Petrolio: per la IEA si va verso la ripresa, ma i big giocano in difesa

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Le ultime stime della IEA. Intanto però BP ha ridotto le aspettative sui prezzi futuri del greggio.

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Già il prossimo anno il mercato petrolifero mondiale tornerà quasi sui livelli del 2019, con un rimbalzo della domanda – fatta eccezione per l’aviazione – dopo il crollo dei consumi nei mesi di lockdown.

Secondo la IEA (International Energy Agency), la domanda globale di oro nero crescerà di 5,7 milioni di barili quotidiani nel 2021 (mb/d: millions of barrels per day), portando così il totale a 97,4 milioni di barili consumati ogni giorno, con un “buco” di circa 2,4 mb/d rispetto al livello della domanda registrato nel 2019 prima dell’emergenza coronavirus.

E questa differenza, spiega la IEA, si spiega essenzialmente con i minori consumi di kerosene per l’aviazione: circa 3 milioni di barili giornalieri persi nel 2020 secondo le prime stime e solo un parziale recupero il prossimo anno (+1 mb/d).

Intanto per il 2020 la IEA nell’Oil Market Report di giugno stima che la domanda petrolifera perderà circa 8,1 milioni di barili quotidiani, quindi un po’ meno di quanto previsto lo scorso mese (8,6) e ancora meno delle stime fatte ad aprile nel pieno del lockdown (9 mb/d).

In sostanza, scrive l’Agenzia, i consumi di oro nero si sono ripresi rapidamente in Cina tra marzo-aprile, e la domanda petrolifera in India è aumentata con forza a maggio.

Mentre il mercato petrolifero rimane fragile, si legge nella sintesi del rapporto mensile dell’agenzia, “nuovi dati mostrano che il crollo della domanda nella prima parte dell’anno è stato leggermente inferiore alle previsioni, anche se ancora senza precedenti”.

Così dal lato dell’offerta, evidenzia la IEA, i tagli record della produzione dell’OPEC+ e le forti flessioni di altri produttori non-OPEC, hanno fatto scendere l’output petrolifero mondiale di 12 milioni di barili giornalieri a maggio.

E per accelerare il riequilibrio del mercato, l’OPEC+ ha deciso il 6 giugno di estendere il taglio storico della produzione di quasi 10 mb/d fino a luglio.

Molte compagnie petrolifere però stanno correggendo al ribasso le loro stime sui prezzi futuri dei prodotti petroliferi. In prima linea c’è BP, che nei giorni scorsi ha annunciato che taglierà 10.000 posti di lavoro motivando la decisione con la necessità di ridurre i costi operativi e le spese in conto capitale, nell’ambito di uno scenario di bassi prezzi e domanda energetica in calo. In una nota, il colosso petrolifero inglese parla di una media attesa intorno a 55 dollari al barile per il periodo 2021-2050 e di una svalutazione dei suoi attivi per 13-17 miliardi di dollari nel secondo trimestre 2020.

In altre parole, BP si aspetta di estrarre meno petrolio e gas rispetto ai piani di sviluppo precedenti la crisi da Covid-19. E con la svalutazione rende più concreto il rischio percepito di “stranded asset”, cioè impianti, risorse e infrastrutture (giacimenti, piattaforme offshore, pozzi petroliferi eccetera) che perderanno valore nei prossimi anni a causa della transizione energetica verso le fonti rinnovabili.

Anche Carbon Tracker ha appena pubblicato uno studio, The Impair State (link in basso), in cui mostra che diverse società petrolifere hanno iniziato a sgonfiare un po’ le rispettive stime sui prezzi futuri degli idrocarburi, come riassume la tabella seguente, tratta dal documento (clicca sopra per ingrandire).

E vediamo che le stime di Eni per il momento rimangono tra le più alte delle compagnie oil & gas citate da Carbon Tracker, sui 70 dollari al barile.

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