calo della capacità di assorbimento del carbonio da parte delle foreste vergini è una notizia pessima, soprattutto in una fase resa già estremamente incerta per altri versi dalla pandemia del Coronavirus.

Purtroppo, questo è quanto dicono i dati di uno studio durato per molti anni, per cui i ricercatori hanno effettuato più di un milione di misurazioni in 17 paesi su oltre 300.000 alberi.

L’auspicio è che una grossa parte dei trilioni di dollari che i governi dei vari paesi si apprestano a rovesciare sul mondo per stimolare un’economia globale spossata dagli effetti del Coronavirus siano spesi per contrastare la crisi climatica e accelerare la transizione energetica.

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