Guardare oltre i confini del nostro pianeta per risolvere i mali del cambiamento climatico e dell’azione antropica.
Con questo intento è stato sottoscritto un accordo tra il direttore generale dell’European Space Agency (Esa), Josef Aschbacher, e dal d.g. per la Difesa e lo Spazio alla Commissione europea, Timo Pesonen.
Da sempre la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica in ambito spaziale hanno avuto delle ricadute pratiche sugli oggetti e sui processi comuni per la vita dell’uomo (basti pensare all’industria del microchip). In questo caso, però, s’immagina di fare un passo avanti su aspetti che rappresentano un male ormai cronico.
“Mentre i leader mondiali e gli Stati corrono per accelerare l’azione sul clima, l’Esa cerca di collaborare con partner internazionali, europei e nazionali per fornire contributi tangibili e misurabili al percorso di decarbonizzazione della società”, commenta l’Agenzia.
I progetti previsti
Sono tre, in particolare, le iniziative su cui si concentra l’accordo firmato il 19 aprile. “Space for a green future”, ad esempio, sosterrà il Green Deal Eu per ridurre le emissioni di gas serra, aumentare le pratiche sostenibili e rendere l’Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050.
I sistemi alla base di questo impegno sono il satellite di osservazione terrestre Copernicus e quello di navigazione Galileo.
Inoltre, il progetto “Rapid and resilient crisis response” intende sfruttare questi stessi strumenti per rafforzare i meccanismi di gestione delle crisi di cui si dota l’Europa, ad esempio nella risposta ai disastri naturali.
Infine, “Protect” che punta a servizi meteorologici spaziali comuni e alla gestione del materiale orbitante secondo il principio “zero detriti”.
L’energia dallo spazio e il contributo dell’industria italiana
Non solo clima, l’attività dell’Esa si concentra anche sull’idea di poter generare energia solare direttamente nello spazio per poi traportarla sulla Terra.
In questa direzione va il progetto Solaris ed è della scorsa settimana l’annuncio dell’Agenzia di voler “accelerare” su questo ambito tecnologico.
“Nel 2023 uno studio Solaris, condotto da Thales Alania Space Italy con il contributo della società Enel, ha iniziato a elaborare una prima definizione di sistema di energia solare spaziale che utilizza le onde radio per garantire una fornitura affidabile di energia 24 ore su 24, 7 giorni su 7”, come si legge sul sito web dell’Esa.
Sanjay Vijendran, responsabile dell’Agenzia per l’iniziativa Solaris, chiarisce che “la fisica alla base di questo progetto è già implementata nelle telecomunicazioni”, prevedendo che “i satelliti irradino piccole quantità di energia sotto forma di onde a radiofrequenza dall’orbita a una stazione terrestre ricevente”.
Non solo, un ulteriore studio nell’ambito di Solaris, in questo caso condotto dalla società di consulenza Arthur D. Little in partnership con Engie, “sta analizzando un concetto secondario che potrebbe servire da precursore ai satelliti per l’energia solare a radiofrequenza. Questo tipo di tecnologia utilizza grandi specchi dispiegati nello spazio per riflettere la luce solare attraverso l’atmosfera verso i parchi solari terrestri, aumentandone i rendimenti e consentendo loro di continuare a generare energia anche nei momenti in cui i livelli di luce naturale sono bassi”.
Bisogna tenere presente che parliamo di soluzioni con un grado di sviluppo ancora insufficiente, per le quali occorrerà tempo, anche se una scadenza è già fissata: entro la fine del 2025, ricorda l’Esa, l’Europa dovrà decidere se vorrà lanciare uno specifico programma di R&D per questa soluzione tecnologica.
Sanjay Vijendran intanto rassicura: “Le sfide associate all’energia solare spaziale sembrano più superabili che mai”.
Dunque, “la minaccia del clima richiede un lavoro congiunto per esplorare tecnologie alternative che sostengano la neutralità carbonica. Se implementata, l’energia solare spaziale potrebbe svolgere un ruolo fondamentale nell’affrontare questa sfida energetica, a partire già dal 2030” o poco dopo.
Si tratta in primis di un’opportunità industriale e di sviluppo economico-occupazionale, oltre che scientifico. Basti pensare che L’Esa ha ricevuto un finanziamento da parte dell’Agenzia spaziale britannica per sollecitare e coordinare le industrie UK nello sviluppo di sistemi robotici da impiegare per l’assemblaggio, la manutenzione e il funzionamento degli impianti solari nello spazio.
Le problematiche della tecnologia ancora da risolvere
Per quanto la ricerca scientifica si stia concentrando su questa soluzione restano alcuni problemi di carattere tecnologico ai quali occorrerà dare risposta se si vorrà realisticamente portare nel mix elettrico gli impianti.
Si tratta di sfide che al momento rendono difficile calcolare esattamente se e quando si potrà parlare di generazione di energia e soprattutto di reale competitività sul mercato.
Guardando ai contributi più recenti sul tema, ad esempio, la scorsa settimana il sito di informazione settoriale New space economy (Canada) ha sottolineato come non ci sia da considerare il solo costo di lancio dei pannelli nello spazio, di per sé già un capex oneroso, ma anche il mantenimento delle strutture in orbita e la relativa manutenzione, dunque una spesa anche in termini di opex.
Da calcolare, inoltre, la velocità di degrado degli impianti nello spazio, immersi in un ambiente più ostile rispetto a quello terrestre (temperatura, radiazione, orbita dei detriti, ecc.).
Passando alla trasmissione, Nse richiama il tema delle perdite di rete teoricamente esistente anche nella modalità wireless.
Infine, questa soluzione (a differenza degli impianti a fonte rinnovabile oggi già consolidati tecnologicamente) non ha ancora chiarito se ha una compatibilità con eventuali meccanismi di storage.
L’International Conference on energy from space 2024
Il Regno Unito è sicuramente uno dei mercati più attivi sull’argomento. Ad esempio, dal 17 al 19 aprile Londra ha ospitato l’International Conference on energy from space 2024 organizzata da UK Department for Energy Security and Net Zero, Royal Aeronautical Society, UK Space Agency ed European Space Agency.
Per l’occasione Stella Tkatchova dell’European Innovation Council ha ricordato che il bando Pathfinder Challenge 2023 del suo ente ha assegnato 30 milioni di euro a progetti di ricerca e sviluppo nell’energia solare dallo spazio; “si tratta di un passo significativo da parte dell’Ue nel finanziare lo sviluppo tecnologico in questo settore”.
Presente a Londra per l’occasione anche l’Agenzia spaziale italiana con il presidente Teodoro Valente, così come i rappresentanti dell’industria europea.
In particolare, Emrod Energy, Airbus e Virtus Solis Technologies, insieme a Imperial College London, hanno parlato di potenziali casi applicativi, ad esempio “per la sostituzione delle linee elettriche, la ricarica in volo per i sistemi mobili o aerei e l’elettrificazione di luoghi remoti”.